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Sciascia Leonardo, Jannuzzi Lino - 3 giugno 1980
POLEMICA BERLINGUER-SCIASCIA: SCIASCIA SFIDA BERLINGUER E INVITA A FIRMARE I REFERENDUM RADICALI
CHE COSA HO CHIESTO AD ANDREOTTI. LA "MEMORIA" DI ANDREOTTI. LA PIAGGERIA DI COSSIGA. LA QUERELA DI BERLINGUER. IL "ROMANZO" DI DONAT CATTIN: UN DIABOLICO CONGEGNO PER INCASTRARE IL VICESEGRETARIO DELLA DC. A COSA MIRA IL TERRORISMO: DICEVANO DI VOLER COLPIRE IL CUORE DELLO STATO, HANNO COLPITO IL CUORE DELLA DC. SIAMO ORMAI ALLA STRAGE DI TUTTA LA CLASSE DIRIGENTE DELLA DC. IN BRACCIO A CHI ANDRA' A FINIRE CIO' CHE RESTA DELLA DC? - LA REAZIONE DI BERLINGUER ALLE MIE DOMANDE SUI COLLEGAMENTI TRA TERRORISTI ITALIANI E I PAESI DELL'EST CONFERMA PURTROPPO LA "UNIVOCITA"' DEL COMUNISMO. ANCHE MORO L'AVEVA CAPITO. BERLINGUER E GUTTUSO DEVONO RISPONDERE DINANZI ALLA COMMISSIONE D'INCHIESTA. ANDREOTTI E COSSIGA CI DEVONO CONSEGNARE I DOCUMENTI CHE PROVANO I LEGAMI DEL TERRORISMO CON PAESI STRANIERI. L'UNICO FATTO CHIARO DELLA VITA ITALIANA DI QUESTI ANNI SONO STATI I REFERENDUM DEI RADICALI. LA GENTE E' MIGLIORE DEI POLITICI CHE LA GOVERNA. FIRMIAMO I REFERENDUM: E' LA VIA DELLA RAGIONE E DELLA SPERANZA E CI DARAN

NO A TUTTI LA FORZA DI CERCARE E TROVARE LA VERITA'.)

SOMMARIO: Lunga intervista rilasciata a Lino Jannuzzi per "Radio Radicale". Dettagliata ricostruzione della vicenda che aveva portato alla querela di Berlinguer nei confronti dello scrittore siciliano. Sciascia racconta delle domande da lui rivolte ad Andreotti in sede in Commissione di inchiesta, della successiva richiesta di Longo di convocare e porre a confronto i due protagonisti, dell'intervento di Cossiga in difesa di Berlinguer, della reazione dello stesso Berlinguer. Successivamente, Jannuzzi mette a fuoco le responsabilità di Andreotti, che già da tempo aveva confermato l'ingerenza di paesi dell'Est (e della stessa Cecoslovacchia) nelle vicende terroristiche italiane. Mentre Sciascia definisce ancora una "piaggeria" il comportamento di Cossiga, Jannuzzi pensa che ormai "si comincia a sollevare un velo su chi sono i terroristi". Questi però, secondo Sciascia, vedono ormai stravolti i loro obiettivi. Jannuzzi fa un parallelo tra alcuni romanzi di Sciascia e gli avvenimenti in questione ("sei quasi un

mago"...) e Sciascia ammette din guardare alla politica italiana come "materia per un giallo". Si passa poi ad esaminare l'episodio di Donat Cattin e dei suoi rapporti con il terrorista Sandalo e con suo figlio; e il ruolo avuto ancora una volta da Cossiga:"Tutto diventa un congegno per incastrare Donat Cattin padre"; ormai in Italia "il terrorista viene usato...per distruggere questo o quello uomo politico..." Così, intanto, la DC ha finito col perdere i suoi leaders, e questo fatto mette in difficoltà l'intero paese. Secondo Sciascia, forse l'unica cosa da fare è firmare i referendum radicali...

