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Rippa Giuseppe - 1 novembre 1980
NOI E I FASCISTI: (2) L'antifascismo libertario dei Radicali
di Giuseppe Rippa

SOMMARIO: Una raccolta di scritti sull'antifascimo libertario dei radicali: riconoscere il fascismo vuol dire capire quello che è stato e soprattutto quello che può essere. Troppo spesso dietro l'antifascismo di facciata si copre la complicità con chi ha rappresentato la vera continuità con il fascismo, la riproposizione di leggi e di metodi propri di quel regime.

("NOI E I FASCISTI", L'antifascismo libertario dei radicali

a cura di Valter Vecellio, prefazione di Giuseppe Rippa - Edizioni di Quaderni Radicali/1, novembre 1980)

"Sopra un insieme di teorie si può costruire una scuola e una propaganda; sopra un insieme di valori si può fondare una cultura, una civiltà, un nuovo tipo di convivenza tra gli uomini."

(I. Silone - Uscita di sicurezza)

Ricordo quando avevo quattordici anni. Non riuscivo a dare a me stesso una spiegazione chiara di cosa era stato storicamente in Italia il fenomeno fascista. Ero ansioso di conoscere e di capire le vicende politiche, ma la scuola, il vecchio istituto dei barnabiti, riproduceva solo atmosfere asettiche, mentre la retorica ufficiale era pregna di un antifascismo parolaio e commemorativo. La pur eroica Resistenza non esauriva le mie perplessità su quella che era la rappresentazione del fascismo e non comprendevo perché di fronte ad un processo di disgregazione e di decomposizione, di stanchezza e di violenza fosse mancata qualunque reazione. Perché insomma il paese aveva aderito al fascismo? Non avevo riferimenti storici e la stampa non mi aiutava in questo. Ne riuscivo a dare un senso logico a queste riflessioni.

Fu un causale incontro quello con Gobetti. Trovai, in quella miniera che è in via Port'Alba a Napoli, tre vecchi libri nella libreria di Pironti. Tre volumetti ingialliti e malridotti nonostante non fossero mai stati sfogliati. Edizioni Piero Gobetti Torino: un vero piccolo tesoro scoprirò più tardi; tra questi "La rivoluzione liberale - saggio di lotta politica in Italia". Quell'incontro fu un momento importante nella mia vita e nella mia formazione culturale. Una vera e propria rivelazione, un'intuizione insperata.

A che serve tutto questo per una prefazione ad una raccolta di articoli e di scritti il cui scopo è quello di mettere insieme i primi rudimentali strumenti per cogliere il senso dell'antifascismo libertario che anima la nostra militanza di radicali?

"Le idee politiche corrette non sono certo innate. Noi siamo fortemente condizionati dalla carta stampata e l'uso stesso della parola fascismo va rivisto; a sentirla come lo è stata nelle campagne elettorali ci fischiano le orecchie. Bisogna tentare di eliminare alla partenza queste false idee sul fascismo, questi paraocchi che ci potrebbero impedire di individuarlo (André Glucksmann / Fascismo: il vecchio e il nuovo / Feltrinelli)".

Ecco, individuare il fascismo. Il fascismo non piove dal cielo, non è innato nè proprio di certi paesi. L'esperienza concreta che oggi si fa del fascismo è troppo bruciante per provenire da una bottega di anticaglie o dalla storia antica; il fascismo è articolo prodotto nelle fabbriche del nostro tempo, della nostra epoca, nelle guerre che ci circondano.

* * *

Ciononostante, si è fraintesi quando si parla di fascismo per designare gli avvenimenti e le tendenze posteriori alla seconda guerra mondiale. Si esorcizza un momento della storia, si identifica il fascismo solo con Mussolini e Hitler, gli si costruisce intorno magici rituali, facendosi così prendere dal panico per il fascismo passato, si prepara, nella cecità e nell'impotenza, la strada del fascismo futuro. Riconoscere il fascismo vuol dire capire quel che è stato, e sarà; vuol dire anche capire, come ama ripetere Marco Pannella, che il

fascista è in ciascuno di noi, nei nostri comportamenti.

Il fascismo non è nella storia di un colpo di stato riuscito per una serie di circostanze fortuite, è una guerra, la continuazione di una politica con altri mezzi, la perpetuazione di una politica reazionaria, fatta di leggi repressive che vengono mantenute, come nei nostri codici (il codice penale di Rocco di cui quest'anno si celebra ingloriosamente il cinquantenario) e di leggi che ammazzano le libertà che vengono riprodotte dallo Stato "democratico e repubblicano", dalle forze politiche "antifasciste".

Il fascismo oggi è una politica di assetti economici nazionali e internazionali che si fondano sul massacro di milioni di persone, di bambini, di donne e di uomini assassinati da uno sterminio consapevolmente programmato per nutrire e mantenere in vita politiche economiche folli, speperi di risorse, scelte guerrafondaie e ipernucleari, di riarmo e di terrore

* * *

Quando mi ritrovai tra le mani il testo delle "Lezioni di Harvard sulle origini del fascismo in Italia" di Gaetano Salvemini, non avevo ancora consapevolezza della grande importanza che il suo pensiero aveva avuto nella lotta al fascismo e ai fascismi.

