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Andreani Rene' - 24 aprile 1984
DIBATTITO PRECONGRESSUALE: RENE' ANDREANI

SOMMARIO: Intervenendo nel dibattito precongressuale (XXX Congresso del Pr - Roma - 31 ottobre/4 novembre 1984) Renè Andreani spiega i motivi per i quali ha deciso, nel silenzio perfino degli organi d'informazione radicali, di non fare il deputato. "Per additare al paese questo regime consociativo dei partiti che si camuffa dietro un'apparente democrazia e per non avallare, legittimandolo, un Parlamento "bidone" nel quale in questi ultimi otto anni si sono stravolti i regolamenti e dove si assiste al gioco delle parti fra la maggioranza e la finta opposizione".

(NOTIZIE RADICALI N. 70, 24 aprile 1984)

Utilizzo questo spazio dedicato al dibattito precongressuale per spiegare le ragioni per cui ho deciso di non fare il deputato, constatato che né i responsabili di Radio radicale, né Agenzia Notizie radicali, né "Lettera Radicale", né "Notizie radicali" hanno ritenuto opportuno interpellarmi su di un fatto che accade così raramente, anche in casa radicale. Lo farò trascrivendo integralmente un comunicato rilasciato il 22 settembre in occasione di una conferenza stampa, tenuta nella sede del partito a Genova e che i giornali, certamente non filo-radicali, hanno pubblicato.

Nel giugno del 1983, in occasione delle elezioni politiche della IX legislatura, il Pr depositò le liste per poter usufruire di alcuni spazi di informazione che altrimenti gli sarebbero stati negati e propagandò lo "sciopero del voto" per denunciare la lottizzazione dell'informazione e la conseguente illegalità e inagibilità politica del Parlamento, così ridotto a "Parlamento squillo" dai partiti della partitocrazia che costringono i parlamentari a non essere l'espressione della volontà dei cittadini, bensì l'emanazione delle brame delle singole segreterie.

In quella occasione i radicali distribuirono molti adesivi affinché fossero utilizzati per annullare le schede a seconda della proposta e del segnale che gli elettori intendevano dare alla partitocrazia. Fra questi si poteva leggere: "non per "avere" deputati radicali, ma per "essere" donne e uomini di speranza". Allora, fra l'altro, René Andreani per 21 giorni effettuò un digiuno di dialogo e non di protesta, al fine di sollecitare gli organi di informazione a correttamente informare gli elettori sulle proposte dei singoli partiti. Lui per primo annullò la scheda firmandola ed applicando un adesivo recante la scritta "No allo sterminio per fame" ed invitò i cittadini a fare altrettanto. Ciò nonostante risultò il primo dei non eletti del Pr in Liguria. Dopo le dimissioni di Mauro Mellini, per ribadire la coerenza della scelta e la validità dello sciopero del voto, ricordando che durante tutto il ventennio fascista solo una decina di professori universitari non giurarono fedeltà al fascismo, dissociandosi cos

ì da quel regime, Andreani ora non accetta di fare il deputato per additare al paese questo regime consociativo dei partiti che si camuffa dietro un'apparente democrazia e per non avallare, legittimandolo, un Parlamento "bidone" nel quale in questi ultimi otto anni si sono stravolti i regolamenti e dove si assiste al gioco delle parti fra la maggioranza e la finta opposizione.

Con la non accettazione Andreani vuole anche richiamare l'attenzione su quei candidati che nelle scorse elezioni, non solo in Liguria, ma in tutta Italia, hanno speso centinaia di milioni per farsi eleggere evidentemente non solo per la gloria.

Con la non accettazione vuole anche dimostrare che si può benissimo continuare a far politica senza "l'immunità-impunità" parlamentare ed ha preannunciato che anche per il prossimo anno, come già negli anni passati, non pagherà il canone Tv alla Rai lottizzata che disinforma e proseguirà a non pagare il 5,50% delle sue tasse (obiezione fiscale), quota che viene utilizzata dallo Stato italiano per acquistare armamenti e strumenti di morte. Proseguirà la sua battaglia per il ristabilimento della giustizia contro l'imbarbarimento delle leggi dovuto alla "emergenza" e per migliorare le condizioni carcerarie. Anche questo anno, con l'apertura delle scuole, proseguirà il suo impegno per far conoscere ai giovani le cause politiche dello sterminio per fame e la possibilità immediata di porvi rimedio.

Essendo responsabile di Radio radicale della Liguria, in questi giorni ha annunciato di aver formato un comitato di coordinamento fra le varie radio libere liguri, affinché non venga attuato il nuovo piano delle frequenze che porterebbe, di fatto, alla chiusura totale e definitiva di tutte le radio private genovesi, nessuna esclusa.

Il maggiore impegno di René Andreani sarà comunque rivolto nei prossimi mesi ad aumentare l'espansione del Partito radicale e a migliorarne l'organizzazione.

Con l'accettazione delle sue dimissioni il nuovo deputato radicale per la Liguria è l'ex senatore Sergio Augusto Stanzani Ghedini.

Quello che ho voluto portare è un piccolo esempio che dovrebbe far riflettere l'attuale classe dirigente che continua giustamente a lamentare la disattenzione che la Rai e gli organi di informazione riservano nei confronti del Pr, mentre riserva lo stesso trattamento a tutto ciò che avviene nell'ambito radicale al di fuori però dei soliti 20-30 professionisti full-time.

Uno dei nodi fondamentali del prossimo congresso che una volta per tutte dovremo affrontare è il ricambio dell'attuale classe dirigente che si avvita sempre più in polemiche personali nocive alla crescita del partito.

La mancanza totale di entusiasmo, conseguente alla routine quotidiana, che una ventina di persone, sempre le stesse da ormai molti anni, logorate dal difficile compito del far politica radicale, accusano è una delle cause fondamentali della nostra crisi.

Esistono ancora oggi nel partito forze nuove che, se non utilizzate subito, rischiano di essere disperse.

Mi vengono in mente alcune persone che in questi anni molto hanno dato, contribuendo all'affermazione del partito nel paese pur non rivestendo attualmente alcun incarico all'interno del partito stesso: Fernando Civati di Vercelli, Giuliano Ghilotti di Sondrio, Paolo Angelini di Trieste, Alberto Torzuoli di Roma, Mario Albi di Perugia, Maura Santoro di Napoli, Gaetano d'Amico di Palermo e con loro molti altri. Sicuramente potrebbero portare quell'entusiasmo che hanno profuso nelle proprie città ed associazioni. Un certo avvicendamento nella classe dirigente può avvenire cambiando alcune persone e non necessariamente anche l'obiettivo del partito che in questi ultimi cinque anni tanti hanno perseguito.

Questo non vuole essere un "tumulto dei Ciompi", tanto meno nell'esito, ma una riflessione su una delle più importanti cause del malessere del partito.

 
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