Ritornando alla querela di Berlinguer, Sciascia pensa che non si aspettava una tale reazione dal leader comunista, il quale doveva sapere bene quali legami unissero il terrorismo sia al comunismo che ad agenti di paesi dell'est. Si augura comunque che la Commissione voglia "accertare" la verità ascoltando Guttuso e Berlinguer. Ma la verità non potrà essere accertata se non prendendo in esame i verbali delle riunioni tra Berlinguer stesso e Zaccagnini, come anche certe dichiarazioni di Berlinguer. In conclusione, Sciascia si augura che alle prossime elezioni gli italiani votino per la riforma dei partiti e intanto sostengano i referendum radicali.

(NOTIZIE RADICALI, 3 giugno 1980)

Palermo 3 giugno '80 - N.R. - Leonardo Sciascia, scrittore e deputato radicale, è com'è noto membro della commissione parlamentare Moro. Il segretario del PCI, Enrico Berlinguer l'ha querelato, perché ha ravvisato in alcune domande che Sciascia aveva rivolto ad Andreotti (nell'ambito dei lavori della commissione), un'attentato alla sua onorabilità e a quella del PCI. Ora Sciascia è trattenuto a Palermo, a causa di una frattura di una vertebra. "Non credo - dice - che si tratti della mano divina del compromesso storico", ironizza. Il direttore di "Radico Radicale", Lino Jannuzzi ha raggiunto Sciascia a Palermo, e con lui ha avuto un lungo colloquio.

"Notizie Radicali" ne riporta l'integrale trascrizione.

Jannuzzi: "Siamo con Leonardo Sciascia e vogliamo cercare di capire assieme a lui che sta accadendo in tutta questa questione della commissione inquirente, sull'affare della commissione Moro e sul terrorismo, la querela di Berlinguer, la lettera di Cossiga. Verremo, con lui, ripercorrere tutta la storia cominciando dall'inizio. Questa cosa infatti è venuta fuori in maniera assai disordinata, una ridda di dichiarazioni, e poi la querela, strumentalizzazioni elettorali, si rischia insomma di fare una grande confusione. Comincerei da questa benedetta riunione della commissione d'inchiesta, da dove, poi è partita la querela. Tu in commissione (una commissione dalla vita tormentata, è partita in ritardo, ha dovuto subire la strumentale esclusione di Mancini), hai fatto alcune domande. Mi pare che sia di qui che comincia la storia".

Sciascia: "Sì, comincia proprio di qui".

Jannuzzi: "Andreotti, presidente del consiglio durante quei 55 giorni dell'affare Moro, era seduto davanti a voi, e tu gli hai chiesto qualcosa. Che cosa?"

CHE COSA HO CHIESTO AD ANDREOTTI

Sciascia: "Quello che gli ho domandato è oggetto di una querela. E' stato riferito imprecisamente, poi ho dovuto fare delle precisazioni. E ora la cosa non è più un segreto. Posso dire quindi che all'on. Andreotti, avendo sostenuto nella sua relazione introduttiva di non sapere nulla di ingerenze straniere con il terrorismo italiano, ho detto che questo mi sorprendeva molto, perché nel maggio '77, essendo andato in compagnia di Guttuso a trovare Berlinguer per altre cose, che non riguardavano il terrorismo, ad un certo punto si era venuti a parlare anche di una dichiarazione della sera prima in televisione, di una potenza straniera che poteva avere mano nel terrorismo italiano. Questa potenza, come era stato detto la sera precedente da un altro deputato comunista, era la Cecoslovacchia. Vale a dire, in un colloquio tra Berlinguer e Zaccagnini, tra due delegazioni una della DC e una del PCI, si era parlato di questo problema, della Cecoslovacchia. Allora ho chiesto all'on. Andreotti com'è che poteva ignorare

una cosa che all'onorevole Berlinguer era stata comunicata, immagino, da fonte democristiana. Tutto qui".

LA "MEMORIA" DI ANDREOTTI

Jannuzzi: "E Andreotti, come ha risposto?"

