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Calderisi Giuseppe - 29 aprile 1988
La nonviolenza è transnazionale
Giuseppe Calderisi

SOMMARIO: La nonviolenza è un tratto essenziale del Partito radicale nel suo approccio liberale rispetto allo Stato moderno, allo Stato Nazionale; e proprio in questo consiste la difficoltà dei radicali: se negli anni 70 lo Stato Nazionale, le leggi nazionali potevano essere l'interlocutore e l'obiettivo dei radicali, adesso le grandi questioni del nostro tempo esigono un interlocutore quantomeno europeo. Ma non esiste ancora una istituzione europea capace di produrre Legge su queste questioni, consentendo così lo scontro fra coscienza e stato sovranazionale.

(Atti del convegno "I radicali e la nonviolenza: un metodo, una speranza", Roma 29-30 aprile 1988)

Non mi censuro, per paura di essere un po' retorico, nel ringraziare chi ha organizzato questo incontro e Bandinelli che ha tenuto la relazione - perché credo sia stato un fatto veramente importante e cercherò di testimoniarlo in qualche modo, sia pure in piccola misura, con un contributo - sia per l'organizzazione del Convegno come anche poi per la stampa degli Atti, che credo sia nelle intenzioni degli organizzatori.

Credo che se Lorenzo ha esordito esprimendo la propria inadeguatezza rispetto a questa questione, credo che io debba partire con una manifestazione di inadeguatezza al cubo... certamente la sensazione è di vivere in questa stanza un dato di estrema, ma proprio totale minorità, sentendo la relazione di Angiolo e quanto ha detto Lorenzo che ha un po' ripercorso tutti questi anni; davvero credo che siano pochissime le persone che possono riconoscersi e non vivere come un dato di totale estraneità le cose che sono state dette.

Io condivido in pieno la relazione di Angiolo Bandinelli, non soltanto sulla nonviolenza ma proprio come dato essenziale del Partito radicale, come dato di comprensione della storia, della esistenza, dei motivi fondamentali del Partito radicale in quanto tale, del "Partito radicale della nonviolenza", come approccio liberale rispetto allo stato moderno: uno Stato - come diceva giustamente Angiolo - totalizzante, ma tanto totalizzante quanto assolutamente, ormai, impotente, e impotente in quanto Stato Nazionale.

E credo che in questo c'è una nostra grande difficoltà; può darsi che i nostri attuali problemi risiedono nella nostra incapacità, ma forse anche in una contraddizione in qualche modo obiettiva che abbiamo di fronte. Vale a dire che se negli anni settanta, rispetto alle battaglie quali il divorzio, l'aborto, i diritti civili, lo Stato nazionale poteva essere un interlocutore, per l'oggi Angiolo ad un certo punto - e giustamente, credo - si è posto il problema di chi sia la controparte del Partito radicale.

Negli anni settanta, rispetto a quei dati che volevamo far emergere, a quel rapporto fra dati di coscienza e Stato, che erano appunto divorzio, aborto, diritti civili, e che noi volevamo far emergere, l'interlocutore erano lo Stato nazionale e le leggi nazionali: e attraverso quelle leggi, o attraverso la contestazione di esse, o l'esercizio della disobbedienza a quelle leggi, noi potevamo tentare di affermare nostri valori, nostri dati di coscienza. Ma adesso, rispetto alle questioni che sempre più non possiamo non porre, che sono le grandi questioni della nostra epoca - lo sterminio per fame nel mondo, le questioni dell'ambiente, le questioni del governo dell'economia, le questioni del Diritto, della democrazia politica, della certezza del diritto, - noi abbiamo dei problemi che non a caso non riescono, e non possono forse, realizzarsi nell'ambito degli Stati nazionali: perché se lo Stato nazionale è un contenitore inadeguato, incapace di risolvere i problemi del nostro tempo, è evidente che a maggior rag

ione non può essere il contenitore, lo strumento per l'affermazione della democrazia politica, e della certezza del diritto.

E quindi il problema, il circolo vizioso nel quale ci troviamo è proprio questo, che siamo alla ricerca di un interlocutore; stiamo noi stessi, in questo momento, cercando di costruire il nostro interlocutore, la dimensione quanto meno europea che possa essere legge europea, che possa poi divenire il nostro interlocutore: il soggetto, il nuovo Stato, la dimensione, rispetto alla quale porre i nostri problemi. E' una difficoltà enorme spaventosa. Questo è il dato di estrema contraddizione: ci troviamo in grave difficoltà perché, appunto, non c'è legge europea sulle varie questioni che noi poniamo, non esiste una legge da poter contestare, su cui esercitare la disobbedienza civile, su cui fondare questo scontro fra coscienza e Stato di cui parlava Bandinelli.

E, rispetto a questo dato di difficoltà obiettiva, quali proposte avanzare? L'unica dimensione in qualche modo adeguata è la contestazione, tout court, della dimensione nazionale, del "patto sociale" nazionale; e quindi l'unico strumento nonviolento sarebbe forse il contestare il pagamento delle tasse allo Stato nazionale: non pagare le tasse non per evaderle, ma per magari devolverle - tanto per dire una fesseria - alla Comunità Europea. Mi rendo conto che è uno strumento inadeguato, perché poi bisogna vedere come, dove, perché attuare una simile idea: io non lo so quale strumento sarebbe adeguato, ma certo è questo il limite estremo a cui siamo giunti.

Ecco, io volevo solo fare questa considerazione, non so quanto adeguata, non so quanto aggiuntiva rispetto agli interventi che ci sono stati e che mi sembra abbiano già coperto praticamente tutti gli aspetti del problema, almeno per quel che mi riguarda.

Quindi non mi sento di aggiungere altro, se non questa considerazione che ho espresso e che mi sembra fosse necessario fare.

 
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