Radicali.it - sito ufficiale di Radicali Italiani
Notizie Radicali, il giornale telematico di Radicali Italiani
cerca [dal 1999]


i testi dal 1955 al 1998

  RSS
gio 28 mar. 2024
[ cerca in archivio ] ARCHIVIO STORICO RADICALE
Archivio Partito radicale
Stanzani Sergio - 20 luglio 1988
Relazione del segretario del Pr al Consiglio Federale di Grottaferrata del 20-24 luglio 1988

SOMMARIO: Il cambiamento del simbolo del Pr dalla rosa nel pugno all'effige di Gandhi; la crisi economica e finanziaria che sta affrontando il Pr; l'andamento delle iscrizioni; il progetto degli "Stati Generali dei Popoli Europei"; l'azzeramento delle attività programmate e una campagna di iscrizioni e di autofinanziamento quale unica possibilità per proseguire le iniziative radicali, tra le quali quelle per gli Stati Uniti d'Europa, per i diritti umani nell'Europa centrale e orientale, per un convegno su Israele e la questione mediorientale, per la salvezza della fascia di ozono, per l'antiproibizionismo.

Care compagne e cari compagni,

Il simbolo

Consentitemi di iniziare con un richiamo del tutto personale e che a mio avviso ha e mantiene il suo significato attuale in relazione ad un aspetto importante per il partito: il simbolo.

Il termine Compagni

All'inizio, per anni, il rivolgermi a coloro i quali mi univa il comune impegno politico col termine "compagni" non solo mi procurava un certo imbarazzo, ma anche non poco fastidio.

Era come se l'uso del termine costituisse da parte mia una indebita appropriazione di sentimenti, di vicende e anche di valori che mi erano in gran parte estranei ed era anche come se con questo termine si ponesse una limitazione all'enorme carico di speranze, non tutte meditate, forse in parte inconsapevoli, certo poco organizzate, che tuttavia allora alimentavano, arricchivano, sostenevano e sospingevano il mio impegno civile politico. Figuratevi che, allora, a quell'imbarazzo, a quel fastidio, mi era di sollievo il ricordo degli anni di scuola, quando, tra contraddizioni oggi impensabili, l'età, e solo quella, mi rendeva tuttavia possibile, superando contrasti a prima vista insormontabili, stringere intese o favorire contrapposizioni capaci di originare compagnie durevoli ed anche amicizie durature, vere e profonde.

Oggi, da tempo, l'uso di questo termine fa, invece, rivivere in me quell'antico carico di speranze e mi consente, o quanto meno mi aiuta a stabilire un più immediato rapporto di verità e di fiducia.

La "rosa nel pugno"

Un processo analogo, anche se meno profondo e più rapido,ho vissuto quanto il partito prese la decisione di cambiare il proprio simbolo e adottò la "Rosa nel pugno": non vi è alcun dubbio che la Rivoluzione Francese - anche se così lontana nel tempo - era per me espressione di valori, di vicende, di esperienze più vicine di quanto non volesse già allora significare ed esprimere l' "offerta della rosa". Di quella rosa che è oggi espressione di quanto mi è più proprio e più caro.

L'"essere parte" di questo partito

L'aver vissuto, in modo così contradditorio momenti pur tanto significativi della storia di questo partito, del mio partito, di quel partito di cui sempre ho fatto parte, senza per un attimo porre in dubbio di esserne parte - non so se e quanti altri si riconoscano in questo richiamo - ne pone in evidenza - a mio giudizio - la rara, incredibile capacità di intuire e prevenire l'evoluzione culturale e politica del nostro paese e del nostro tempo, anticipandone concretamente anzitutto con l'immediatezza espressiva dei termini e dell'immagine, la comprensione e la consapevolezza.

Il nuovo simbolo: "l'effige di Gandhi"

Io credo di vivere in condizioni analoghe la decisione che abbiamo preso di allentare il pugno per liberare la rosa e per accogliere l'emblema transnazionale che richiama in diciotto lingue l'effige di Gandhi: ritengo di essere, in questa circostanza, compagno - in compagnia - di molti di noi.

Ma è altrettanto vero che in me, oggi, è profonda e fondata la speranza di poter ancora una volta, noi tutti, tra non molto, vivere con legittimo orgoglio - avendo superato ciò che oggi può essere o apparire un dato di certezza - l'essere stati capaci di intuire, prevenire ed affermare un'altra esigenza del nostro tempo: il primo partito transnazionale.

E' con questa consapevolezza, con l'antico carico di speranze, compagne e compagni, in un rapporto diretto ed immediato di verità e di fiducia che saluto insieme a tutti voi il nuovo simbolo del partito che la commissione designata del Consiglio Federale a Madrid ha scelto entro il termine da voi stabilito e che ha avuto nel presidente Bruno Zevi uno stupendo esempio di intelligenza, di volontà, di tolleranza, oltreché di fiducia e di speranza.

Compagne e compagni,

non so se sarà possibile farvi avere tradotto compiutamente, prima dell'inizio della riunione del Consiglio Federale, quanto sto scrivendo. Ciò è dovuto a due ragioni, tra loro diverse, ma non meno importanti.

La prima è dovuta ai tempi tecnici necessari per assicurare, come più volte affermato, le relazioni con anticipo adeguato. Poiché è questa la terza volta che ciò potrebbe non avvenire e non vi è certo la volontà di disattendere gli impegni che ci competono, è necessario un attimo di ulteriore riflessione. Le nostre riunioni si tengono quest'anno, a seguito di quanto stabilito a Bruxelles, con intervalli di circa due mesi e mezzo; di norma i mesi dovrebbero essere due. Per fare avere presso la residenza dei componenti il Consiglio le relazioni in anticipo, queste dovrebbero essere pronte per la traduzione, almeno dodici giorni prima dell'inizio delle riunioni; ciò comporterebbe di predisporle almeno diciassette e più giorni in anticipo: condizione questa a mio avviso impraticabile; la tempestività e la attualità politica lo precludono. In condizioni normali è possibile far trovare all'inizio delle riunioni le relazioni e gli altri eventuali documenti essenziali tradotti in francese ed in inglese o, quanto

meno, una loro sintesi. Ripeto in condizioni "normali", tra virgolette, come quelle che hanno consentito - secondo quanto richiesto dalla relazione approvata a Madrid - l'immediata pubblicazione in Italia ed entro un mese in altre quattro lingue (francese, inglese, polacco e spagnolo) della relazione sullo "stato del partito".