Sciascia: "Andreotti mi pare che abbia risposto che non ricordava, o che non gli risultava".

Jannuzzi: "Dopo di che c'è stato, ma andando per ordine: quando è venuta fuori, tra i giornalisti, l'indiscrezione su questa tua domanda, e come al solito, l'affermazione è venuta fuori estrapolata dal contesto, distorta, c'è stato dicevo, un intervento di Longo, il quale ha sbagliato indirizzo, direi..."

Sciascia: "Esattamente".

Jannuzzi: "Si è rivolto, Longo, non al presidente della commissione d'inchiesta ma al presidente del consiglio. E gli ha detto: Sciascia ha posto, mi si dice questo problema. Ti invito a convocare subito Berlinguer e Sciascia per sentire cosa c'è di vero in questa storia. A questo punto Cossiga prende carta e penna e invece di rispondere a Longo, "guarda io non c'entro, non faccio parte della commissione", gli ha detto: io escludo che Berlinguer, capo di un grande, democratico e leale partito possa aver detto questa cosa a Sciascia. In pratica, Leonardo, Cossiga di ha dato del mentitore".

Sciascia: "In pratica è così".

Jannuzzi: "A questo si aggiunge Andreotti, che pure lui prende carta e penna e lui senza sbagliare indirizzi (questi errori Andreotti non li fa), scrive al presidente della commissione per dire che lui nella qualità di presidente del consiglio dell'epoca non ha mai avuto sentore di rapporti tra terroristi italiani e paesi stranieri, cecoslovacchi o meno. Altrimenti l'avrebbe detto a chi di dovere. A questo punto, dopo aver avuto due attestati così qualificanti, Berlinguer prende carta e penna e ti querela. Berlinguer in pratica, dunque, sostiene che tu queste domande non le avevi poste per fare il tuo dovere di commissario della commissione Moro, ma solo per diffamarlo, lui personalmente e lui nella qualità di segretario del PCI. Mi pare che questa sia la ricostruzione della vicenda".

Sciascia: "Direi che è proprio così".

Jannuzzi: "E' accaduto che neppure si è asciugato l'inchiostro nella carta, che è bastato un cronista attento e zelante che è andato a scoprire due cose: 1) che Andreotti fin dal 1973 in un dibattito al Senato riferendo su un assassinio terroristico a Milano, in diretta polemica con il gruppo comunista (allora non c'era l'unità nazionale e il governo era di centro destra) dice esplicitamente che risultano rapporti tra il terrorismo italiano e i paesi dell'Est. E incalzato dai comunisti che lo accusano di strumentalizzare e fare propaganda antisovietica dichiara, rispondendo prima al senatore Calamandrei poi al senatore Bufalini, che è in grado di documentare le sue affermazioni, e che si riferisce alla Cecoslovacchia. Nello stesso articolo di "Panorama", ignorato completamente dall'"Unità" e da "Paese Sera", vi sono poi i nomi di 3 agenti espulsi dall'Italia tra il 1973 e il 1979 accusati di lavorare per la destabilizzazione del nostro paese".

Sciascia: "Bisogna aggiungere che nel maggio del 1977, il periodo diciamo incriminato e a cui io mi riferisco per aver sentito da Berlinguer quest'accenno alla Cecoslovacchia, proprio nel maggio '77 Andreotti rispondeva ad una interrogazione di Giacomo Mancini, diceva che c'erano sospetti e indizi sul fatto che una potenza straniera avesse mani nel terrorismo italiano. Quindi se non era la Cecoslovacchia, quale altro paese era? Questo, almeno, Andreotti è tenuto a spiegarlo. Anche l'ammiraglio Casardi..."

Jannuzzi: "Casardi è stato capo del SID..."

Sciascia: "Sì, anche Casardi diceva che i nostri servizi segreti non erano in grado di far fronte all'ingerenza sul terrorismo italiano".

