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Prova Radicale - 1 novembre 1980
NOI E I FASCISTI: (11) Perché difendere i fascisti
("Prova Radicale" giugno 1976)

SOMMARIO: Una raccolta di scritti sull'antifascimo libertario dei radicali: riconoscere il fascismo vuol dire capire quello che è stato e soprattutto quello che può essere. Troppo spesso dietro l'antifascismo di facciata si copre la complicità con chi ha rappresentato la vera continuità con il fascismo, la riproposizione di leggi e di metodi propri di quel regime.

("NOI E I FASCISTI", L'antifascismo libertario dei radicali

a cura di Valter Vecellio, prefazione di Giuseppe Rippa - Edizioni di Quaderni Radicali/1, novembre 1980)

Torna di moda la legge Scelba. S'è chiuso da poco il processo ad Avanguardia Nazionale, imputata di ricostituzione del partito fascista in base alla legge Scelba rafforzata dalla legge Reale. Poco prima, il 30 aprile, in un editoriale del "Corriere della Sera", Leo Valiani aveva invocato un'interpretazione estensiva del reato di ricostituzione del partito fascista che includesse la sinistra extraparlamentare. Oggi, sosteneva il noto antifascista, l'attacco alla democrazia non viene solo da destra: "attualmente pericoli analoghi ci minacciano anche da parte di gruppetti che si proclamano di estrema sinistra extraparlamentare". E tanto per mettere le cose in chiaro, chiedeva anche il ripristino del fermo di polizia e un bel taglio alle libertà civili in generale.

Il vecchio gioco funziona sempre: si rispolvera una norma autoritaria e se ne fa un'applicazione promozionale in senso, si fa per dire, antifascista: ad esempio, il processo ad Avanguardia Nazionale. La sinistra applaude. E quand'è niente da fare: c'è troppa gente a sinistra disposta ad accettare qualunque misura autoritaria, tribunali militari, reati d'opinione, purché rivolti contri gli avversari. In questo senso, l'etichetta antifascista fa miracoli. Soprattutto quando l'antifascismo rituale, imponente malgrado le molotov, serve alla sinistra detta rivoluzionaria per coprire l'assenza di iniziative politiche.

C'è stato un momento, in dicembre, in cui si è cercato di rompere quest'andazzo. E'stato quando, all'inizio del processo contro Avanguardia Nazionale, gli avvocati radicali Franco de Cataldo e Mauro Mellini hanno annunciato che sarebbero entrati nel collegio di difesa. I motivi? Si trattava di un processo bidone che non perseguitava atti di violenza ma solo reati di opinione e serviva solo a dare una patente democratica alla legge Scelba e alla legge Reale. Appoggiando la decisione dei due avvocati, il Partito Radicale invitava la sinistra a boicottare l'operazione. Niente da fare: ci fu appena l'inizio di una polemica e un'opinione pubblica, priva d'informazioni, rimase l'idea di una provocazione insensata. Quello che stupiva era soprattutto che si riconoscesse agli avversari, i fascisti in questo caso, quella libertà di espressione che la sinistra chiede in genere solo per se.

Il caffè di Pisciotta

Da allora l'iniziativa dei radicali viene considerata un peccato da nascondere, un passo falso di cui vergognarsi e non parlare mai.

Invece lo ritiriamo fuori, a commento della fine del processo contro Avanguardia Nazionale. Si tratta di una cronaca inedita che termina con un apologo finale - i fascisti che rifiutano l'imbarazzante intervento radicale - che la dice lunga sulla correttezza dell'iniziativa.

Quando viene annunciato il processo, in dicembre, salta subito all'occhio un fatto: i 62 imputati di avanguardia Nazionale fanno parte di un elenco di fascisti denunciati alla polizia da Almirante al tempo dell'uccisione dell'agente Marino a Milano, quando stavano per venire alla luce le responsabilità del MSI. Almirante sostenne allora che si trattava di una provocazione fascista nel senso proprio del termine vale a dire dello stato; e più precisamente dell'Ufficio affari riservati del ministero degli interni. Già in passato aveva dichiarato che Avanguardia Nazionale era il corrispettivo degli agenti infiltrati nella sinistra al tempo di Piazza Fontana.

E' certo che i capi di avanguardia Nazionale sono dentro fino al collo nella politica della tensione e delle stragi, da Piazza Fontana a Peteano. Ma al processo non si tratta di questo, bensì di opinioni: "... la negazione del principio di uguaglianza, l'affermazione del regime di selezione... la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione (in particolare la libertà di manifestazione del pensiero e la libertà di associazione)...", recita il capo di imputazione.

"Questo processo è come il caffè di Pisciotta - dice Mauro Mellini - serve far fuori dei complici del regime diventati scomodi, evitando di approfondire le responsabilità per i fatti addebitabili". Dice De Cataldo: "Agli imputati viene contestato un reato d'opinione previsto dalla legge Scelba, peggiorata poi dalla Legge Reale. queste leggi violano l'art. 21 della Costituzione. Bisogna sottolinearlo, perché la battaglia libertaria che va condotta in ogni sede su questo punto non può subire limitazioni a seconda della fede politica dell'imputato".

A Tilgher piace la legge Reale

Il partito Radicale diffonde un appello alla sinistra: "Con l'alibi della persecuzione di un'organizzazione fascista, la repubblica italiana rivendica a se, nel 1975, il diritto di giudicare in modo fascista. Dobbiamo impedirglielo". "Mellini e De Cataldo contestano anche il rito direttissimo con cui si celebra il processo: "Così si fa con i ladri di polli colti in flagrante; applicarlo invece ad un reato complesso qual è quello di ricostituzione del partito fascista significa in pratica non fare l'istruttoria, arrestare della gente solo in base a rapporti di polizia e tenerla dentro fino alla conclusione del processo, anche nel caso salti fuori un errore di persona. E questo grazie alla legge Reale". Il processo infatti è stato costruito sulla base di rapporti della polizia del '72-73.

I due avvocati denunciano un altro aspetto: "In Italia è già stato ricostituito sicuramente un partito fascista: si chiama MSI-Destra Nazionale. Paghiamo le tasse per sostenerne l'azione perché così ha stabilito la maggioranza del parlamento, sinistra compresa. Mentre si fa questo processo, il capo dello stato riceve al Quirinale per consultazioni il segretario del MSI, indiziato degli stessi reati. Intanto si prendono dei sicari e li si giudica, non per le loro azioni, ma per le idee. E' un processo bidone".

Accettando la difesa, De Cataldo e Mellini pongono perciò tre condizioni: 1) che vengano designati almeno dieci difensori democratici su circa 130 di cui gli imputati avrebbero diritto; 2) che gli avvocati radicali siano liberi di impostare la difesa secondo le loro convinzioni professionali, giuridiche, politiche; 3) che quindi non si costituisca un unico collegio di difesa. Preannunciano in particolare che porranno questioni di illegittimità costituzionale dell'art. 12 della legge Reale e degli articoli 1 e 2 della legge Scelba.

La vicenda si conclude in modo imprevisto ma logico; i fascisti e i loro avvocati si dichiarano contrari alla presentazione della questione di illegittimità costituzionale delle due leggi ed escludono così dalla difesa De Cataldo e Mellini. Chiaro: Tilgher e i suoi non consentono che attraverso il loro processo vengano contestate delle leggi, cui sono ideologicamente omogenei. Le pretese vittime diventano conviventi con i persecutori; oltretutto sanno di rischiare solo uno scontro a buon mercato.

L'importante è che il tandem Scelba-Reale continui a colpire a sinistra.

("Prova Radicale" giugno 1976)

 
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