A questo proposito interviene la seconda ragione che può determinare in questa occasione l'impossibilità di rispondere a quest'indiscutibile esigenza: purtroppo non siamo, compagne e compagni, in condizioni normali, pur dando a questo termine il significato della "nostra" normalità che, tra tante diversità, in qualche modo esiste e deve esiste.

Attraversiamo un momento di straordinaria gravità

Il momento che attraversiamo è di straordinaria, eccezionale gravità.

Io lo vivo e l'ho vissuto in condizioni angosciate ed angoscianti, tali cioè da non essere stato, e forse di non essere tutt'ora di aiuto a me stesso e a quanti con me vivono giorno per giorno l'attività del partito.

Tant'è che questa che vi presento non è una relazione, ma un intervento. Sono cioè considerazioni e note scritte di getto senza quella riflessione meditata e quell'organizzazione che esigono - a mio avviso - un atto importante e responsabile com'è e deve essere quello di riferire a voi, in questa sede, sulla situazione del partito.

La situazione economico-finanziaria è peggiorata

A Madrid, Paolo Vigevano ed io, nel relazionarvi sullo stato del partito, abbiamo prospettato una situazione economica e finanziaria che era già grave. Nel complesso, il disavanzo relativo al 1988 era previsto in circa 450 milioni e l'andamento finanziario preannunciava un punto di crisi per i mesi estivi ed io avanzavo il timore che il partito potesse venire a trovarsi nell'impossibilità di tenere questa riunione del Consiglio. Siamo riusciti ad evitare quest'evenienza, ma la situazione è nel complesso molto peggiorata:

- la previsione di spesa nell'anno è aumentata di oltre un miliardo (da 3.734 a 4.806 milioni);

- la previsione delle entrate è diminuita di quasi 300 milioni (3.300 a 3.020 milioni);

- il disavanzo è passato da 434 a 1.786 milioni;

- la disponibilità finanziaria prevede una carenza di ben 166 milioni alla fine di agosto.

Perchè ci troviamo di fronte a questa situazione così peggiorata?

Le spese sostenute e non previste a Madrid

Anzitutto perchè da Madrid ad oggi abbiamo sostenuto spese allora non previste, dovute: per 70 milioni alle pagine acquistate su "Le Monde" e "Frankfurter Algemeine", in occasione del vertice di Hannover; per 600 milioni alle anticipazioni fatte dal partito per le spese elettorali sostenute dalle liste presentate dai compangi per le elezioni amministrative in Italia, prima a Catania e poi a Trieste e in Friuli-Venezia-Giulia; per 30 milioni allo studio per la realizzazione dei nuovi simboli del partito.

La diminuizione delle entrate

Poi, la diminuzione delle entrate, dovuta all'andamento delle iscrizioni e dei contributi, che risulta essere nettamente inferiore al previsto (da 767 a 345 milioni).

A tutto il 16 luglio gli iscritti erano in totale 4.523 (dei quali 50 non residenti in Italia), con un aumento dal 26 aprile di 647 (dei quali 120 non residenti in Italia); complessivamente dall'8 gennaio - ultimato il Congresso - i nuovi iscritti sono stati 1.923, dei quali 217 non residenti in Italia.

Paolo Vigevano interverrà poi per completare questi dati, fornirne altri, con maggiori dettagli e più ampie ed accurate delucidazioni.

A me preme qui fare poche considerazioni e trarre una prima conclusione.

Il vertice di Hannover

La prima considerazione è relativa ad Hannover: non dovevamo forse cogliere quella occasione per assicurarci una presenza significativa tale da colpire, per quanto possibile, con la massima diffusione, l'opinione pubblica di quei due paesi? Non dovevamo presentare loro la nostra iniziativa - quella, tra l'altro, scelta come prioritaria dal nostro programma - sottolineando in tal modo gli indubbi e per certi aspetti straordinari risultati conseguiti? Personalmente ritengo fosse necessario e sarebbe stato un errore comportarci diversamente. Quello di cui mi rammarico è che non sia stato possibile, per l'aggravata situazione del partito, non cogliere l'occasione di acquistare un'altra pagina su gli stessi quotidiani al fine di manifestare il nostro sdegno per la colpevole indifferenza dimostrata dai 12 capi di Governo verso la deliberazione solenne del Parlamento Europeo, che costituisce un vero e proprio affronto, nei confronti di un consesso che è e rimane pur sempre espressione diretta della volontà popol

are. Ma questa mancata iniziativa non è che la prima grave conseguenza della condizione in cui si trova il partito.

L'onere sostenuto per le elezioni amministrative

La seconda considerazione riguarda l'onere sostenuto per le elezioni amministrative in Italia.

E' un argomento questo che suscita importanti riflessioni sul rapporto che il partito "in quanto tale" deve mantenere con i compagni che risiedono in questo paese e che possono e debbono mantenere la propria iniziativa nei confronti della specifica situazione politica in Italia anche nei momenti elettorali.

Le difficoltà sopraggiunte e le ripercussioni ed i ritardi da queste determinati, non mi consentono di affrontare l'argomento in termini adeguati.

D'altro canto è materia questa che rientra direttamente nella più complessa problematica aperta dalle decisioni di Bologna e che con la relazione presentata a Madrid abbiamo appena iniziato a considerare.

Mi limito quindi per ora a ringraziare quei compagni che con Marco Pannella hanno assunto l'iniziativa di presentare a Catania, come a Trieste ed in Friuli-Venezia-Giulia, in situazioni e condizioni molto diverse, liste di aggregazione civica, laica e verde, conseguendo a Catania una splendida affermazione diretta e a Trieste ed in Friuli-Venezia-Giulia un non meno importante successo, reso più significativo dal rapporto stabilito in questa circostanza con le liste verdi.

Per quanto riguarda l'aspetto specifico dell'ingente onere sostenuto - è allo stato ininfluente il dato tecnico dell'anticipazione - mi pare nella sostanza evidente l'impossibilità per il partito di rimanere estraneo all'iniziativa: è bene tenere presente anzitutto quanto in merito è contenuto nella mozione congressuale e, in secondo luogo, l'importanza determinante che tuttora riveste per il partito la situazione italiana.

Sull'entità dell'importo credo sia evidente che la soluzione peggiore sarebbe stata quella, una volta deciso l'intervento, di non farvi fronte per quanto indispensabile ad assicurarne il successo.

L'andamento delle iscrizioni

Una terza considerazione è relativa all'andamento delle iscrizioni, delle entrate a queste relative e dei contributi.