Jannuzzi: "Persino nell'ultima relazione di Cossiga alle Camere, si riferisce che i servizi segreti italiani denunciano la presenza in Italia di numerosi agenti stranieri, pericolosissimi. Lo si dice persino oggi. Come si spiega che tutti, ripetutamente, lo possono dire, parlarne in tutte le sedi, persino dal Quirinale, Pertini è andato a dirlo anche in Spagna... quando poi questa cosa la si dice nella sede dove di questo si deve discutere, succede il finimondo... sono tante le cose da spiegare. Come può Andreotti, che addirittura segna ogni sera nei suoi diari quello che accade, dimenticarsi di una cosa simile?"

Sciascia: "Una cosa, poi, che è durata per anni".

LA PIAGGERIA DI COSSIGA, LA QUERELA DI BERLINGUER.

Jannuzzi: "C'è poi la lettera di Cossiga, che Cossiga non è tenuto a scrivere e la querela di Berlinguer..."

Sciascia: "Sono tre cose, effettivamente, inspiegabili e che si affidano, perlomeno Berlinguer e Andreotti, alla smemoratezza degli italiani. Mentre quello di Cossiga è un atto di piaggeria nei riguardi di Berlinguer da cui chissà che cosa si attende in cambio..."

Jannuzzi: "O s'aspettava. C'è chi ha scritto che Cossiga ha scritto questa lettera quando già sapeva che sarebbe scoppiato il finimondo con Sandalo. Montanelli parla di reciprocità, che ancora non è avvenuta, ma non sappiamo per il futuro. Questa può essere la spiegazione immediata. Mi pare però che il problema nasca da quello che sembrava un incidente e diventi molto più complesso. E ne vengono fuori interrogativi molto più torbidi".

Sciascia: "Certo. Questo piccolo episodio credo che si dilati e ne incontri tanti altri, ugualmente inspiegabili e misteriosi, o che hanno una spiegazione da lettore di gialli, più che da politologo".

Jannuzzi: "Solo che questo è un giallo "rosso", rosso del sangue dei mori ammazzati, del sangue che scorre".

Sciascia: "E' questo che mi ha fatto superare la discrezione e rompere una conversazione privata. Il fatto che la gente continui a morire, e che allora di questo problema e del terrorismo, noi dobbiamo parlare e a fondo, di quali sono le fonti, gli incentivi, gli scopi..."

Jannuzzi: "Mi pare che dopo anni e anni, soprattutto dopo la morte di Moro e questa inconcludente, lunghissima inchiesta della magistratura e della polizia che si è buttata a pesce su "Autonomia", individuando in Negri e Piperno le menti strategiche delle BR, facendo perdere due anni a tutti, direi che da una parte con questa retata dei carabinieri di Dalla Chiesa, con le "confessioni" dei brigatisti "pentiti" e dall'altra con la commissione che comincia a lavorare, si comincia a sollevare un velo su chi sono i terroristi in realtà, e a capire chi c'è dietro i terroristi e dove ci porta il terrorismo, dove ci ha portato. Tra l'altro si sosteneva che il terrorismo era contro il compromesso storico. Si tratta di sapere ora se è vera, questa teoria o invece è qualche altra cosa".

Sciascia: "Io penso che chi lo guida, a meno che non sia proprio al livello del Cottolengo, dovrebbe ormai rendersi conto che gli effetti sono diversi, direi contrari. Se non se ne è reso conto finora la cosa è inquietante. Il terrorismo sapeva bene di non poter colpire il cuore dello Stato. Creso che invece si sia colpito il cuore della DC.

A COSA MIRA IL TERRORISMO, DICEVANO DI VOLER COLPIRE IL CUORE DELLO STATO, HANNO COLPITO IL CUORE DELLA DC. SIAMO ORMAI ALLA STRAGE DI TUTTA LA CLASSE DIRIGENTE DELLA DC. IN BRACCIO A CHI ANDRA' A FINIRE CIO' CHE RESTA DELLA DC.

