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De Andreis Marco, Miggiano Paolo - 1 luglio 1987
Effetti accordo INF su spesa militare
di Marco De Andreis e Paolo Miggiano

SOMMARIO: Memorandum a proposito delle varie proposte di disarmo in discussione e degli effetti sulla spesa militare dei paesi Nato di un accordo sui missili a medio raggio stanziati in Europa.

(IRDISP - Memo - luglio 1987)

1. COS'E' L'OPZIONE ZERO

L'opzione zero e' la proposta negoziale della Nato dal 1981. Essa riguarda i missili nucleari a raggio intermedio (INF, Intermediate Nuclear Forces), cioe' quei missili con una gittata compresa tra i 1.000 e i 5.500 chilometri: Ss-4 e Ss-20 per l'Unione Sovietica; Pershing 2 e cruise per gli Stati Uniti.

Attualmente l'Unione Sovietica schiera 441 Ss-20 e 112 Ss-4; si tratta in totale di 1.435 testate nucleari (ciascun Ss-20 ha tre testate). Gli Stati Uniti schierano in Europa 316 testate nucleari su Pershing 2 e cruise, ma il programma intero - quando sara' completato - ne prevede 572.

L'accordo in discussione a Ginevra dovrebbe consentire a ciascuna delle due parti di trattenere in servizio 100 testate INF. Per fare un esempio, quindi, se un trattato venisse firmato domani, verrebbero rimosse o smantellate 1.551 testate nucleari, 92% delle quali sovietiche.

2. COS'E' L'OPZIONE DOPPIO ZERO

L'opzione doppio zero prevede il ritiro o lo smantellamento, oltre che degli INF sopracitati, anche dei missili con una gittata compresa tra i 500 e i 1.000 chilometri.

I sovietici ne schierano attualmente circa 130 (Ss-12/22, Ss-23), gli Stati Uniti nessuno. In realta' la Germania Federale possiede 100 Pershing 1A, le cui testate nucleari sono americane. La posizione negoziale Nato e' quella di esentare i Pershing 1A dal ritiro in quanto non americani - il negoziato, va ricordato, e' tra Stati Uniti e Unione Sovietica.

3. IMPLICAZIONI

Dunque un eventuale trattato sulle linee dell'opzione doppio zero comporterebbe il ritiro di circa 1.700-1.800 (il valore piu' alto risulterebbe nel caso di rinuncia della Nato ai 100 Pershing 1A) testate.

Si tratta di ben poca cosa di fronte al fatto che Usa e Urss possiedono circa 25mila testate ciascuna, di cui la stragrande maggioranza puntate sull'Europa. 9.000 testate delle due superpotenze sono schierate in Europa; alla Nato, DOPO l'accordo, rimarrebbero circa 4.500 testate; in Italia circa 500.

Francia e Gran Bretagna hanno in corso programmi di forte aumento dei propri arsenali nucleari, esentati dai negoziati di Ginevra. Insieme, questi due paesi, avranno verso la meta' degli anni Novanta, circa 2.000 testate nucleari.

Di fronte a queste cifre, parlare di "denuclearizzazione dell'Europa" e' ridicolo. Le opzioni zero e doppio zero avrebbero piu' che altro un'importanza simbolica, per quanto politicamente rilevante, sul piano dei rapporti Est-Ovest. A meno di misure assai piu' incisive, la minaccia atomica continuerebbe anzi a cre-scere quantitativamente, grazie a tutti i programmi in corso in altre categorie di armamenti nucleari.

Il potenziale accordo sulla singola o doppia opzione zero, inoltre, non cambia nulla nel campo dei rapporti di forza convenzionali tra Nato e Patto di Varsavia.

4. RAPPORTI DI FORZA CONVENZIONALI TRA NATO E PATTO

Occorrono, intanto, due osservazioni preliminari. Primo: tra il 1969 e il 1983 la NATO non ha avuto alcun missile nucleare a raggio intermedio, mentre i sovietici ne avevano e in diverse centinaia. Bene, non pare che questo abbia spinto Mosca a invaderci, evidentemente, né a "ricattare" l'occidente in alcun modo politicamente significativo. Secondo: nel mito della micidiale macchina bellica sovietica non può sfuggire un paradosso di fondo. Come fa una società che è universalmente nota per la sua bassa efficienza produttiva e per i suoi ritardi te-cnologici a riscattarsi in un settore e in uno solo, quello militare? Se, ad esempio, l'alcolismo è una piaga nazionale, è pensabile che esso si arresti sulla soglia delle caserme? Se l'intero paese non riesce a produrre beni di consumo in quantità e qualità sufficienti, perché mai carri armati e caccia bombardieri dovrebbero fare eccezione? Ormai esistono indizi abbondanti del fatto che in Urss il settore militare soffre delle stesse carenze di quelli civili. Bisog