Si tratta di un andamento del tutto inadeguato e insufficiente, che ci ha indotto a Madrid a prendere atto dell'impossibilità di conseguire gli obiettivi fissati nella mozione: a Madrid vi era tuttavia la convinzione che le iniziative in corso e quelle previste ci avrebbero consentito di mantenere un andamento che se non ci permetteva di effettuare il salto ipotizzato a Bologna per poter insediare il partito transnazionale entro l'anno, avrebbe tuttavia posto in atto un progredire più cauto, ma sicuro e tale da garantire il compimento del programma ed il suo finanziamento. La preoccupazione maggiore era relativa ai tempi ed alle disponibilità di cassa.

Il progetto degli "Stati Generali dei Popoli Europei"

La nostra azione si è basata, nel primo semestre, essenzialmente sul progetto degli "Stati Generali dei Popoli Europei", secondo due direttrici, l'una volta alle istituzioni, l'altra agli iscritti, ai militanti, alla gente.

Nonostante i risultati ottenuti - li richiamo brevemente più oltre e comunque sono puntualmente riportati, passo dopo passo, dallo "scandenzario" in entrambe le direzioni, è mia opinione che il progetto non sia stato vissuto da noi, dal partito, come sufficientemente trainante, coinvolgente, in altre parole in modo adeguato al conseguimento degli obiettivi.

Indice evidente sono state le difficoltà incontrate nella raccolta delle firme in Italia sulla proposta di legge per il referendum consultivo ed anche per la raccolta di quelle sulle petizioni, queste ancora maggiori negli altri paesi.

Altro indice è, a mio parere fornito dallo sforzo continuo e pressante compiuto per assumere o promuovere altre iniziative in campi anche diversi da quello dei diritti umani, da noi prescelto tra le priorità del programma. Si è trattato di inizitive anche importanti e comunque condotte dai compagni con impegno e notevole successo, ma che non potevano, né credo volevano essere, di per sé, risolventi.

In altri termini, si è detto, è mancato l'equivalente dei referendum.

Qui si apre un discorso che è anche questo di ampia portata e che investe il metodo, l'essenza del partito:

- l'essere partito transnazionale comporta o no una diversa dimensione e cioè non solo estensione diversa, ma anche diverso spessore, una diversa qualità, che rende di fatto impraticabile il metodo d'individuare e scegliere un'unica battaglia, un unico obiettivo sul quale sia possibile concentrare e mobilitare tutte le risorse disponibili?

- l'essere partito transnazionale comporta o no tempi diversi, riflessione più approfondita ed azione più diffusa, continua e prolungata?

- l'essere partito transnazionale comporta una ricerca, una sperimentazione tutta e sola affidata all'iniziativa militante oppure non è dovuto anche a un diverso assetto e ad una più sistematica organizzazione?

Interrogativi di questo genere erano per me impliciti nelle conclusioni di Bologna, perché, diversamente, non vedo quali esitazioni o quali ragioni vi fossero per non consentire con la proposta di Marco e col porre direttamente ed esplicitamente in giuoco l'esistenza stessa del partito "nuovo", che diventa tale per non dover mutare in nulla.

E' evidente che interrogativi quali quelli or ora formulati (e molti altri se ne potrebbero proporre e li proporrò) erano in me ben presenti e, credo, lo fossero in altri.

Certo che stiamo pagando o gli errori commessi o l'incapacità di adeguarci alla nuova, ma diversa dimensione di cui necessita il partito che sia e voglia essere transnazionale.

Mi auguro che il Convegno al quale avremo preso parte quando saremo riuniti, possa fornirci qualche elemento per dare una risposta che io tuttora non sono in grado di dare.

E' stato ed è, questo, motivo di grande incertezza e personalmente anche di tormento, al punto di dover dire non solo di non aver trascorso giorni particolarmente felici, ma di poter affermare di non ricordare un periodo della mia vita così intenso ed anche così intensamente preoccupato.

Ritengo inoltre che, tenuto conto delle diversità di carattere, anche i compagni che con me hanno condiviso la responsabilità della decisione di Bologna e successivamente mi sono stati o mi sono vicini nel reggere il partito, non siano stati estranei alle incertezze ed alle preoccupazioni dovute a tali interrogativi.

Devo anche riconoscere che i tentativi fin qui fatti per adeguare il rapporto interno agli organi esecutivi ad una conduzione diversa, non hanno prodotto i risultati da me attesi.

In questo approccio ha influito l'esigenza da parte mia di modificare il rapporto tra primo segretario e componenti della segreteria, per renderlo più sistematico e consistente, più adeguato alle attuali necessità del partito.

Quest'atteggiamento, dovuto certamente anche ad altre mie esperienze e a mie specifiche attitudini, non ha tenuto - forse - nel debito conto meccanismi, abitudini e convinzioni maturate in anni di esperienza di vita di partito, da me solo in minima parte conosciuti.

Tali esperienze rispondono in gran parte ad un modo di essere del partito che ha prodotto finora enormi risultati e che, quindi, prima di modificarlo, necessita di disporre di più attenta e maturata esperienza: e non è detto che non si debba poi riconoscere essere errato il tendere a modificarlo.

Non intendo con questo sottrarmi alla responsabilità di un andamento negativo, responsabilità che sono e restano mie, ma tra queste vi è anche quella di capire e poiché non ho la presunzione di poterlo fare da solo, vi è l'obbligo da parte mia di promuovere e sollecitare un processo collettivo di riflessione per favorirne la comprensione.

Una prima conclusione, relativa al "che fare"

Resta ora da trarre una prima conclusione che è relativa al "che fare".

Altre conclusioni sul rapporto tra la situazione attuale e le indicazioni emerse dallo stato del partito, tenterò di trarle alla fine di questo mio intervento, sempre che abbia il tempo necessario.

Preso atto, assieme al tesoriere, dell'aggravata situazione economica e finanziaria, è parso inevitabile ricorrere a soluzioni straordinarie.

L'azzeramento delle attività programmate

Ne abbiamo discusso in segreteria e l'esigenza di azzerare le attività programmate è apparsa inevitabile.

L'azzeramento delle attività deve evidentemente accomunarsi ad una tempestiva ed intensa campagna di autofinanziamento e di iscrizioni: è indispensabile raccogliere denaro per poter riprendere in misura solo rispondente ai risultati conseguiti della campagna, l'attività in programma. E' la sola possibilità che ci resta.

Si è trattato di una decisione indubbiamente sofferta e che non ha trovato tutti concordi sulle modalità di attuazione.