Jannuzzi: "Infatti in questi giorni, quando non a caso, forse, scoppia quell'incidente della commissione inquirente su Donat Cattin. E tutto allora lo si può leggere d'un fiato, sono tre tuoi romanzi; "Il Contesto", "Todo Modo", "L'affaire Moro". E' un quadro raccapricciante, e uno potrebbe pensare che sei quasi un mago. Abbiamo infatti la strage dei dirigenti dc, il terrorista che uccide Moro e quello "pentito" che fa strage degli altri... C'è poi il "Contesto", questa lettera di Cossiga a Berlinguer per raccontargli che qui ci sono le spie cecoslovacche, che appoggiano il terrorismo, e poi finisce ammazzato, non si capisce bene da chi. E poi c'è l'affaire Moro, cioè questo brigatista Peci, che con i suoi verbali butta all'aria tutta la costruzione di questi due anni e di quei 55 giorni... che Moro non era più lui, non era lui a scrivere le lettere, che era un vigliacco, impaurito... Peci dice che Moro era sempre lui, con dignità e coraggio, fino alla fine, fino a quando è stato vestito per essere messo in

macchina e ucciso; e li ha salutati tutti, e siccome non c'era quello che l'aveva interrogato, saluta anche l'amico che manca... chissà che cosa voleva dire Moro, che significa questo suo ultimo messaggio... E poi Peci fa saltare in aria un'altra cosa: erano pronti a trattare, 1 a 1".

Sciascia: "Sì, c'era la disponibilità a trattare".

Jannuzzi: "Questa è la storia dei fatti, prima. In questa storia poi si inserisce questo caso Donat Cattin, deferito all'inquirente, che tu non hai potuto seguire da Roma. Che idea te ne sei fatta?"

IL "ROMANZO" DI DONAT CATTIN: UN DIABOLICO CONGEGNO PER INCASTRARE IL VICESEGRETARIO DELLA DC.

Sciascia: "Io, da un pezzo leggo la politica italiana come materia per un giallo... Da ciò sono venuti fuori quei tre libri cui tu hai fatto cenno e che sono una lettura di questo materiale grezzo che è la cronaca, una lettura razionalizzata. In questo caso Donat Cattin: leggendolo attraverso 4-5 giornali al giorno, vi ho trovato una chiave di lettura. Per me è questa. Questo padre preoccupato ad un certo punto manda a chiamare l'amico del figlio che a quanto pare considera "meno" sbandato di suo figlio. Lo chiama sia perché pensa che avrà un potere di persuasione sul figlio, o per avvertirlo, tramite lui. Donat Cattin, che agli occhi del ragazzo è un uomo potente, gli ha fatto un discorso allarmato sul figlio. E da quello che Sandalo dice il padre lavora per la salvezza del figlio. Ha parlato con uomini potenti, per cercare si salvarlo. Ora io mi domando com'è che questo Sandalo che può agli occhi di Donat Cattin essere fuori dal terrorismo, ma che lui invece sa esservi dentro, com'è che non pensa lui pure

a mettersi in salvo? Ecco. Questo è per me un fatto inspiegabile, e diventa spiegabile come chiave di tutti gli avvenimenti. Cioè si può costruire addirittura sopra un romanzo, su questo".

Jannuzzi: "Scriviamolo questo romanzo..."

Sciascia: "Diventerebbe un romanzo alla Conrad. Un Conrad che esaminerebbe la realtà italiana invece che quella del periodo zarista. Ecco. E se il compito di questo Sandalo fosse stato quello proprio di "stanare" Donat Cattin? Cioè Donat Cattin, a quanto credo di capire, era veramente in rotta con il figlio. Non lo vedeva, non cercava più di redimerlo. A un certo punto viene portato ad occuparsene. Non è che vuole occuparsene, viene portato a farlo".

Jannuzzi: "L'ultima spinta gliela dà proprio Cossiga da cui Donat Cattin è andato il giorno prima. Cossiga gli deve dire qualcosa, non si sa bene cosa, perché nessuno dei due è stato chiaro, ma Donat Cattin dice di essere uscito da quel colloquio angosciato. E lo dimostra, perché corre a Torino, e sapendo che la moglie vedeva spesso Sandalo (ma lui non l'aveva mai voluto vedere o conoscere), dopo il colloquio con Cossiga lo chiama e gli parla".