na essere ciechi per non vedere le gravi disfunzioni tecnico-organizzative che hanno causato la tragedia del Boeing 747 coreano, abbattuto dai russi nel settembre 1983. O quelle, meno tragiche ma altrettanto gravi, che hanno fatto atterrare il giovane Rust sulla Piazza Rossa. Quanto ai "formidabili" sistema d'arma sovietici, sarebbe bene non dimenticare il cimitero di caccia MiG-23 e carri T-72 siriani, causato dalle occidentalissime armi israeliane, senza praticamente alcuna perdita, nella valle della Bekaa nel 1982.

Altra questione è quella dei numeri puri e semplici. Non era nemmeno sorta la NATO, nel 1949, che già si tremava al pensiero delle orde sovietiche. La stima che si faceva allora era di 175 divisioni sovietiche pronte ad invadere l'Europa. Nel 1952, in una riunione a Lisbona il Consiglio atlantico stabiliva che per fronteggiare le 175 sovietiche occorrevano 96 divisioni occidentali. Pochi mesi dopo era già chiaro che un obiettivo del genere non sarebbe stato raggiunto: l'amministrazione Eisenhower dopo la Corea voleva ridurre le spese militari e gli alleati europei preferivano di gran lunga investire nella ricostruzione. Nel frattempo gli scienziati del Pentagono erano riusciti a mettere a punto delle armi atomiche piccole e maneggevoli, battezzate "tattiche" e subito spedite da noi. Fu grazie a questo complesso di circostanze che nacque il mito delle armi nucleari NATO come unico rimedio a un "incolmabile" divario convenzionale. Va chiamato mito a buon diritto, perché resiste malgrado il fatto che tutti i pr

esupposti sui quali é sorto o sono profondamente mutati, o si sono rivelati errati.

Tanto per cominciare le 175 divisioni, scoprì uno studio dell'amministrazione Kennedy, non erano nemmeno la metà: la NATO era già perfettamente in grado di tenere loro testa. Come se non bastasse tutto ciò, negli stessi anni avveniva lo scisma cinese e i sovietici erano costretti ad allocare un buon numero delle loro forze al teatro asiatico, distogliendole così da quello europeo - situazione da allora immutata. Infine l'arsenale nucleare sovietico è cresciuto, rispetto agli anni '50, talmente tanto da impedire alla NATO di usare impunemente le armi atomiche, tattiche o strategiche che siano, per difendersi: Mosca è da tempo in grado di rispondere colpendo sia gli Stati Uniti che l'Europa.

La situazione odierna conferma quello che era già chiaro all'inizio degli anni '60, e cioè che non esistono nei rapporti di forza convenzionali tra NATO e Patto di Varsavia squilibri tali da incoraggiare avventure militari. Ad esempio nei circoli atlantici l'obiettivo delle 96 divisioni NATO fissato a Lisbona viene ancora citato come prova delle carenze occidentali. E' invece una prova del contrario, perché tale obiettivo era così qualificato: 96 divisioni in tutto, di cui circa la metà pronte al combattimento. Di queste ultime, 25-30 nel settore chiave della difesa alleata: il fronte centrale tedesco. Bene, oggi la NATO schiera in quel settore 26 divisioni, senza contare le tre divisioni francesi GIA' in Germania e le altre sette in Francia che potrebbero rapidamente raggiungerle.

Chi insiste sulla "schiacciante" superiorità sovietica, di solito punta il dito sul fatto che il Patto di Varsavia schiera sul fronte centrale ben più delle 36 divisioni occidentali: sono infatti 56, pronte al combattimento. Tuttavia le unità orientali hanno in media un terzo degli uomini in meno. Tradotto appunto in numero di uomini, il vantaggio è un magro 7 a 6 - poca cosa se si tiene conto che un attaccante per essere sicuro deve contare almeno su un 3 a 1 in proprio favore. Ancora: i carri sovietici sono certo molto più numerosi, ma sono per metà obsoleti. Quelli della NATO sono quasi tutti dell'ultima generazione. Gli aerei tattici del Patto sono il doppio di quelli NATO, ma hanno un carico bellico complessivo da due a sette volte inferiore. La superiorità navale americana è schiacciante: al punto che i piani della U.S. Navy prevedono di sbarazzarsi presto della flotta sovietica e sostenere la battaglia terrestre.