Voglio qui assicurare che l'aver scelto di partire comunque col giornale per comunicare e diffondere al più presto la situazione e lanciare la campagna senza attendere l'acquisizione di un primo nucleo di sottoscrittori di "chiara fama" e senza articolare in termini precisi e finalizzati la campagna, ripiegando sulla richiesta di aprire la sottoscrizione rivolta ai componenti i gruppi parlamentari e la segreteria, è stata una decisione non facile.

Ho ritenuto tuttavia essenziale partire comunque prima della fine del mese, per non compromettere con un ulteriore ritardo, la possibilità per l'iniziativa di porsi "a pieno regime" col rientro dalle ferie. Questa convinzione mi ha portato a sottacere legittime, ragionevoli e fondate preoccupazioni rivolte a garantire una partenza più forte ed adeguata.

Era necessario scegliere ed assumersi il rischio elevato del probabile errore e quello - certo non meno pesante - del possibile insuccesso. Mi è parso, in questa circostanza, doveroso e corretto farlo in solitudine, con molta attenzione, rispetto e gratitudine a chi ha espresso diverse preoccupazioni e diverse modalità di attuazione, che erano e sono state in me presenti, e certo non sono state trascurate.

L'intervento del tesoriere fornirà elementi più puntuali sulle alternative possibili in teoria e sui costi relativi alle attività e alle iniziative azzerate.

"Filoni" del progetto

Care compagne e cari compagni,

quali sono i "filoni" di questo progetto, che siamo stati costretti ad azzerare, considerata la gravissima crisi finanziaria che il partito attraversa?

Non potremo occuparci di "Stati Uniti d'Europa", di diritti umani e di democrazia in URSS e nei Paesi dell'Est, di pena di morte in USA, di azione politica quanto meno in Europa per combattere l'ozono e l'effetto serra, la desertificazione e la deforestazione, che insidiano l'avvenire del pianeta.

Non potremo occuparci di Israele e della questione palestinese.

Non potremo occuparci della crisi della Yugoslavia alle nostre frontiere, lavorando, come avevamo iniziato a fare, per indicare, per la sua soluzione, la strada maestra dell'adesione alla Comunità Europea ed alla democrazia politica.

Non potremo assicurare il lavoro necessario per consentire la nascita della grande Lega Internazionale contro il proibizionismo in materia di droga.

Non potremo dotarci degli strumenti minimi di comunicazione e di traduzione per attraversare le barriere linguistiche: il non attraversarle e superarle significa essenzialmente non attraversare e superare le barriere nazionali, per essere davvero, oltre le frontiere, partito transnazionale.

Non potremo raccontare, attraverso pubblicazioni monografiche, la storia di questo partito, come avevamo progettato di fare.

Il nostro metodo è sempre stato quello, care compagne e cari compagni, di misurarci con le cose, di "contare" i mezzi e le energie che avevamo a disposizione, di tener conto degli ostacoli e delle difficoltà che, di volta in volta, si frapponevano alla realizzazione degli obiettivi che ci ponevamo.

Allo stato dei fatti, il progetto di trasformare, attraverso quei "filoni" che ho richiamato, il Partito radicale nel primo partito transnazionale della storia politica europea, rischia di non riuscire a prender forma. I mezzi, le energie e le risorse di cui ora disponiamo sono assolutamente inadeguate alla realizzazione di quel progetto.

Il fallimento del "progetto": punto terminale della nostra vicenda

Dobbiamo prendere atto, dire e dirci, che il fallimento di quel progetto rischia di essere e di rappresentare il punto terminale della vicenda politica radicale: non possiamo infatti, noi, oggi, rinunciare ad un progetto che solo sei mesi fa, a Bologna, abbiamo ritenuto essenziale per l'avvenire del Partito radicale.

E' dunque impossibile, mi chiedo e vi chiedo, fondare e costituire il partito transnazionale dei diritti umani e della nonviolenza, il partito degli Stati Uniti d'Europa, del diritto alla vita e della vita del diritto?

Noi sappiamo che non una delle cose che abbiamo pensato e scritto, non una delle cose per le quali ed in forza delle quali abbiamo lavorato in questi mesi, è mutata. Oggi più che mai riteniamo necessaria questa "ragionevole follia", che sembra divenire impossibile. Oggi più che mai riteniamo che sia necessario costruire non alternative nazionali, ma alternative transnazionali, se vogliamo che la politica torni ad essere governo dei grandi problemi della nostra epoca e non mera gestione del potere e solo consumo dell'esistente.

Forse siamo ancora in tempo, care compagne e cari compagni, per impedire che tutto questo sia compromesso, che siano compromesse le nostre speranze.

Una grande campagna di autofinanziamento, di iscrizioni e sottoscrizioni

Non siamo in grado di fare i programmi che avevamo impostato. Ma possiamo impostare un'unica campagna, una campagna scadenzata, che conosca mete intermedie di qui al prossimo Congresso: una grande campagna di autofinanziamento, di iscrizioni e sottoscrizioni, in Italia ed all'estero, attraverso la quale e grazie alla quale consentire a questo partito di praticare un'"avventura" sicuramente difficile.

Dobbiamo convincerci che se non sapremo dotarci dei mezzi, delle risorse e delle energie necessarie, se non sapremo metodologicamente acquisire la consapevolezza che ricercare il denaro necessario per la realizzazione del progetto è un compito che spetta a tutti e a ciascuno, questo partito conoscerà presto, a tempi brevissimi, il momento esiziale della sua storia.

Attraverso questa grande campagna di autofinanziamento dobbiamo incanalare quei "filoni" di attività che abbiamo individuato come necessari e che consentirebbero, se attuati, di dare forma solida, concreta, alla nostra "ragionevole follia". Consentirebbero il coinvolgimento degli iscritti, di coloro che ci sono vicini e che ancora - e sono tanti - non hanno rinnovato l'iscrizione, di coloro che in Italia ed in Europa - ed anche questo fa parte delle nostre difficoltà, l'allargamento del nostro "raggio d'azione" - ci seguono e ci seguirebbero ancor più numerosi, se informati, se fossero informati, con interesse, a volte con amore.

Di questi "filoni", di queste cose che abbiamo in animo di fare, se ne avessimo la forza economica e finanziaria, vi fornirò ora un elenco, che non ha la pretesa di essere esaustivo, ma solo "descrittivo" delle nostre potenzialità, del nostro "progetto".

"Stati Generali dei Popoli Europei"

Nei sei mesi trascorsi, dando seguito alle indicazioni congressuali in merito all'impegno federalista per gli Stati Uniti d'Europa, abbiamo determinato, e forse non ne abbiamo acquisito ancora sufficiente consapevolezza, una serie impressionante di accadimenti.