Sciascia: "Io sono convinto che Cossiga non gli ha detto molto. Appunto da questo Donat Cattin ne esce allarmato. Come si dice in un proverbio siciliano: "Il priore conosce i suoi fratelli". Dal silenzio, dalla reticenza, da qualcosa che non si può ripetere a parole, ma che lui avrà colto negli occhi, nelle esitazioni, nel modo di parlare di Cossiga, avrà capito che c'era da allarmarsi e appunto perciò si è mosso. E allora, sempre stando al romanzo, la cosa assume una diversa angolazione. Tutto diventa un congegno per incastrare Donat Cattin padre, che non si è mai occupato di suo figlio, e che è portato ad occuparsene. Ecco. Allora tutti i ritardi, tutti quelli che appaiono essere favoritismi per Donat Cattin, sono elementi di un congegno trappola.

Jannuzzi: "Quello che viene fuori da questo "romanzo" maledettamente rispecchiante la realtà, il terrorista viene usato per uccidere Moro, viene usato per distruggere questo o quell'uomo politico".

Sciascia: "Io ne faccio un'immagine metaforica. Il terrorismo è come una specie di pallottola esplosiva, vista al rallentatore e al microscopio. E' partita, è penetrata, ora sta esplodendo dentro. Ecco. Queste "confessioni", il modo in cui le si usa, possono essere l'esplosione del terrorismo, all'interno di quel che prima il terrorista colpiva sparando. E' molto complicata la vicenda. Ha del diabolico, direi. Magari non c'è tanta diabolicità programmata.

Jannuzzi: "Mi fa venire in mente quella immagine in "Todo Modo", nel sagrato dove i maggiorenti del partito recitavano il rosario, e poi ogni tanto qualcuno ne moriva..."

Sciascia: "La dc è già rimasta acefala senza Moro. Ora cosa resta dei dirigenti DC? Ben poco. Fanfani sembra pacifico che è fuori dal gioco. Forlani non ha ancora nessuna fisionomia... gli altri si stanno distruggendo..."

Jannuzzi: "Tu che hai questo potere di "prevedere", che cosa vedi?"

Sciascia: "Vedo dei guai seri. Mai il nostro paese è giunto a punti così drammatici. Bene o male la DC, a cui gli italiani continuano a dare dei voti, è il fulcro della vita politica del paese. Una volta distrutta, tra le braccia di chi si getterà? Questo è il punto".

Jannuzzi: "Noi che possiamo fare, mentre tutto questo accade?"

Sciascia: "Non c'è che da continuare a fare quello che per esempio i radicali stanno facendo".

Jannuzzi: "I referendum?"

Sciascia: "Io penso che i 10 referendum proposti forse sono troppi e non tutti li condivido. Per esempio, quello sull'hascish e la marijuana... io non credo, dopo aver parlato con persone competenti, che tutto sommato non ci sia questa scala tra la droga leggera e quella pesante. Io ho dei dubbi seri, riguardo questo referendum. Sugli altri, no. Mi pare che l'unico politico vero, sono stati i referendum... che hanno dimostrato le esigenze della gente e come il paese sia più avanti di coloro che lo governano. Il referendum sul divorzio, tutti i partiti, tranne i radicali, ne avevano paura, e poi si è visto che è andato... ha ridato la speranza verso i partiti di sinistra, i quali invece hanno perso l'autobus, in un certo senso. Allora, puntiamo sui referendum, vediamo dove vuole andare la gente. Anche quando si perdono, le percentuali sono già indicative. E poi, ognuno faccia il suo dovere".

Jannuzzi: "Tu avevi espresso dubbi, ultimamente, circa la tua utilità a Montecitorio... Questa cosa di Moro, che ha cominciato i suoi lavori, e soprattutto questo "incidente" ti ha scoraggiato, o invece no?"

