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Faccio Adele - 24 aprile 1984
DIBATTITO PRECONGRESSUALE: ADELE FACCIO

SOMMARIO: Intervenendo nel dibattito precongressuale (XXX Congresso del Pr - Roma - 31 ottobre/4 novembre 1984) Adele Faccio afferma che progettare la politica del 1985 può solo significare progettare una politica di vita: l'unica guerra da condurre è la guerra alla guerra e le uniche armi possibili sono quelle della nonviolenza e del disarmo. Ma le difficoltà che incontriamo sono tutte interne al Pr: Una volta ci amavamo e ci rispettavamo fra noi. Adesso tendiamo a introfletterci, a strapparci i capelli e tagliarci i panni addosso scaricandoci a vicenda tutte le colpe del male dell'universo. In questo ci lasciamo influenzare dalle critiche altrui, come se per essere certi di non sbagliare nelle nostre scelte avessimo bisogno di qualcuno che ce le confermi dal di fuori, perché noi non abbiamo più coscienza del nostro fare e del nostro pensare. Quello che dobbiamo di nuovo pretendere da noi stessi è la fiducia, la voglia di vivere e di agire e di fare politica, tutti insieme, con noi, per noi.

(NOTIZIE RADICALI N. 70, 24 aprile 1984)

Credo che tutti noi abbiamo rinunciato a troppa parte del nostro programma radicale di fondo: quello che costituiva la base del nostro identificarci nell'ambito politico radicale, che consisteva essenzialmente nel non esserci lasciati rinchiudere nell'angusto limite del gioco economico-finanziario, della collusione capitale-lavoro, produzione-vendita-acquisto. Il puro gioco degli scambi, pur necessario per lo sviluppo sociale, non ne costituisce però l'unica essenza, anzi, ne è solo un aspetto; importante, ma non unico. Da solo, in sé scarno ed inessenziale, in quanto finisce con l'appiattimento della qualità della vita e delle scelte dei lavori ed apre la strada allo scadimento dei valori e alle troppo facili querimonie sul decadimento della vita spirituale e prepara un ottimo terreno di cultura per i tradizionali virus del clericalismo col rilancio di tutti i meccanismi moralistici e spiritualistici.

Noi radicali abbiamo principi irrinunciabili: la qualità della vita come ricerca della felicità identificabile nella libertà di pensiero e di azione. Di questo siamo stati privati anche noi, perché come diceva Catone "non avrei agito con tanta determinazione per vivere libero, ma per vivere fra gente libera".

E noi appunto la migliore qualità della vita la vogliamo anche per gli sterminandi per fame, per quelli a cui non si devono concedere spazi per pensare e per vivere, se non legati alla catena corta della fabbrica, dell'ufficio, del lavoro come condanna alla schiavitù del posto fisso, del dolore come regola di vita, della sofferenza come espiazione. Da qui derivano quindi i problemi del proibizionismo - vedi droga - del moralismo - vedi violenza sessuale - della morte - vedi sterminio per fame, guerra, distruzione dell'habitat animale e umano - della morte del pianeta - scelte nucleari, scelte di guerra e di massacro.

Questa è la politica che si sta attuando nel mondo negli anni ottanta; politica di morte e di distruzione, da un capo all'altro del mondo, dall'estrema destra all'estrema sinistra, passando per il centro e per i conservatori, senza nessuna eccezione. In particolare è la politica del 1984.

Progettare la politica del 1985 può solo significare progettare una politica di vita: l'unica guerra da condurre è la guerra alla guerra e le uniche armi possibili sono quelle della nonviolenza e del disarmo. Gli strumenti sono quelli di sempre: la denuncia, la raccolta e la pubblicizzazione dei dati della violenza e della morte e l'elaborazione di una cultura alternativa. Contro gli eserciti e le armi, la droga, la mancanza di assistenza sanitaria e pensionistica, la mancanza di giustizia e l'abuso d'autorità carceraria e punitiva, la distruzione ambientale-ecologica e per il rispetto all'habitat umano e animale; contro la corruzione amministrativa e patrimoniale, contro mafia, P2, 'ndrangheta, collusioni e corruzioni governative, clericali e degli enti locali.

La strada è quella radicale di sempre: ma è l'incisività che deve essere estroflessa. Una volta ci amavamo e ci rispettavamo fra noi. Adesso tendiamo a insaccarci, rimuginarci, introfletterci e moralisticamente pingere su di noi, strapparci i capelli e tagliarci i panni addosso scaricandoci a vicenda tutte le colpe del male dell'universo. In questo ci lasciamo influenzare dalle critiche altrui, come se per essere certi di non sbagliare nelle nostre scelte avessimo bisogno di qualcuno che ce le confermi dal di fuori, perché noi non abbiamo più coscienza del nostro fare e del nostro pensare. Insomma crediamo troppo alle colpevolizzazioni di chi prospera, come i rospi, nel fango. Abbiamo perso la trasparenza cristallina della forza della nostra onestà, della nostra capacità di amore, della chiarezza della nostra vita e del nostro pensiero. Sono gli strumenti radicali di sempre: l'autofinanziamento per non lasciarci coinvolgere e assorbire nelle dinamiche di corruzione e di gestione del potere come gioco di scam

bi e di violenza; le prospettive libertarie di autoregolamentazione delle persone a partire dalle proprie necessità primarie fisiologiche e filosofiche - sessualità, autogestione, partecipazione. Non sono vuote immagini retoriche o speranze cadute. Il ricordarci che "siamo uomini e donne nei nostri giorni e nelle nostri notti" come ripeteva una volta Marco Pannella, è quello che dobbiamo di nuovo pretendere da noi stessi: la fiducia, la voglia di vivere e di agire e di fare politica, tutti insieme, con noi, per noi.

I temi sono quelli di sempre: processi rapidi e non cincischiati per impastrocchiare con delatori pentiti e no, case di lavoro e non carceri, riforma del Cpp semplificando, declassando, rimandando a lavorare i responsabili dei reati minori e rifacendo la preparazione culturale a chi abbia perso il senso del vivere civile e dei rapporti sociali.

Il diritto alla salute come autodifesa della psiche e del soma, e quindi medicalizzazione limitata ai casi estremi e ricerca scientifica senza sperimentazione sugli animali, superflua quando non dannosa.

L'esercizio del diritto di scelta delle condizioni di vita biologica e psicologica: matrimonio, o no, maternità e paternità o no, lavoro, studio, ricerca di modi alternativi di vita associata e via dicendo.

Diritto all'informazione sotto tutti gli aspetti: dai giornali alle riviste, dalla radio alle televisioni, dalle scuole tante e diverse, dalle case editrici a tutte le possibili operazioni culturali e artistiche a tutti i livelli, dal teatro al cinema, dalla ricerca all'esecuzione. Le opzioni operative: da quelle innovative dei metodi di lavoro grazie all'introduzione dei metodi di produzioni robotiche, alla soppressione delle vecchie strutture fatiscenti, come eserciti, caserme, fabbriche tradizionali, facendo spazio alle nuove strutture connettive collettivistiche e socializzanti e alla produzione artigianale ed artistica. Il tutto per la scelta di autonomia e di libertà.

 
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