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Pannella Marco - 1 novembre 1980
NOI E I FASCISTI: (5) Salò è lontana, i nemici sono invece vicini: noi siamo contro i repubblichini d'oggi
di Marco Pannella

(da "Notizie Radicali" del 29 marzo 1972)

SOMMARIO: Una raccolta di scritti sull'antifascimo libertario dei radicali: riconoscere il fascismo vuol dire capire quello che è stato e soprattutto quello che può essere. Troppo spesso dietro l'antifascismo di facciata si copre la complicità con chi ha rappresentato la vera continuità con il fascismo, la riproposizione di leggi e di metodi propri di quel regime.

("NOI E I FASCISTI", L'antifascismo libertario dei radicali

a cura di Valter Vecellio, prefazione di Giuseppe Rippa - Edizioni di Quaderni Radicali/1, novembre 1980)

Confessiamo che questa storia del "bando" di Almirante ci ha scocciati e non ci interessa minimamente. Denota un clima e dei metodi che non ci garbano, in genere, e che non servono a nostro avviso né all'antifascismo né alla lotta politica democratica.

Almirante è stato un alto funzionario, cioè un esponente politico della Repubblica di Salò. La Repubblica di Salò e la sigla che si sono dati, con Mussolini ed altri fascisti, quanti hanno scelto di collaborare con i tedeschi ed i nazisti, contro il governo legale, contro quanti combattevano per sconfiggere Hitler e cancellare dalla concreta lotta politica l'immondo e disumano regime fascista. Questa scelta li ha portati, moralmente e spesso fisicamente, ad essere gli assassini dei partigiani, di popolazioni inermi o che si ribellavano in nome di ideali di libertà, di giustizia, di semplice umanità. Hanno finito per essere i complici delle jene di Buchenwald e di Auschwitz.

I più anziani fra noi li hanno conosciuti, a volte, sotto la tortura e come persecutori e assassini di loro compagni.

E' quanto, "oggettivamente", rappresentano per noi i repubblichini di Salò. Questi repubblichini nella maggioranza, erano giovani. Non è possibile ritenere che fossero scientemente e consapevolmente degli assassini e che la loro scelta sia riducibile a quella dell'assassinio. Chi aveva, allora, un minimo di cultura o di informazione, sapeva benissimo che la guerra era irrimediabilmente persa per Hitler ed i suoi "quisling" italiani. Chi mancava dell'una e dell'altra, vittima prima che boia, non era necessariamente in malafede; chi aveva l'una e l'altra, e aveva vent'anni, era necessariamente in buona fede.

Quando mi dicono che il direttore de "L'Espresso" Livio Zanetti, era - ventenne - un sottotenente della RSI, è che combatteva contro i partigiani, rispondo che non so se è vero; ma che, se fosse vero, mi auguro che egli possa in futuro (e anche oggi) dire di fare quello che crede giusto sia fatto; e che, se oggi crede (come so che crede) nella libertà e nella democrazia, mostri lo stesso coraggio e lo stesso rigore che mostrò allora per la causa e i valori che erano i suoi. Del che non sono sempre sicuro.

Questo posso affermarlo tranquillamente nella sola misura in cui non solo "sono disposto a" - ma "rispetto il dovere di" - difendere dai linciaggi e dalla caccia al passato, nella odiosa polemica ad hominem, anche in primo luogo il missino, ed il fascista di oggi.

E il democristiano, che amo ancor meno. E non è dir poco. Confesso che non m'interessa nemmeno cercare di capire se il non ventenne Almirante fosse allora in buona o in mala fede. Se dovessi giudicare da quel che è oggi, dal suo modo di essere che ho dinnanzi, direi che egli era probabilmente un cinico e volgare opportunista che aveva sbagliato calcoli e cavalli sui quali puntare. Ma se è vero, come penso che sia vero, che egli abbia firmato e fatto affiggere il bando che gli viene addebitato, resto ancora indifferente; in questo egli ha ragione: se in Parlamento e nel paese vi sono partigiani che allora combatterono, popolazioni che furono vittime del fatto, appare improbabile che i partiti democratici ed antifascisti non ne sapessero nulla finora. Ed il loro bruciare di zelo ritardato ci appare sospetto.