Sciascia: "Anzi, mi ha incoraggiato. Se alle mie prime domande accade questo, ne ho ben altre da fare..."

Jannuzzi: "E della querela di Berlinguer, al di là delle dichiarazioni già date, delle confidenze che hai dato?"

LA REAZIONE DI BERLINGUER ALLE MIE DOMANDE SUI COLLEGAMENTI TRA TERRORISTI ITALIANI E I PAESI DELL'EST CONFERMA PURTROPPO LA "UNIVOCITA' DEL COMUNISMO". ANCHE MORO LO AVEVA DETTO.

Sciascia: "Cosa posso dire? Io ritengo di essere stato calunniato da Berlinguer. Lui sa benissimo di aver detto quello che ha detto, a meno che non sia lo smemorato di Collegno, che peraltro non era per nulla smemorato..."

Jannuzzi: "Anche se fosse smemorato, Berlinguer non può insinuare che tu hai fatto quelle domande per attentare alla sua onorabilità".

Sciascia: "Anzi. Al contrario. Il senso della mia domanda era: se persino Berlinguer l'ha saputo (e qui i miei amici lo possono testimoniare, io l'ho sempre detto a loro, e ho sempre fatto l'elogio di Berlinguer, e di questo me ne possono dare atto), che il terrorismo appartiene al filone stalinista-resistenziale, come peraltro anche Toni Negri, un po' tardivamente, dice, e che può esserci qualcosa anche dentro il PCI che se non convive con il terrorismo, per lo meno lo approva..."

Jannuzzi: "Quello che storicamente ha portato a Praga, a "Radio Praga"... questo è accertato da vecchia data..."

Sciascia: "Appunto. E del resto è una cosa che perfettamente aveva capito anche Moro. C'è una delle ultime lettere di Moro, quella che guarda caso ha pubblicato Pecorelli..."

Jannuzzi: "Pecorelli, il direttore di OP ucciso dopo che l'aveva pubblicata".

Sciascia: "Sì, in questa lettera, rivolta non so bene più se alla moglie o ai democristiani, Moro dice che tanto rigore va a vantaggio del PCI e dell'"univocità del comunismo", è una delle cose più inquietanti che io abbia letto nelle lettere di Moro e che tutti hanno rimosso. Ora quando Berlinguer mi parlò con tanta libertà della Cecoslovacchia io l'ho presa come un segno della sua libertà, della sua indipendenza. Lui era fuori da quella "univocità" indicata da Moro.

Jannuzzi: "Ma questa querela, questo modo di reagire?"

Sciascia: "Questo modo di reagire è contrario a quello che io pensavo di lui".

Jannuzzi: "Un modo di reagire "univoco", per rapportare l'aggettivo al sostantivo..."

Sciascia: "Sì. E' proprio un'assurdità. Quando dice che io intendevo diffamarlo, dice una cosa estremamente falsa. E poi il rimprovero che secondo lui, implicitamente gli muoverei, di non aver comunicato i fatti... ma a chi doveva denunciare... se era lui che l'aveva saputo... era insensato..."

Jannuzzi: "Gli avrebbero riso in faccia, come qualcuno ha scritto. Certo sarebbe stato ridicolo se fosse andato da Dalla Chiesa, o magari da Russomanno a dire, guardi io sospetto che i terroristi abbiano collusioni con agenti cecoslovacchi... Non è questo il problema. Il problema è piuttosto l'inettitudine, la rilassatezza, il non aver approfondito a dovere i rapporti tra terroristi e paesi stranieri".

Sciascia: "Sì, Ci sono tante cose inspiegabili, questa è la più grossa".

Jannuzzi: "La commissione d'inchiesta deve, secondo te, acquistare i documenti di cui parla Andreotti nel 1973?"

ANDREOTTI E COSSIGA DEVONO CONSEGNARE I DOCUMENTI CHE PROVANO I COLLEGAMENTI TRA PAESI STRANIERI E TERRORISTI.

