Radicali.it - sito ufficiale di Radicali Italiani
Notizie Radicali, il giornale telematico di Radicali Italiani
cerca [dal 1999]


i testi dal 1955 al 1998

  RSS
gio 25 apr. 2024
[ cerca in archivio ] ARCHIVIO STORICO RADICALE
Archivio Partito radicale
Teodori Massimo - 30 gennaio 1980
Noi ostruzionisti: per la Costituzione, per la Repubblica!
di Massimo Teodori

SOMMARIO: In questa nota Massimo Teodori spiega le ragioni dei dieci giorni di ostruzionismo radicale alla Camera dei Deputati: un decreto contenente norme liberticide che, oltretutto non ha avuto e non può avere alcun effetto nella lotta al terrorismo.

Si è trattato di un ostruzionismo appartenente alle migliori tradizioni democratiche e socialiste e che è stato realizzato mettendo in atto tutte le tattiche offerte dal regolamento parlamentare. L'ostruzionismo diviene infatti un dovere per i democratici per drammatizzare un tema di particolare rilievo politico e trasmettere ai cittadini la gravità di un provvedimento che altrimenti passerebbe sotto silenzio. Con questo decreto viene infatti avallata e rafforzata la spirale terrorismo-politica dell'allarme sociale-repressione-ancor più terrorismo che si sarebbe potuto cominciare ad interrompere e che si deve in ogni modo tentare di infrangere.

(ARGOMENTI RADICALI, BIMESTRALE POLITICO PER L'ALTERNATIVA, Novembre 1979 - Gennaio 1980, N. 14)

Scrivo queste note, che vanno ad aggiungersi all'editoriale che precede, subito dopo l'approvazione del sedicente decreto "antiterrorismo", il 2 febbraio 1980, al termine di dieci giorni di ostruzionismo che ci hanno visti alla Camera dei deputati parlare ininterrottamente per 99 ore, con alcuni interventi che hanno superato le 10 ore ciascuno.

Abbiamo sì - questa volta - fatto ostruzionismo!

La posta in gioco era ed è grave, gravissima: un decreto contenente norme liberticide che, al tempo stesso, non ha avuto (è in vigore dal 19 dicembre) e non può avere alcun effetto nella lotta al terrorismo e finisce quindi inevitabilmente per creare ulteriore sfiducia nelle istituzioni. Con la violazione della libertà personale, con le perquisizioni a tappeto, e con l'aumento del carcere preventivo, il governo ha voluto ormai imboccare la strada che porta fuori dalla Costituzione. Ha cinicamente scelto il terreno dell'uso del ricatto politico ad esclusivo effetto psicologico, un terreno subìto dalle sinistre.

I socialisti sono rimasti stritolati: cinque deputati si sono pubblicamente dissociati, altri hanno abbandonato l'aula per non votare, altri ancora, nel segreto dell'urna, si sono uniti al voto finale contrario dei radicali (che ha ottenuto 35 voti più di quelli apertamente denunciati). I comunisti hanno dovuto registrare profonde lacerazioni nel gruppo parlamentare e soprattutto in quella parte della base che male accetta l'equilibrismo con cui è stato giustificato il voto di fiducia al governo Cossiga e con cui è stato ingoiato il fermo di polizia. E che dire di quei settori in cui è ancora viva una coscienza liberale che hanno dovuto ingoiare l'assenza del PLI e del PRI, completamente succubi di DC e PCI su temi che avrebbero dovuto costituire un classico terreno per i difensori dello stato di diritto?

Con fatica, ma con orgoglio, abbiamo messo in atto tutte le tattiche offerte dal regolamento parlamentare per un ostruzionismo che appartiene alle migliori tradizioni del movimento democratico e socialista e degli autentici liberali costituzionali, ricorrendo tutte le condizioni classiche per esercitare fino in fondo l'opposizione con qualsiasi mezzo: il sedicente decreto "antiterrorismo" era incostituzionale ed occorreva battersi per la difesa della Costituzione e di quelle garanzie che affondano le radici negli antichi principi del liberalismo classico; il provvedimento ha un peso politico centrale nella attuale politica italiana dal momento, che con esso - proprio attraverso la fiducia - si è sancita la politica dell'ordine pubblico come fondante della intera politica governativa e come terreno di prova per l'intesa con comunisti e socialisti; si era infine creata una situazione all'interno del Parlamento tale da segnare un distacco dal sentire della pubblica opinione e si imponeva, quindi, l'esigenza di

colmare la divaricazione tra grande maggioranza parlamentare in favore del decreto e sensibilità diffusa nella società contro il decreto stesso. L'ostruzionismo si fa, anzi diviene un dovere per i democratici, non solo al fine di far cadere una specifica proposta di legge, ma anche per drammatizzare un tema di particolare rilievo politico, quando su di esso viene a cadere il ruolo dell'opposizione e si rende necessario determinare (in questo caso facendo durare un dibattito 10 giorni invece di 1) condizioni dell'informazione tali da trasmettere ai cittadini la gravità del provvedimento che altrimenti passerebbe sotto silenzio.

Non è vero che avremmo, noi radicali, impedito la correzione del provvedimento provocando la richiesta del voto di fiducia e quindi l'inemendabilità del decreto. Bastano poche motivazioni per smentire questa menzogna ripetutamente diffusa ad arte. "Primo", in Senato, dove non era presente l'ostruzionismo radicale, il decreto è stato votato con le sue norme aberranti e anticostituzionali. "Secondo", il governo Cossiga e la maggioranza DC insieme con i "corifei" minori, avevano l'intenzione di giocare fino in fondo l'effetto psicologico del decreto, accreditando l'impressione che alla "guerra" si risponde con la "guerra", e quindi non consentendo nessuna modifica. "Terzo", le sinistre, e innanzitutto il PCI, sono state costantemente interessate all'uso che del decreto si poteva fare nel gioco degli equilibri politici e nei rapporti con la DC piuttosto che ad un cambiamento effettivo da ottenere nel merito. "Quarto", l'ostruzionismo radicale è stato in due riprese offerto all'intera sinistra come elemento di fo

rza per imporre cambiamenti; ma, evidentemente, le modifiche non potevano (per la DC) o non volevano (per il PCI) essere conseguite, pena la caduta dell'uso strumentale del decreto stesso nel gioco dei rapporti e delle "tattiche" più generale. Altrimenti il PCI non avrebbe affermato, come ha fatto in continuazione, che la caduta del decreto sarebbe stata una vittoria del terrorismo, ben consapevole che le norme in esso contenute sono tutte inefficaci, prive di ogni effetto concreto o, peggio, controproducenti.

Una brutta vicenda, dunque, per la sinistra che avalla un sostanziale passo avanti verso la costruzione dello stato autoritario con lo smantellamento delle garanzie costituzionali. Una sinistra che rinverdisce, sopratutto per quel che riguarda il PCI, la sostanziale estraneità a quello spirito libertario e garantista di difesa e sviluppo dello Stato di diritto che dovrebbe, a nostro avviso, costituire proprio uno dei suoi pilastri costituenti. Con questo decreto viene avallata e rafforzata la spirale terrorismo-politica dell'allarme sociale-repressione-ancor più terrorismo che si sarebbe potuto cominciare ad interrompere e che si deve in ogni modo tentare di infrangere. E' anche questo il compito dei radicali in quella lotta culturale oltre che politica che contrappone alla violenza la nonviolenza e alla ragion del potere la forza del diritto.

 
Argomenti correlati:
ostruzionismo
costituzione
giustizia
polizia
pci
stampa questo documento invia questa pagina per mail