Ma poi, che gli si rimprovera? Non qualcosa che, per conto mio, debba essere provato; ma quel che, per qualsiasi repubblichino non ventenne o equiparabile, mi sembra essere fatto certo, fino a prova contraria. Cioè la sua piena responsabilità morale e giuridica, quando questa si configuri, rispetto a quel passato. Questo è quanto. E non basta? E c'è bisogno di arrivare al 1971 per farne un tema di polemica quotidiana? E i suoi camerati, credete che furono diversi? E i nostri compagni d'oggi, che allora fecero quella scelta? E siete proprio certi che siano migliori i gerarchi della monarchia fascista? Che Badoglio e Graziani fossero di pasta diversa? E il re vigliacco, migliore del dittatore? E Fanfani, o Leone, o moro, di un ventenne milite delle brigate bere? Ma è giusto, è "laico", è tollerante (nel senso migliore e volterriano) è civile, far oggi lotta politica a suon di ricordi, e di odio? E' accettabile, e non invece intollerabile, per un laico, caricare di riprovazione "morale", di volontà quindi di an

nientamento, un avversario politico? E se non è teoricamente accettabile né giusto, ma umanamente comprensibile, perché, ancora, dirottare la rivolta, la rabbia, lo sdegno, verso i responsabili delle nefandezze di "ieri"? Per meglio proteggere il dialogo con il regime di "oggi"?

Certo sappiamo che è davvero dalle fogne che molti teppisti di estrema destra oggi sono stati pescati e tolti. Ma da quali fogne? Quelle di trent'anni fa, o quelle di oggi? E dove sono? E dove si forma, dove vive la sua tragedia, il sottoproletario d'oggi, il fanatico, il cinico, il disperato, il rivoltato che può essere assoldato? E da "chi può" esserlo?

Credere che Almirante, che non fu un pericolo nemmeno per il povero ragioniere Arturo Michelini, sia oggi l'avversario da battere, e il responsabile o il sostegno maggiore del teppismo o delle svolte autoritarie è semplicemente ridicolo.

Chi paga il MSI? Chi paga il sottobosco di teppismo e di provocazione di questa gente? Chi costituisce l'ossatura per i disegni più pericolosi e organizzati, se non i servizi segreti, nazionali e internazionali, le polizie parallele che prosperano nel regime democristiano? E' l'esercito che produce fascisti, o i fascisti che producono il nostro esercito?

E oggi, "chi" ha fatto dell'assistenza pubblica, della sanità quell'immondo "lager" del quale, finché aveva voce e speranza davvero di poter fare il "socialista" al governo, amava parlare il ministro Mariotti? Chi ha corrotto sempre le istituzioni e la vita pubblica? Chi ha dato forza a Roma al manipolo missino, per due decenni, se non le immobiliari vaticane che li hanno sempre avuti come alleati e clienti?

E chi, con tenacia, ha impedito l'attuazione della Costituzione, per lasciare in vita il codice fascista e modellare sui principi e le strutture che presuppone e provoca la polizia, l'ordine nel nostro paese?

E oggi, per vent'anni, per la vita d'una intera generazione, s'è costituito in regime, facendo strame e strage di istituzioni, di regole democratiche di vivere civile, e ha snaturato il Parlamento, ridicolizzandolo, sottraendogli ogni vero potere? Chi, oggi, è il prodotto e il mandante della volontà e degli interessi dei "padroni" - di Stato e privati? Chi ha prodotto scetticismo, sdegno, senso di nausea e di rivolta nella "brava gente", nei giovani? La galleria dei potenti e dei capi del regime democristiana o paleofascista?

