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Roversi Roberto - 1 novembre 1980
NOI E I FASCISTI: (27) L'ora esatta
di Roberto Roversi

("La Città Futura", 10 maggio 1978)

SOMMARIO: Una raccolta di scritti sull'antifascimo libertario dei radicali: riconoscere il fascismo vuol dire capire quello che è stato e soprattutto quello che può essere. Troppo spesso dietro l'antifascismo di facciata si copre la complicità con chi ha rappresentato la vera continuità con il fascismo, la riproposizione di leggi e di metodi propri di quel regime.

("NOI E I FASCISTI", L'antifascismo libertario dei radicali

a cura di Valter Vecellio, prefazione di Giuseppe Rippa - Edizioni di Quaderni Radicali/1, novembre 1980)

"Imperversa, imperversa, prima che sia troppo tardi"

"A.M. Ripellino" in "Autunnale barocco"

Lasciamo traccia delle cose accadute.

Perché tutti gli archivi saranno bruciati.

Basta un foglio di carta sotto un sasso.

Il primo venuto di marzo lo porterà via nella campagna.

Ero appena tornato da Vienna.

La pianura padana fermentava

carica di detriti e di sangue.

Due mari l'opprimevano dietro la coda di un grande fiume

che mendicava.

A questo punto mi è capitato in mano

il libro della sapienza antica

a pagina ottanta ho letto che in epoche buie l'uomo l'uomo l'uomo

deve fare luce

anche col fuoco di una sola parola.

Sono gli anni in cui rapiscono gli uomini e li vendono come merce.

Gli schiavisti oggi sono vili e oscuri.

Non hanno navi non hanno bandiere?

Non sono pirati.

I neri d'Africa erano più fortunati nei secoli lontani. Lontani.

Anche la poesia rapita e venduta è una merce.

Svegliati dalle ruspe i morti scappano sui monti.

E' l'ora esatta della storia quando uno deve scegliere e stare.

Gli alti forni spazzano la neve calafati dalle luci accese.

Un moscerino impazzito taglia il fumo che si perde.

Sembra inerme ma vola da un secolo.

Chi vive per la prima volta vuole conoscere il mondo.

Nell'angolo di una soffitta

c'era, prima del diluvio, una mezza verità nascosta

fra i ritratti di un padre e le lettere di gente che non ha più il cuore.

Guardare, chiedere, interrogare, volere.

Aspettare, chiamare, offrire, dubitare.

La violenza ha fatto sempre le guerre

poi la violenza della violenza ha posseduto queste guerre.

La violenza della Comune fece la Comune

ma una violenza più grande disfece la Comune.

Questa violenza inseguì la Comune

fin dentro le crepe dei muri.

E' lecito morire solo per la grandezza della storia?

La violenza è un mucchio di ossa

da sotterrare.

Siamo ormai nel duemila.

Che cosa cerchi fra l'erba alta?

Inseguo la biscia che non dà vino

ma lancia suoni di clarino mentre divaga sotto l'ultimo sole.

Dietro la biscia voglio arrivare al fiume

guardare il fiume

attraversare il bosco

arrivare alla città con le mura

conquistare la città

abbattere le mura.

Voglio che sia primavera per una volta ancora.

Voglio fissare con la mia Polaroid di parole

questa faccia del mondo.

Quando il potere chiama la poesia non risponde.

Ma quando la conclusione è la morte (possibile)

la cetra degli alberi e il fulmine della terra

grida, non ha paura e accetta la guerra.

Perché le parole non sono fragili

nemmeno in tempo di sopraffazione.

("La Città Futura", 10 maggio 1978)

 
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