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Ventura Giovanni - 1 novembre 1980
NOI E I FASCISTI: (13) Prima lettera di Giovanni Ventura

SOMMARIO: Una raccolta di scritti sull'antifascimo libertario dei radicali: riconoscere il fascismo vuol dire capire quello che è stato e soprattutto quello che può essere. Troppo spesso dietro l'antifascismo di facciata si copre la complicità con chi ha rappresentato la vera continuità con il fascismo, la riproposizione di leggi e di metodi propri di quel regime.

("NOI E I FASCISTI", L'antifascismo libertario dei radicali

a cura di Valter Vecellio, prefazione di Giuseppe Rippa - Edizioni di Quaderni Radicali/1, novembre 1980)

Nell'ottobre '75 Ventura ha presentato un ricorso alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo denunciando le violazioni dei suoi diritti costituzionali. Si rivolgeva quindi alla Lega nonviolenta dei detenuti, che accettava di sostenere le sue denunce.

Il 5 gennaio '76 inviava questa lettera al segretario e vice segretario del Partito Radicale:

Caro Spadaccia e caro Cicciomessere, ho letto con ritardo le vostre dichiarazioni del 14 settembre 1975, pubblicate da il "Il Giorno", in relazione al patrocinio prestato dagli avvocati De Cataldo e Mellini in favore di alcuni "junker" di "Avanguardia Nazionale".

In realtà, "la libertà non tollera eccezioni": e neppure la eguaglianza al diritto di libertà.

Ma, allora, spiegatemi perché il diritto alla parità di trattamento, in materia di libertà personale, viene negato a me da anni, infliggendomi la più iniqua e inaudita durata di carcerazione preventiva che qualsiasi giurisdizione europea abbia mai ammesso, senza procurarvi alcuna insofferenza civile o prurito di protesta: mentre miei coimputati per i medesimi fatti reati, godono dei presidi costituzionali portati dagli articoli 3, 13, 24 e 27 della Costituzione. E spiegatemi perché, se "la libertà non tollera eccezioni" voi non avete ancora ritenuto di intervenire a chiedere per me il rispetto della certezza democratica in relazione al mio diritto di libertà. Perché non avete chiesto che fosse accordato anche a me, la libertà già concessa a Merlino, Valpreda e ad altri.

E perché la segreteria di un organismo vicino al Partito Radicale, la Lega socialista nonviolenta dei detenuti, quando nel corso di un'assemblea milanese tentò di porre all'ordine del giorno il mio caso, in termini strettamente legittimistici e garantistici, fu "censurata"; e, successivamente, "ripresa" anche dalla segreteria nazionale del P.R.

Voi dite che non vi prestereste alla "operazione giudiziaria del regime che intenta alcuni processi di opinione e ideologici contro alcuni gruppi neofascisti per evitare di fare gli innumerevoli processi sulle stragi di Stato che si sono verificate dal 1969 in poi, dalle quali risulterebbero responsabilità collettive di alcuni esponenti neofascisti e di alcune organizzazioni neofasciste ma anche le più gravi responsabilità dei corpi separati, servizi segreti, stati maggiori e ministri?".

"Avanguardia Nazionale" non è un sodalizio culturale e neppure un gruppo d'opinione, o un centro di studi, o un gruppo spontaneo. "A.N." è una banda di pretoriani, in molta parte mercenaria (almeno nei suoi vertici centralizzati); è il braccio neofascista di cui si servì, dal '69 in avanti, la critica moderata, con le sue servitù militari, per attuare il tentativo di revisione costituzionale e di restaurazione autoritaria. Non esistono dubbi sullo strumentalismo di alcuni processi politici: e quello ad "A.N." nacque già inquinato, sulla base di un rapporto della Questura di Roma dove veniva fatto passare per dirigente di "A.N." anche l'agente del "SID" Guido Giannettini, che, per quanto mi risulta, "avanguardista" non fu mai. E ciò, proprio "mentre" e "per" operare il salvataggio di Guido Paglia, vero caporione e dirigente-vicario di "A.N."

Quel rapporto della Questura romena era la risposta dell"UAR" al serrato controllo operato dal "SID", sui traffici americani interni e internazionali, del capo della "SIGSI".

Come che sia, di là dai ricatti interburocratici e interpartitici verificatisi negli apparati nazionali della sicurezza, la mia risposta processuale e politica è sempre stata quella di un antifascista che, trovatosi - non per caso e non per "hobby" solitario - a praticare attività e interessi informativi sulla operatività eversiva, ha costantemente assunto e motivato la linea espressa dalle vostre dichiarazioni apparse sul quotidiano milanese.

Non risulta che voi ve ne siate mai data consapevolezza e responsabilità, fin da quando, tre anni fa, Giancarlo Ghidoni, uno dei miei difensori, parlò del mio caso a Marco Pannella. Anzi, risulta che abbiate contrastato chi, assistendo me, avrebbe portato efficacia processuale e ineludibilità politica alla battaglia di sinistra che ho sempre cercato di far avanzare attraverso la mia iniziativa politica nel processo. Se non vi fosse chiaro di che cosa parlo, andate a leggervi il più recente atto della mia iniziativa politica nel processo, pubblicato dal "Corriere d'Informazione" del 1 dicembre 1975.

La natura corretta, la cospicuità e la determinatezza della ricostruzione svolta nel memoriale pubblicato dal "Corriere" sono sotto gli occhi di tutti nelle loro conseguenze. Dopo sentita mia moglie, che ha confermato le mie dichiarazioni, il G.I. di Catanzaro ha immediatamente avvisato di reato gli ufficiali del "SID" Maletti e La Bruna.

Dunque, egregi, che farete per dimostrarmi che, anche nel mio caso, "la libertà non tollera eccezioni"? Seguirete a procurare inciampi a Giuliana Cabrini, che ha soltanto cercato di affermare attivo, anche nel mio caso, nel caso di un cittadino repubblicano come tutti, l'art. 3 della costituzione? E che ha cercato di contrastare il brutalismo di regime che sanzionò la peninsularizzazione barese della mia prigionia, a mille chilometri da familiari e difensori, e la sua individualizzazione segregante e persecutoria? Oppure, correttamente, e conseguentemente alle dichiarazioni in favore degli "junker" di "A.N.", inviterete gli avvocati De Cataldo e Mellini ad assumere la mia difesa: perché la mia posizione politico-processuale (che ha espresso da sempre la linea sostenuta anche nelle vostre dichiarazioni, che ho richiamato), sia adeguatamente assistita e promossa?

La risposta più irresponsabile e più vile sarebbe quella di seguitare a fingere la superfluità delle mie domande, di tenerle indifferenti, di assegnarle al dimenticario delle situazioni scomode.

Saluti attenti e fraterni "Giovanni Ventura"

 
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