A livello parlamentare, facendo approvare due risoluzioni: una dalla Commissione Esteri della Camera, sottoscritta da oltre 260 deputati e 120 senatori; l'altra - sotto forma di dichiarazione scritta - firmata da 205 parlamentari ed approvata dal Parlamento Europeo. A livello politico, ottenendo l'adesione ed il sostegno all'iniziativa dall'Ufficio di Presidenza dell'Unione Europea dei Federalisti. A livello popolare raccogliendo oltre 80.000 firme su due testi di petizioni, una rivolta al Parlamento italiano, l'altra al Parlamento Europeo. In più abbiamo contribuito in modo determinante ad ottenere le firme necessarie per il deposito di una proposta di legge d'iniziativa popolare - promossa insieme al Movimento Federalista Europeo - di un referendum consultivo sull'attribuzione di poteri costituenti al Parlamento Europeo, da tenersi contestualmente alle elezioni europee della prossima estate, mentre i deputati radicali al Parlamento Europeo parimenti si impegnavano per un'analoga iniziativa proposta dall

'intergruppo federalista.

Inoltre numerose e prestigiose sono state le adesioni di intellettuali e uomini di scienza e della cultura sul testo di un appello internazionale su questi temi che abbiamo redatto e che continua a circolare in vari paesi della Comunità.

Questa serie di accadimenti, non ha però impedito che al di là di un riferimento specifico del Presidente del Consiglio italiano al vertice di Hannover su questi temi, nulla sia stato deciso dal Consiglio Europeo del giugno scorso sul seguito da dare a queste pronunce parlamentari ed in genere a quest'istanza popolare. Ci si è scontrati con le resistenze pervicaci dei Governi e delle burocrazie nazionali.

Per proseguire la campagna per gli Stati Uniti d'Europa occorrerebbe il salto di qualità del partito, dell'organizzazione politica strumento della campagna, del partito transnazionale.

Bisognerebbe procedere caso per caso, paese per paese, per arrivare al prossimo vertice di Rodi del 2 e 3 dicembre con altre pronunce dei Parlamenti Nazionali e di personalità politiche illustri del medesimo tenore. Dovrebbe essere compiuta anche un'azione puntuale, cercando di aggregare non solo disparate adesioni sulla proposta radicale che come tale ha già il nostro imprimatur - ma forze politiche e singoli sull'idea stessa delle riforme istituzionali europee e sull'esigenza di un Parlamento costituente. Dovremmo far "scoppiare" le contraddizioni esistenti che attraversano orizzontalmente varie formazioni politiche e singoli parlamentari. La campagna imporrebbe di costruire un movimento di parlamentari nei vari paesi che operino come quelli italiani ed ottengano ciò che intanto in Italia si è ottenuto.

Ma per far tutto questo occorrerebbe: almeno un pubblicazione da far pervenire a tutti parlamentari nazionali dei paesi europei; la costituzione di centri d'iniziativa in tutte le capitali dei paesi membri della Comunità - o almeno nelle capitali di sei paesi, Belgio, Francia, Germania, Portogallo, Spagna, Grecia - al fine di contattare direttamente tutti i parlamentari, per tentare di superare e scavalcare i vertici dei partiti nei singoli paesi, al fine di ottenere l'indizione anche in altri paesi di un referendum sull'attribuzione di poteri costituenti al Parlamento Europeo: bisognerebbe inviare una seconda lettera ai parlamentari degli Stati membri della CEE, dopo quella spedita nel maggio scorso.

Sarebbe necessario "varare" al più presto queste iniziative, al fine di creare mobilitazione più di quanta siamo stati in grado di crearne in questi mesi.

Dovremmo forse inventarci strumenti d'iniziativa diversificati, paese per paese, considerarne le diversità - tra i paesi ed all'interno dei paesi - raccogliere interesse e sostegno su un'iniziativa "marcata radicale" che per vincere, come sempre nella nostra storia, ha bisogno che sia accolta e sostenuta anche da altri, dai più diversi da noi.

Nei vari paesi europei la situazione si può sinteticamente descrivere in questi termini.

In Belgio è stata svolta finora una gran mole di lavoro da parte dei compagni; oltre la metà dei parlamentari è stata contattata ed adesioni significative, anche di ministri, sono state ottenute. E' quindi possibile giungere all'adozione di un testo parlamentare in linea con la nostra proposta complessiva.

Forse la Francia è il paese che può dare i frutti più utili al lavoro complessivo: per il prestigio di cui gode la sua classe dirigente, da Mitterand a Giscard d'Estaing, che per primo ha proposto un "presidente dell'Europa", per il "bicentenario", per il fatto che assumerà nel luglio '89 la presidenza della CEE.

In Germania i contatti sono stati finora scarsi e poco produttivi, anche se in questo paese possiamo ora contare sull'impegno diretto e tenace di un nostro compagno. Se il presidente dell'Internazionale Democristiana Piccoli riprendesse e fortificasse il proprio impegno in questa direzione, sarebbe ancora possibile, ora che quel paese non ha più la responsabilità della presidenza CEE, far progredire l'idea nei settori più avanzati della Democrazia Cristiana. Sull'altro versante acclarata ormai la ritrosia dei "Grunen" a soluzioni federaliste europee, un "contatto" con Schmidt sarebbe vitale e propedeutico a qualsiasi sviluppo presso l'SPD.

Anche in Portogallo, con un maggior sforzo del partito di sostegno all'azione degli iscritti portoghesi, è pensabile quanto meno riproporre una serie di richieste di incontri con i partiti locali. Fin qui, in questo paese, l'iniziativa è stata fortemente caratterizzata dal "marchio radicale", ma è forse possibile coinvolgere altri gruppi, cominciando magari dal mondo della cultura e della scienza.

La Spagna è un paese decisamente ancora da "coltivare", profondamente. Ad una totale disponibilità di Allianza Popular, del partito di Adolfo Suarez e della stessa Isqierda Unida (il PC locale), si contrappone la diffidenza, per non dire l'ostilità a tutto ciò che emana dal PR, del PSOE di Felipe Gonzales, che a gennaio diverrà presidente del Consiglio Europeo. Malgrado un proficuo incontro che, come sapete, ho avuto nei mesi scorsi con Alfonso Guerra, numero due del Governo e del partito, la linea Baron nei confronti dei radicali sembra per il momento prevalere, al punto che crediamo di poter affermare con sicurezza che una mozione di Isqierda Unida sui temi europei è stata bocciata dalla Camera spagnola su monito socialista "di non farsi plagiare dall'iniziativa radicale". L'azione in questo paese non può peraltro prescindere dal partito di Governo, anche perché resta da verificare pienamente l'impegno degli altri partiti nazionali e la sua sintonia con quello dei deputati europei che sin qui ci hanno a

ppoggiato.