Sciascia: "Sì, io penso di sì".

Jannuzzi: "C'è parecchia carne al fuoco, in commissione. Ne avete di cose da accertare..."

Sciascia: "Sì, certamente. Io naturalmente chiederò che venga risolta anche in commissione questa mia "vertenza" con Berlinguer. Nell'ultima seduta, dopo che io ho letto il dispaccio dell'ANSA che annunciava la smentita di Berlinguer anch'io ho smentito, in un modo che poteva sembrare paradossale..."

Jannuzzi: "Un gioco di parole..."

Sciascia: "Io sono uno che gioca con le parole. E non è detto che sia sempre un gioco. Ho detto; smentisco anch'io. Ma se qualcuno ha dei dubbi, sulla verità che ho detto, allore ne dobbiamo riparlare. Se qualcuno dei colleghi della commissione ha dei dubbi, io desidererei che in commissione venissero sentiti Berlinguer e Guttuso, che è il fulcro della mia difesa".

Jannuzzi: "Ma tu hai già detto che Guttuso è comunista, e da comunista non farà mai qualcosa che possa danneggiare il suo partito..."

Sciascia: "Io penso che in commissione, di fronte a me, da uomo a uomo, non potrà che riconoscere la verità di ciò che ho detto. E se ciò non basta, ci sono anche altre persone che possono dirlo".

Jannuzzi: "Chiarita la "vertenza", resta la sostanza..."

Sciascia: "La sostanza. Bisogna richiamare i verbali, se verbali furono fatti dell'incontro tra le due delegazioni, tra DC e PCI, nel maggio '77. Le dichiarazioni di Andreotti, dal '73 in poi".

Jannuzzi: "Mi pare che mettiamo con il piede giusto. Il problema è sapere se si potrà camminare su questo terreno. Mancini lo hanno cacciato dalla commissione. A te, appena hai aperto bocca, ti hanno sparato addosso, dichiarazioni e querela. Gli altri commissari mi pare stanno parecchio zitti... Pensi che lasceranno lavorare come si deve questa commissione?"

LA GENTE E' MIGLIORE DELLA SUA CLASSE POLITICA.

FIRMIAMO QUESTI REFERENDUM: E' LA VIA DELLA RAGIONE E DELLA SPERANZA, E CI DARANNO A TUTTI LA FORZA E LA CAPACITA' DI CERCARE E TROVARE LA VERITA'.

Sciascia: "Questo è il problema. Se gli italiani voteranno bene, scoraggiando alcuni, incoraggiando altri... se sapranno lanciare dei messaggi chiari..."

Jannuzzi: "I comunisti potrebbero scrivere sulle loro schede: vogliamo sapere la verità sui legami tra terroristi e Cecoslovacchia... e i democristiani: vogliamo finalmente sapere come e perché è morto Moro.."

Sciascia: "Sì, sono messaggi, ma io preferisco che si voti".

Jannuzzi: "Questo già lo sappiamo da tue precedenti dichiarazioni. Però anche quelli sarebbero messaggi importanti, no?"

Sciascia: "Sì, sarebbero messaggi importanti. E poi ci sono i referendum. I messaggi, vedi non fanno numero. E sono i numeri che contano..."

Jannuzzi: "Neppure i voti al PCI, dopo il divorzio, hanno fatto molto numero, se è per questo. Invece di servire a qualcosa di positivo, sono andati nella direzione opposta".

Sciascia: "E' appunto questo che gli italiani devono evitare, che i numeri vadano nella direzione opposta. A non far ulteriormente impazzire la politica italiana, a non incoraggiare gli altri partiti, che si dibattono tra due anime, che di anima ne abbiano una sola. E anche i referendum contano molto, sono importanti, che vadano avanti. Sono importanti per la vita di questo povero paese. Vanno firmati".

Jannuzzi: "Speriamo che ci e ti ascoltino".

Sciascia: "Speriamolo davvero".

 
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