SOMMARIO: Intervenendo nel dibattito precongressuale (XXX Congresso del Pr - Roma - 31 ottobre/4 novembre 1984) Mario De Stefano afferma che il Pr è l'unica forza politica che, per essere estranea al regime, per la coerenza dei suoi comportamenti all'interno delle istituzioni ma soprattutto per la puntualità delle sue analisi e delle proposte, può e deve tentare di scardinare questo sistema di potere, per ricondurre l'Italia verso la democrazia autentica. Ma a fronte di questa qualità di progetto politico sta la dimensione numerica estremamente esigua del Pr.
(NOTIZIE RADICALI N. 70, 24 aprile 1984)
Che il regime partitocratico in Italia versi in una condizione perenne di crisi, mi sembra un dato incontestabile, essendo la crisi la condizione fisiologica (o meglio patologica) degli stati di degenerazione politica e sociale; una malattia, questa, che attraverso lo svuotamento di potere delle istituzioni, lo svilimento delle loro funzioni, l'asservimento agli interessi delle clientele, provoca la lacerazione del tessuto democratico. Il problema è: "siamo di fronte ad un regime compiuto o ad un processo di regime", cioè ad una fase di costituzione del regime partitocratico? Io credo che il Pr debba oggi, in Italia, fare i conti con un regime compiuto, con un sistema di potere consolidato (al di là delle sigle e degli schieramenti, da anni siamo governati dagli stessi uomini, espressioni degli stessi interessi economici) un regime al cui interno si è compiuta da tempo la omologazione delle forze politiche partecipi. Certo, anche in questa situazione di regime vi sono sussulti o soprassalti, aggiustamenti in
somma (quali quelli che periodicamente il Pci produce con le sue scelte politiche opportunistiche) che non procurano altro che insignificanti spostamenti percentuali di voti intorno all'uno o all'altro dei partiti. Da tempo ormai i ruoli sono stati distribuiti e la recita va avanti senza gravi incidenti.
Gli elementi spuri in questa situazione sono: 1· il Partito radicale: 2· la massa degli scioperanti del voto; nel complesso un 30% degli italiani. Perché il regime fosse compiuto, le forze politiche, in accordo fra loro, hanno dovuto forzare delle strettoie ed è quello che hanno fatto da ultimo con lo stravolgimento delle regole democratiche nell'ambito della giustizia, dell'informazione e delle istituzioni. La legislazione dell'emergenza ed il pentitismo, la legge sulla stampa, la presidenza Jotti sono stati a mio parere i passaggi essenziali di questo stravolgimento.
In questa situazione il Pr è l'unica forza politica che, per essere estranea al regime, per la coerenza dei suoi comportamenti all'interno delle istituzioni ma soprattutto per la puntualità delle sue analisi e delle proposte, può e deve tentare di scardinare questo sistema di potere, per ricondurre l'Italia verso la democrazia autentica. Un compito estremamente arduo! Ma tant'è, questa è la dimensione del problema ed occorre quindi, per non far solo opera di testimonianza, approntare strumenti e forze adeguate alla complessità del compito. Il XXX Congresso del Pr dovrà, a mio parere, affrontare questo nodo della "questione radicale" senza farsi fuorviare da stupidi patriottismi di partito o peggio da preconcette chiusure mentali. Il problema è che il Pr ambisce ad essere ed è di fatto "partito di governo" e non piccolo partito di opposizione rinchiuso nel suo ruolo. Lo è, partito di governo, per la qualità e la centralità delle tematiche radicali, per la capacità di proposta, per aver più volte dimostrato di
non sottrarsi alle responsabilità (come è invece prassi costante delle maggioranze che governano l'Italia). Ma a fronte di questa qualità di progetto politico sta la dimensione numerica estremamente esigua del Pr, una dimensione tanto esigua da non consentire nemmeno quel vicendevole input-output tra centro e periferia di cui qualsiasi sodalizio politico ha bisogno. Vi è quindi un aspetto del problema che è quello del numero degli iscritti. A mio parere questo problema (che pure esiste) è assolutamente secondario rispetto all'altro, quello degli strumenti, intesi per strumenti non solo le metodologie dell'agire politico ma innanzi tutto le tematiche su cui impegnare il partito.
Dal 1979 il Pr ha posto al centro del proprio impegno la lotta contro lo sterminio per fame nel mondo. Cinque anni di duro lavoro per coloro che se ne sono occupati in prima persona. All'ultimo congresso si è voluto porre un obiettivo preciso, la salvezza di tre milioni di vite entro l'84. Questo obiettivo è stato fallito, senza dubbio. La salvezza per i tre milioni di affamati non è venuta. Questo significa il fallimento della strategia radicale? A mio parere, no! Occorre certo riconsiderare tutto alla luce dell'esperienza fatta, ma senza dimenticare che in questi anni, da soli, siamo riusciti ad affermare la centralità del tema fame, abbiamo sconfitto la mistificatoria "lettura marxista" del problema, abbiamo trovato consenso e solidarietà, dai Nobel agli organismi internazionali. In Italia ci siamo trovati davanti ad un muro, quello dei partiti, e non è valso tentarne l'aggiramento coinvolgendo Piccoli o gli altri (un tentativo, questo, da non ripetere). La fame resta, come problema angoscioso dei nostri
tempi, e sarebbe ben meschino quel partito che, non essendo riuscito, solo contro il sistema di potere che la fame ha prodotto, ad aver successo su quel tema, lo cancellasse dalla propria agenda politica. Non questo occorre fare.
La fame deve restare come tema centrale del nostro impegno, nella consapevolezza però che non vi sono scorciatoie e che nessuna forza politica, specie in Italia, ci farà regali. Altri temi si affiancheranno a quello della fame, come è sempre stato, come è stato anche in questi cinque anni di pretesa monotematicità. La giustizia calpestata, l'informazione rapinata, le istituzioni snaturate, questi i temi su cui l'impegno del partito deve orientarsi, pur nella centralità del tema fame. Nella situazione di isolamento in cui attualmente vive rispetto al resto delle forze politiche, il Pr ha però l'opportunità di crescere sempre più come l'unica forza anti-regime, riferimento di quella Italia laica, dei valori, del rispetto della dignità dell'uomo, dei diritti civili. Lo spazio a disposizione non consente di approfondire nemmeno uno dei problemi sin qui affrontati. In congresso vi sarà certamente opportunità di farlo. Solo un accenno al problema della giustizia che mi sta particolarmente a cuore; molto si è fatto
ma molto resta da fare: occorre intensificare l'impegno del partito e di tutti i militanti contro i quotidiani stravolgimenti del sistema di garanzie delle libertà individuali, occorre concentrare un grande sforzo sul problema dei termini della carcerazione preventiva (termini ancora barbaramente troppo lunghi), del regime carcerario (art. 90), del diritto alla riservatezza ed alla immagine, della responsabilità del giudice. Concentrare gli sforzi deve significare dunque non perdere occasione per informare l'opinione pubblica sugli errori giudiziari, sui casi di persecuzione poliziesca, sui casi di omissioni e di abusi di cui è costellata l'amministrazione della giustizia in Italia.