Proprio in Spagna sarebbe dunque efficace, se ne avessimo la possibilità, una campagna di raccolta firme, di contatti e di iscrizioni, proseguendo il lavoro svolto nei mesi trascorsi dai compagni.

La Grecia ha assunto il primo luglio la presidenza della CEE. Agli atteggiamenti "terzomondisti" dei primi anni, ha fatto seguito, nel Governo Papandreu, una maggiore coscienza europea.

Occorrerebbe provare ad avere un incontro al massimo livello per fomentare la riflessione e quanto meno per sensibilizzare la nuova presidenza della CEE ed eventuali iniziative di altri paesi.

In Olanda, nei mesi scorsi, sono stati presi alcuni contatti con rappresentanti di vari partiti, contatti che occorrerebbe approfondire.

Un investimento potrebbe anche essere fatto in Lussemburgo, pur considerando che il contributo di quel paese non può essere considerato determinante.

Gran Bretagna, Irlanda e Danimarca, restano invece, allo stato, delle incognite.

Tutto questo sarebbe necessario ed urgente "metterlo in piedi" prima della ripresa dell'attività dei Parlamenti nazionali; tutto andrebbe fatto entro settembre, o comunque, al massimo, entro l'autunno, perché si possa, forse, ancora tentare di convocare gli "Stati Generali d'Europa" nella ricorrenza del secondo centenario della Rivoluzione Francese, per una "nuova rivoluzione di civiltà".

Antitotalitarismo e diritti umani

Noi radicali abbiamo acquisito consapevolezza del fatto che il problema dei paesi totalitari è un problema di democrazia, di promozione di pluralismo politico ed economico. Abbiamo compreso che dall'Europa - un'Europa fondata nel suo divenire stato federale, sull'affermazione e la promozione dei valori di libertà, democrazia e giustizia, bisogna lottare insieme a coloro che si battono all'interno dei regimi autoritari.

Dovremmo procedere con la nostra opera sui refuznik come sugli ebrei di Siria.

Dovremmo poter intervenire sul vero e proprio genocidio dei magiari di Romania, dovremmo avere i mezzi per andare lì.

Dovremmo poter essere insieme a Solidarnosc e a Wolnosc i Pokoi più di quanto non siamo stati in questi anni di collaborazione stretta, costante, tenace, di affinità politica e democratica (saremo a Cracovia, a fine agosto, al convegno organizzato da Solidarnosc sul tema "Come promuovere i diritti umani oggi").

Dovremmo perseguire subito l'obiettivo dell'ingresso nella Comunità europea della Yugoslavia, di un paese nel quale pluralismo e democrazia costituiscono proposte centrali del confronto in atto all'interno del regime, di un paese le cui forti identità regionali-nazionali sarebbero in grado di rappresentare il necessario rafforzamento delle autonomie locali contestuale alla costituzione dello Stato Federale Europeo, perchè gli Stati Uniti d'Europa non siano affidati alla volontà di elites governative e burocratiche, ma a quella dei popoli, delle genti che vivono nelle terre europee.

Se ne avessimo i mezzi dovremmo produrre materiale stampato del partito per diffonderlo in Yugoslavia all'indirizzario di 15.000 nominativi che già possediamo. Dovremmo organizzare nel paese assemblee ed incontri pubblici, ancor più di quante sono state lì tenute in questi mesi.

Dovremmo poter tenere il prossimo costoso Congresso del partito in Yugoslavia, a gennaio, per far "scoppiare" le contraddizioni di quel regime e per esportare, rendendoli del tutto credibili, i valori della democrazia occidentale.

In occasione del ventennale dell'invasione della Cecoslovacchia dovremmo concepire un'azione, che sia non solo di testimonianza e di ricordo, ma che sia soprattutto efficace.

Dovremmo organizzare a Mosca un grande convegno di verifica, un grande dibattito sulla democrazia, sulla libertà, sul pluralismo politico, sociale economico. Un confronto ad alto livello di personalità democratiche e studiosi occidentali con personalità del dissenso, dell'opposizione democratica e refuznik in URSS, nonché eventualmente, con rappresentanti dell'ufficialità sovietica. Se riuscissimo a fare questo, per la prima volta si svolgerebbe in URSS un libero confronto sui diritti umani e la democrazia non organizzato dal regime o dai dissidenti, tra voci rappresentative dell'Ovest e dell'Est sugli specifici punti che possono segnare un mutamento autenticamente democratico del sistema sovietico.

Dovremmo consentire la diffusione, attraverso un'agenzia settimanale transnazionale, di quanto viene prodotto clandestinamente all'Est. Solo un'agenzia di questo tipo potrebbe garantire una crescita delle nostre possibilità di rapporti con mass media, intellettuali e politici.

Per questo progetto allo stato ci sono due ipotesi:

a) potremmo "curare" un inserto di otto pagine ospitato da un settimanale italiano e da un settimanale francese.

Questa formula comporterebbe solo il contenuto di "Express Kronika" e qualche recensione di altre riviste non ufficiali, tipo "Glasnost" e "Referendum".

b) potremmo invece creare un'agenzia autonoma, composta di due tronconi. Il primo sarebbe costituito dalla traduzione di "Express Kronika", ma anche riassunti di testi di "Glasnost", "Referendum" e di altre riviste non ufficiali, così come di notizie per noi di particolare importanza e non riprese dalla stampa occidentale. Il secondo troncone sarebbe costituito dalle notizie che riguardano la campagna per gli Stati Uniti d'Europa.

Sul piano dei diritti umani, dovremmo urgentemente costituire un "Osservatorio parlamentare per l'iniziativa sui diritti umani" che sappia non solo informare, ma rendere politico, "caldo", ogni episodio di violazione.

Israele

Se ne avesse la forza, la forza economica e finanziaria, questo partito dovrebbe urentemente convocare a Parigi un grande convegno, una sede finalmente di confronto non superficiale sulla questione mediorientale.

Un confronto che abbia come temi il ruolo dell'Europa e quello di Israele e la creazione di uno Stato palestinese democratico.