Scriveva Ernesto Rossi "...Quando Mussolini scacciò l'opposizione dal Parlamento, sciolse i partiti, imbavagliò la stampa, istituì il confino politico e creò il tribunale speciale, Slavemini fu il primo a dare la parola d'ordine rivoluzionaria: nostro dovere non era piu' quello di rispettare le leggi; era di violarle. Contro tutte le formulazioni metafisiche sul significato della rivoluzione, che servivano a che voleva tirare a campare senza seccature, Salvemini chiarì subito che per rivoluzione intendeva eliminazione di Mussolini e dei suoi complici".

Fu grazie a Salvemini e a Rosselli, ad Ernesto Rossi e ad Ignazio Silone che le mie nubi intorno al fascismo cominciarono a diradarsi. E il "tradimento dei chierici" mi apparve in una luce nuova. Quel tradimento, che sembrava incredibile ai miei occhi, si esprimeva con intensità come una costante della cultura del nostro paese. I documenti piu' significati di quella vergognosa resa erano e restano un terribile atto d'accusa contro tutta la "intellighentia" nazionale e ci consentono d'interpretare meglio la vicenda dei nostri giorni ("...ci consentono - scriveva ancora Ernesto Rossi - di ammirare l'agilità acrobatica di tanti che, dopo la guerra, sono volati dal trapezio fascista a far volteggi sul trapezio repubblicano, conservano la direzione dei giornali, le cattedre universitarie, i seggi in Parlamento, le cariche della magistratura, i potsi di comando nella pubblica amministrazione, nelle banche e nelle industrie...).

La continuità è qui e l'analisi politica radicale affonda le sue radici proprio in questi elementi. I preti, i grossi industriali, l'alta burocrazia tenuta insieme da una Democrazia Cristiana che del regime fascista è stata sotto camuffate spoglie la continuità naturale (con i suoi codici, la gran parte della classe dirigente, il suo potere verticistico e centralistico, il controllo dei mezzi di informazione, delle banche, degli enti pubblici, con il Concordato).

* * *

Radical-fascisti, radical-qualunquisti: "...sull'assemblea grava l'ombra di D'Annunzio ("noi siamo immodesti negli obiettivi, nelle speranze, negli amori"), ma anche lo spettro di ben piu' pericolosi arringatori di folle" (l'Unità 1/4/79 in riferimento ad un intervento di Marco Pannella). Perchè tanto astio verso i radicali? Perchè da parte del vertice comunista l'indisponibilità ad ogni forma di dialogo?

La sinistra e la violenza, la sinistra e le libertà, la sinistra e il fascismo, la sinistra e il totalitarismo, la sinistra e il socialismo reale... Tutte queste domande devono avere un'urgente risposta. Occorre a questo punto che la sinistra esca dai suoi miti, dalla sua visione armonica, antropocentrica del mondo, hobbesianamente assoluta. La verità è che la sinistra deve imparare a vivere al di fuori di quello che fu ed è lo spazio comune del leninismo e della socialdemocrazia: l'appello allo Stato protettore, lo Stato che non si fa scrupolo di confiscare a suo vantaggio le esperienze sociali e che oggi con la complicità della sinistra storica opera, alla meglio in una visione consociativa, per neutralizzare o per reprimere le domande di libertà e di liberazione che provengono dalla società civile laddove si rivelano chiaramente contrastanti con gli interessi corporativisticamente consolidati.

***

Lo Stato totalitario moderno dispone di mezzi per condizionare i cervelli, per imporre l'obbedienza ai dissidenti, enormemente più efficaci di quelli di cui disponevano i regimi assoluti del passato.

"Nello Stato totalitario moderno - scriveva Ernesto Rossi - il "nemico del proletariato", il "controrivoluzionario", l'"antinazionale" è una pecora segnata: sa di essere continuamente spiato in ogni sua mossa, in ogni suo pensiero, dal portiere, dai conoscenti; non può ottenere informazioni attendibili su quanto avviene nel suo paese e nel mondo, per regolare il suo comportamento; non gli è neppure dato di conoscere se nella sua stessa città la pensano come lui e vorrebbero unirsi a lui per fare qualcosa. La polizia, l'esercito, la magistratura costituiscono i pezzi di un gigantesco meccanismo che può schiacciarlo in ogni momento, senza che nessuno se ne accorga, come la macina schiaccia un chicco di grano".

Quello radicale è un tentativo che la storia ha segnato finora come perdente. Il tentativo di dare corpo a una speranza libertaria e liberale del socialismo, che fu perdente durante il fascismo con Gobetti e Rosselli, nella resistenza con "Giustizia e Libertà", nel dopoguerra con il partito d'azione, le componenti libertarie del socialismo, la sinistra liberale. Un tentativo che non può pensare di sopravvivere senza essere corpo vivo di speranze reali, bisogno di liberazione umana e sociale, amore libero e profondo, ma soprattutto nonviolenza e lotta alla guerra.

Roma 27 ottobre 1980

Giuseppe Rippa

"L'autore è un uomo... che vorrebbe poter cenare tranquillamente con un quaccuero, un anabattista, un musulmano, un sociniano. Io vorrei andare più in là: vorrei dire a un mio fratello turco: "Mangiamo insieme un bel pollastro col riso, invocando Allah".

(Voltaire, "La Tolérance", in "Dictionaire philosophique", a cura di R. Naves e J. Benda; Garnker, Parigi).

 
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