Chi ha massacrato, qualitativamente e quantitativamente, la scuola pubblica? Chi ha cercato di imporre ancora le allucinanti e allucinate visioni autoritarie e repressive in tema di costumi e di famiglia e di educazione della controriforma e dell'oscurantismo clericale?

Dovremmo temere i servi, o non piuttosto i padroni? Dovremmo pensare che davvero folle di piccolo ceto medio, di giovani, accorrano nelle piazze ad applaudire qua e là Almirante perché sono contro la democrazia "promessa", o non piuttosto che si mobilitino contro quella democrazia "cristiana" ricevuta in cambio di quella? E che si sbaglino, non è colpa nostra? Che non comprendano che non c'è alternativa, ma sostegno e complicità e dipendenza e funzioni solo diverse ma convergenti tra i clerico-fascisti e i clerico-democratici, non è forse innanzi tutto colpa di chi ha pensato e pensa che si possa e debba dirottare contro il passato lo sdegno, la rivolta, la necessità e la disperata esigenza di alternativa che sale contro i De Mita, i Misasi, i Forlani, i Colombo, gli Andreotti, i Rumor, i Fanfani e i loro "leali" e "corretti" interlocutori e avversari?

E, ala fine, è vero o non è vero che, nel mezzogiorno, già due ondate di estrema destra hanno dimostrato che solo dopo che i rompano, comunque, gli argini clericali, classisti, corporativi della DC e del potere clericale si apre per la sinistra la possibilità di acquisizione di masse sottoproletarie? Si può dire che la forza elettorale e in parte anche politica della sinistra del mezzogiorno si è formata dopo le ondate qualunquiste e laurine. Credete davvero che i Ciccio Franco, che saranno forse eletti a furor di sottoproletariato, abbiano la forza, con il MSI, di dare uno sfogo alle esigenze popolari e ai ceti frustrati, di superare le esplosive contraddizioni di classe che oggi si sono formate in numerose aree sociali ed economiche del nostro paese?

E' certo più facile correttamente ritenere che "le rivolte fasciste" si traducano in una sconfitta degli interessi reazionari e classisti esistenti nel nostro paese, che attendere un qualsiasi apporto democratico dalle masse sottoproletarie, finché saranno governate dai De Mita ad Avellino, dai Misasi in Calabria, dai Gava e dai Bosco a Napoli, dai Gioia e dai Lima a Palermo, come - ad un livello diverso - dai ceti medi organizzati dalla macchina vaticano-clericale dei Petrucci e degli Andreotti a Roma.

Abbiamo detto che rifiutiamo, per convinzione laica, ogni linciaggio ed ogni metodo volto ad imporre un aspetto "morale" alla polemica politica. Ci rendiamo conto che questo rischio c'insidia e che spesso diviene realtà che può esserci rimproverata. Ma possiamo in tutta tranquillità affermare che le polemiche radicali, che siano quelle che abbiamo condotto contro Petrucci e l'ONMI a Roma, o contro il Pontefice e la CEI per il divorzio, si sono svolte sempre a partire dai fatti e da situazioni "presenti" che urge e urgeva modificare e colpire, dove "massacri" morali e fisici erano e sono in corso, sapendo - che come più volte abbiamo affermato - che l'unico modo di difendere delle vittime è quello di colpire i potenti che le perseguitano, "mentre" le perseguitano.

Constatare che per opporsi a un'ondata prezzolata di sicari, di picchiatori, di zuavi pontifici che acquistano, meglio nutriti e armati qualche baldanza, si usi "l'antifascismo" per innalzare sulle tribune e sulle masse democratiche che rispondano all'appello, i Darida e De Mita, i Misasi e gli uomini più potenti e responsabili di "questo" regime; per qualificare come "antifasciste" e "costituzionali" forze a una classe politica che hanno da più di un quarto di secolo giorno per giorno, tradito e colpito la costituzione, le speranze della resistenza, l'essenza stessa dell'antifascismo; questo ci sembra urgente denunciare; questo, con franchezza, ci sdegna e spaventa.

"Marco Pannella"

 
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