5. EFFETTI OPZIONE ZERO SU SPESE MILITARI PAESI NATO

In sintesi, c'è una situazione di sostanziale equilibrio militare COMPLESSIVO tra est e ovest. Una situazione che oltre a farci guardare più che serenamente a misure di disarmo nucleare, deve tradursi presto in misure di disarmo CONVENZIONALE In mancanza di queste sarebbe meglio mettere in pratica misure modeste, ma utili, che migliorerebbero la difesa occidentale senza apparire offensive a Mosca: aumentare le riserve di munizioni, l'addestramento etc.

La necessita', da alcuni sostenuta, a prescindere dall'opzione zero, di potenziare la difesa convezionale puo' comportare l'aumento dell'impegno militare dei paesi Nato. Questo maggiore impegno tende, nel dibattito italiano, ad essere appiattito sulla necessita' di aumentare spese militari. Ad esempio Stefano Silvestri, vicepresidente dell'Istituto affari internazionali, ha sostenuto su PANORAMA del 10 maggio che sarebbe necessario il raddoppio del bilancio della difesa. Anche gli Stati maggiori, secondo quanto affermato dal ministro della Difesa Remo Gaspari, vorrebbero avere maggiori finanziamenti. In particolare vorrebbero circa 3mila miliardi l'anno in piu' per l'acquisto di armi per i prossimi dieci anni. Ma questo aumento non e' ritenuto necessario da alcuni autorevoli esponenti della Nato. In un'intervista al CORRIERE DELLA SERA del 3 giugno, il presidente del Comitato militare della Nato gen. Wolfgang Altenburg, afferma che l'aumento del 3% dei bilanci deciso dalla Nato nel 1978 e' "adeguato" a garan

tire il potenziamento convenzionale. L'Italia ha piu' che onorato quell'impegno, arrivando nel 1985 ad una spesa militare superiore di circa 5mila miliardi all'aumento del 3%.

L'aumento dei bilanci della difesa e' solo una delle scelte possibili. Invece che puntare sull'aumento dell'INPUT finanziario, si potrebbe ad esempio lavorare sulla massimizzazione della resa degli investimenti fatti, attraverso varie misure. Secondo il generale Altenburg, piu' che aumentare il livello della spesa militare, si trattarebbe di modificare "la struttura" dei bilanci. Una struttura "ideale" consisterebbe in 40% di stipendi, 27% di investimenti e materiale, 4% di ricerca e 29% per l'addestramento. In Italia invece le spese per il personale, nei rendiconti dei bilanci della Difesa, sono corrispote nel 1984 al 55% del bilancio; quelle per armi al 31%. Ed e' l'addestramento a risultare schiacciato tra gli interessi corporativi dei militari di carriera e delle industrie belliche.

Diverse misure di massimizzazione degli investimenti di bilancio possono essere pensate. Migliaia di miliardi (6mila nel 1984) fanno parte di residui in continua ascesa, segno dell'incapacita' amministrativa e pianificatrice dell'amministrazione. Il terreno delle commesse militari e' dominato dalla capacita' di pressione delle industrie belliche, dall'incapacita manageriale dei militari, dal feticismo tecnologico di tutti e due. Il risultato e' una lievitazione dei costi al di fuori di ogni controllo gestionale e contrattuale, in un regime privo del meccanismo equilibratore della concorrenza. Le misure di razionalizzazione che si potrebbero prevedere sono diverse. Le forze del parlamento potrebbero introdurre meccanismi di regolazione, vincolando l'approvazione del bilancio all'impegno del ministro di vinco-lare una percentuale definita (50%) delle spese per armi a coproduzioni europee. Le forze di governo potrebbero, ad esempio, introdurre pratiche manageriali nella difesa. Un modo sarebbe quello di sostitu

ire parzialmente i militari nella gestione amministrativa delle commesse militari. Si potrebbe (come in Gran Bretagna) affidare il ruolo di direttore generale degli armamenti ad un'industriale civile di successo, dandogli la possibilita' di utilizzare collaboratori esperti. Si potrebbe (come negli Stati Uniti) introdurre la regola della doppia committenza obbligatoria per i prototipi di sistemi d'arma, magari allargata a livello di cordate europee. Questa soluzione ha dato buoni risultati negli Stati Uniti.

In sintesi non c'e' necessita' di aumentare il bilancio della difesa, ma c'e' molta necessita' di spendere meglio per produrre piu' sicurezza.

 
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