La soluzione del problema palestinese non può avvenire senza il coinvolgimento dell'Europa, senza la caduta del Governo Shamir-Rabin e senza, soprattutto, l'adesione, di Israele alla comunità. Solo l'Europa può essere la garanzia per i rapporti tra Israele ed il costituendo Stato democratico palestinese, e tra questo e la Giordania.

Occorrerebbe un grande confronto per salvare il medioriente da quello che è un sostanziale tragico stallo. Un dibattito non scontato, che superi la scontatezza che su questo tema dilaga ed è imperante. Un dibattito che sappia quindi imporre il problema dei diritti umani degli arabi e dei palestinesi, non solo quando sono violati dal Governo israeliano e che sappia dare voce a quanti in Israele anche con atti di disobbedienza civile - pensiamo ai 120 militari che si sono in questi giorni rifiutati di portare le loro armi nei territori occupati - non condividono le scelte del loro governo.

Dovremmo convocare la prossima riunione del Consiglio Federale a Gerusalemme. Dovremmo avere innanzitutto i mezzi, le risorse finanziarie per poterci riunire lì, in Israele, così come siamo oggi, per portare in quel paese - che in quell'area di guerra è un'isola di stato di diritto, di democrazia politica, di cultura democratica maggioritaria - la voce dei radicali, cittadini d'Europa, che chiedono ad Israele di unirsi all'Europa ed a questa di unirsi ad Israele.

Macroecologia

Sul tema della salvezza della fascia di ozono il partito dovrebbe poter operare in Brasile come negli Stati Uniti.

Infatti ai problemi della fascia di ozono, della desertificazione e della deforestazione, non è possibile dare risposte nazionali. Le scelte, le opzioni che siano in grado di sconfiggere la "morsa mortale" che sta distruggendo l'aria, l'acqua, la terra del pianeta, devono essere di carattere non solo scientifico, ma politico, sovranazionale: è necessaria un'organizzazione politica non nazionale che le promuova.

Fin qui la campagna radicale in questa materia ha avuto essenzialmente obiettivi "interni", di superamento del "gap" di informazione della pubblica opinione e di recepimento delle pur inadeguate intese internazionali.

Questa fase si concluderà con la ratifica anche da parte del Senato del protocollo di Montreal ed auspicabilmente, in quella sede, dell'identico testo di "ordine del giorno" che impegna il Governo ad un preciso programma di azione interna e comunitaria proposto dal Partito radicale. Sapete anche, care compagne e cari compagni, che sul tema della salvezza della fascia di ozono il partito ha raccolto 60.000 firme su un testo di petizione, firme che verranno consegnate al presidente del Consiglio italiano. Sapete anche le iniziative, numerose, di questi mesi: marce, digiuni, manifestazioni in Italia ed in Europa, ultima quella del 14 giugno scorso a Bruxelles, in occasione del Consiglio dei Ministri della CEE.

La fase successiva è tutta da inventare e da costruire. Quel che ci manca, qui, come in altri casi, è la "forza contrattuale", la forza economica soprattutto, per lanciare un'iniziativa davvero transnazionale.

Potremmo puntare innanzitutto sull'autofinanziamento, dedicarci cioè, ad una ricerca sistematica delle aziende impegnate sulla produzione e la commercializzazione dei sostituti dei CFC e proporre loro iniziative non solo italiane su cui raccogliere contributi.

Potremmo eventualmente concordare con il Ministro dell'Ambiente italiano Ruffolo e con le aziende, un'azione europea del tipo "carovana per l'ozono": girare le capitali d'Europa e svolgere lì manifestazioni, incontri-stampa, distribuire lì materiale radicale. Dovremmo organizzare un convegno qualificato con partecipazioni internazionali ed il "punto" aggiornato della situazione dal punto di vista scientifico, dell'azione di Governo e sovranazionale.

Antiproibizionismo

L'iniziativa antiproibizionista, che al suo nascere era stata accolta come proposta folle e pericolosa, viene ora assunta come necessità urgente ed imprescindibile da amplissimi settori, della stampa, dell'opinione pubblica, del mondo politico.

Per fine novembre - inizio dicembre, dovremmo trovare un grande momento di confronto, a "livello planetario", a Madrid. Prima del convegno, a settembre, a Bruxelles, dovremmo essere in grado di tenere una riunione preparatoria, garantendoci un alto livello di presenza tecnico-scientifica e che dovrà servire come momento per lo sviluppo dell'iniziativa politica.

Il convegno di Madrid è già incardinato, al convegno sono già state assicurate decine di presenze prestigiose a livello internazionale, ma la sua attuazione è bloccata per assoluta mancanza del denaro necessario.

In questa materia vi è anche da ricordare l'iniziativa che il Cora - il Coordinamento Radicale Antiproibizionista - promuoverà in agosto sulla legge 685, che vieta la produzione e la coltivazione di canapa indiana e derivati.

Gli strumenti iscritti

La mozione del Consiglio Federale di Madrid prevedeva la costituzione di un comitato per lo studio e la realizzazione di un progetto di rivista del partito transnazionale.

Il progetto è stato per ora accantonato, per presentarne uno più ponderato ed adeguato entro il prossimo Congresso, mentre in segreteria si è deciso di varare un progetto editoriale di altro tipo: una serie di pubblicazioni, rivolte in particolare a lettori non italiani. Le pubblicazioni riguarderebbero i seguenti "segmenti" della storia del partito: "partito trasnazionale", il "Partito radicale dalla A alla Z", "radicali ed Israele", "droga", "Tortora e giustizia", "nonviolenza", "sterminio per fame" "Stati Uniti d'Europa".

I libri dovrebbero essere pubblicati possibilmente all'interno di una collana apposita, da case editrici italiane ed estere, con il concorso, nelle spese, del partito. La diffusione dovrebbe essere assicurata nelle librerie e attraverso iniziative di vendita del partito.

La tiratura dovrebbe aggirarsi sulle diecimila copie per l'edizione italiana e sulle cinquemila copie per le edizioni francesi, inglesi e spagnole.

Sarebbe bello mettere per iscritto e diffondere in tutt'Europa la nostra storia, la storia di questi trent'anni di vita del Partito radicale. La storia scritta e per immagini dei digiuni e della nonviolenza, delle marce antimilitariste e di quelle contro lo sterminio pe fame, la storia di questi dodici anni di presenza parlamentare, dura, intransigente, la storia dei 30 milioni di firme raccolte su 39 referendum, della politica fatta per la gente ed attraverso la gente, nelle strade, nelle piazze. La storia di persone tra loro diverse, anche profondamente, che in tutti questi anni hanno "coltivato", con tenacia e prudenza, la speranza di non farsi cambiare dalla politica come la vivono gli "altri"; la storia degli ergastolani e dei premi Nobel iscritti ad uno stesso partito, a questo partito.

