di Gianfranco SpadacciaSOMMARIO: A partire dalla decisione del 34· Congresso di Bologna che impegna il Partito radicale a non partecipare più, in quanto tale, alle competizioni elettorali, l'autore propone ai singoli radicali la costituzione di un »centro di iniziativa per liste di unità civica, ecologista e riformatrice che abbia come interlocutori laici e socialisti, verdi ed ecologisti, e non escluda gli stessi comunisti.
(Notizie Radicali n· 51 dell'11 marzo 1988)
La decisione presa dal Pr all'ultimo congresso di Bologna di trasformarsi in partito transnazionale ha reso obbligata ed esplicita anche un'altra scelta: quella di non presentare più in Italia, in qualsiasi tipo di elezione, liste di partito.
Può sembrare strano che nessun politologo, nessun serio opinionista abbia colto questo aspetto della mozione congressuale, che non comporta abbandoni o fughe, ma che al contrario offre una opportunità -per i radicali, ma anche e soprattutto per i non radicali che intendono operare per la riforma del sistema politico-, un terreno di possibile iniziativa. Non mi sento tuttavia di rimproverare a osservatori attenti e intelligenti come Orazio Petracca, Piazzesi e Galli della Loggia di non avere colto un elemento che era difficile rintracciare nei servizi dei cronisti e degli inviati dei loro giornali, pieni invece delle cronache di Cicciolina e del preteso parricidio o del regicidio di Pannella, ad opera di Bruti ormai attaccati al loro italico potere (come se questo potere non derivasse dalle elezioni e dalla partecipazione alle elezioni).
Come i compagni che hanno partecipato al congresso radicale sanno, sono fra coloro che in quella sede hanno molto insistito su questo aspetto delle scelte congressuali e che si sono battuti (in dissenso, in questo si, proprio con Marco) perché esso fosse presente, esplicito, laicamente intellegibile, anche nella mozione congressuale. E così è stato. Dice la mozione, a questo riguardo: »Il Partito radicale nel momento in cui decide di rinunciare anche e in primo luogo in Italia alle competizioni elettorali, consegna ai radicali la responsabilità di perseguire con il massimo di iniziativa la promozione di nuovi soggetti politici riformatori e di aggregazioni politiche ed elettorali capaci di prefigurare una forza laica di alternativa che possa governare la trasformazione democratica delle istituzioni . E' bene ha fatto il Primo segretario del partito nella sua prima Tribuna politica a sottolineare che se »il Partito radicale in quanto tale non parteciperà alle competizioni elettorali , questo non solo non deve
comportare necessariamente assenza di iniziativa e di presenza elettorale dei radicali, ma al contrario può comportare la cessazione della lunga astinenza obbligatoria cui, per le proprie scelte, il Pr ha condannato i propri iscritti e militanti, per esempio nelle elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali.
Ma allora le domande che ci si deve porre sono: quale iniziativa politica deve essere presa sul terreno elettorale? Dobbiamo aspettare che siano altri a prenderla, o è preferibile che lo facciano i radicali? Si deve preferibilmente puntare ad un indirizzo unitario e tendenzialmente ad un'unica scelta, o sono ipotizzabili scelte diverse? E se i soggetti politici e le nuove aggregazioni di cui parla la mozione stentano a realizzarsi, sono ipotizzabili liste promosse o patrocinate da soli radicali o soprattutto da radicali? Con un partito che si è tirato fuori (la scelta elettorale non lo riguarda), tutto può essere abbandonato allo spontaneismo dei singoli o, nella migliore delle ipotesi, di associazioni o gruppi radicali?
Avrei preferito rispondere a queste domande magari in seguito a qualche iniziativa, a qualche proposta, proveniente dall'interno di altre forze politiche, o a qualche sollecitazione e positiva provocazione di qualche commentatore e opinionista. Poiché tuttavia, allo stato, dalle altre forze politiche, anche le più »nuove (le proposte più interessanti e l'atteggiamento più aperto fino a questo momento sono venuti dai due deputati demoproletari, Tamino e Ronchi, in minoranza nel loro partito) non dobbiamo attenderci novità significative, e poiché opinionisti e commentatori non hanno avuto fino ad oggi la possibilità di riflettere su questo aspetto delle nostre scelte, riprendo a ragionare ad alta voce, e mi permetto di avanzare a coloro che siano eventualmente interessati a questo ragionamento -radicali e non- una modesta proposta.
Sul terreno elettorale, quella del Partito radicale deve essere considerata come una sorta di »disarmo unilaterale , con l'avvertenza che siamo non dei pacifisti rinunziatari, ma dei nonviolenti attivi, che quindi l'iniziativa politica può e deve essere portata avanti in altra forma e con altre armi che quelle delle liste di partito.
Io vorrei escludere operazioni banali di travestitismo elettorale (il partito non si presenta, ma si presentano liste radicali). Ed escludo anche, allo stato dei fatti, operazioni di confluenza meccanica in altre liste -per esempio nelle liste verdi o nelle liste socialiste. Siamo interessati ad iniziative politiche: siamo interessati a contribuire a dar vita sul terreno politico ed elettorale a degli elementi, magari circoscritti, di novità, non a collocazioni elettorali in questa o quella lista. Oltre tutto, nella nostra storia, abbiamo dimostrato che quando abbiamo voluto rappresentanze elettive ce le siamo dovute conquistare, senza dover attendere che altri ce le regalassero.
Per quanto mi riguarda io sono interessato ad un'iniziativa politica, che punti alto e che sia coerente con le proposte che abbiamo fatto per la riforma del sistema politico e le semplificazioni degli schieramenti politici ed elettorali (riforma uninominale anglosassone per le elezioni politiche; elezione diretta del sindaco ed elezioni maggioritarie per le elezioni amministrative). Sono quindi interessato, a bocce ferme, ad una iniziativa politica che punti a liste di »unità civica, laica, ecologista e riformatrice ; una iniziativa che abbia come interlocutori laici e socialisti, verdi ed ecologisti, e non escluda gli stessi comunisti; una iniziativa che, ancorandosi alle autonomie locali e regionali, sia anche capace di dare una risposta positiva alle spinte municipaliste che si manifestano ovunque (e quindi liste innanzitutto di unità civica, non partitocratiche, ma aperte alla realtà sociale e civile e alle sue più significative espressioni).
D'altra parte se sono convinto che non si passerà dall'attuale partitocrazia a una vera democrazia senza avere il coraggio di riformare la Costituzione o almeno il sistema elettorale, è anche vero che non è pensabile che una radicale riforma del sistema politico possa essere perseguita solo attraverso operazioni di ingegneria istituzionale ed elettorale e senza che queste siano precedute e accompagnate da vasti e profondi processi di rinnovamento politico e da nuove forme di aggregazione e di unità.
Ci sono altri -radicali e non radicali- interessati a contribuire a dissolvere steccati partitici ed anche elettorali? Se ci fossero, e fossimo in molti, forse sarebbe opportuno costituire da subito un »centro di iniziativa per liste di unità civica, ecologista e riformatrice . Poi, quando le bocce saranno in movimento, vedremo come si saranno disposte, e potremo valutare il tiro successivo. Ma prima la politica, poi le elezioni.