La storia, care compagne e cari compagni, dell'unica forma organizzativa politica che sia riuscita a superare la concezione giacobina o affaristica o lobbistica del partito, per coniugare i principi di libertà con quelli del diritto e del "rispetto del giuoco democratico".

Sarebbe bello, certo, tutto questo. Non potremo farlo se non sapremo procurarci, collettivamente e ciascuno per la sua parte, il denaro necessario. Di quante centinaia di milioni di lire avremmo bisogno per tradurre, stampare e diffondere, magari con il concorso di qualche editore folle, questi racconti?

L'esame sullo "stato del partito"

Compagne e compagni carissimi,

era nostra intenzione, del tesoriere e mia, portare avanti in questa nostra riunione l'esame sullo "stato del partito" avviato a Madrid. Quanto intervenuto nel frattempo non ce lo consente. Credo comunque sia utile tentare di fare alcune osservazioni in merito, certo parziali, non approfondite ed organizzate.

A Madrid, alla domanda "Qual'è il partito che emerge da queste cifre?" davamo questa risposta: "Un partito che all'inizio del 1989 (al prossimo Congresso) potrà contare al massimo su 6.000 iscritti, dei quali non più di 1.000 residenti fuori d'Italia e con una capacità di autofinanziamento diretto di non più di un miliardo e mezzo".

Oggi, per raggiungere quel traguardo, dovremmo fare altri 1.500 iscritti, dei quali 500 non residenti in Italia, e questo è possibile.

Ma oggi sappiamo anche che quel traguardo, già considerato deludente, non può garantire il miliardo e mezzo di autofinanziamento: mancano almeno 300 milioni.

La ragione più rilevante di questa differenza è la seguente: coloro che si sono iscritti fino ad oggi, hanno corrisposto e stanno corrispondendo il minimo per acquisire la tessera, col risultato che l'entrata percepita dal partito è, nel complesso, inferiore a quella prevista.

Con altri 1.500 iscritti, quanti sono necessari per raggiungere la quota di 6.000, per recuperare questi 300 milioni dovremmo ottenere da ciascuno di essi compresi gli iscritti non residenti in Italia, un versamento di almeno 350 mila lire.

Se invece consideriamo versamenti in media sostanzialmente allineati sul minimo, per recuperare i 300 milioni sono necessari altri 3.500 iscritti, sempre compresi quelli non residenti in Italia: 2.000 oltre quelli previsti a Madrid.

All'inizio del 1989 dovremmo cioè essere 8.000 iscritti. Volendo tener conto degli iscritti non residenti in Italia, che versano mediamente somme molte inferiori al minimo della quota d'iscrizione per l'Italia, dovremmo riuscire a fare almeno 3.500 nuovi iscritti in Italia, da oggi al prossimo Congresso.

I termini del problema mi sembrano evidenti: raccogliere 300 milioni vuol dire sanare, rispetto al preventivo di Madrid, unicamente l'aspetto relativo alla diminuzione delle entrate. Per annullare l'azzeramento delle attività previste occorre recuperare anche i 700 milioni che mancano per le maggiori spese fino ad oggi sostenute.

Di conseguenza mi sembra necessario porci due obiettivi:

1) con la campagna di autofinanziamento dobbiamo anzitutto far comprendere la necessità di aumentare le quote di iscrizione, sia per i nuovi iscritti, sia per i compagni che già si sono iscritti, dobbiamo poi tentare di raggiungere per l'inizio del 1989 del 1989 la quota di almeno 3.500 nuovi iscritti in Italia, oltre a quelli da acquisire negli altri paesi.

2) ci dobbiamo mettere nelle condizioni di promuovere iniziative specifiche nell'ambito di ciascuno dei "filoni" che compongono la prospettiva da noi costruita, per assicurarne il finanziamento diretto ed autonomo.

Paolo Vigevano fornirà anche elementi più precisi per poter valutare l'onere di ciascuna iniziativa inserita nel nostro programma e azzerata per la crisi finanziaria che stiamo attraversando e per rendere possibile stabilire tra queste una priorità ed una precedenza, in relazione sia ai loro tempi politici e tecnici sia ai risultati che via via riusciremo ad ottenere attraverso la campagna di autofinanziamento.

Con riferimento alle elezioni amministrative tenutesi in Italia, vorrei qui rivolgere un particolare, diretto appello a quanti, compagni, simpatizzanti, cittadini, a Catania, a Trieste ed in Friuli-Venezia-Giulia, hanno seguito ed apprezzato l'iniziativa dei nostri compagni, contribuendo anche col voto al loro successo, perché vogliano sottolineare il loro apprezzamento e dare più forza a quel successo, iscrivendosi, aumentando le loro quote d'iscrizione o inviando il loro contributo al partito. Mi auguro altresì che quest'appello venga accolto da coloro che in quelle liste sono stati eletti.

L'ennesima sfida: la vogliamo raccogliere?

Care compagne e cari compagni, è questa l'ennesima sfida, la vogliamo raccogliere? la domanda non è retorica: la stanchezza, il senso delle difficoltà è grande, l'estensione del campo da coprire diviene necessariamente più vasto.

Ritengo opportuno, proprio nel momento in cui tutto è rimesso in discussione, anche l'esistenza stessa del partito, proporre alla comune attenzione un quesito che è relativo allo "stato del partito", così come l'argomento è stato introdotto e trattato a Madrid.

E' un quesito che - a mio giudizio - costituisce il nodo centrale di questa problematica. E' un quesito che può proporsi sotto forma e termini diversi. Tuttavia, volendo fare un riferimento il più possibile diretto alla materia allora trattata, ritengo si possa sinteticamente esprimere nel modo seguente: della realtà presa in considerazione, quella il cui "valore complessivo" risulta pari a tredici miliardi e mezzo, quanto e cosa è pertinente al "partito in quanto tale"?

Il partito autofinanziato, il partito non più inserito nelle istituzioni

Il quesito porta direttamente al partito autofinanziato, al partito non più inserito nelle istituzioni.

Come deve e come può configurarsi?

Quali sono le reali, effettive esigenze?

Come devono e come possono essere soddisfatte queste esigenze?

Quali sono le componenti dello "stato attuale" del partito che devono e possono contribuire a soddisfare le esigenze del partito autofinanziato?

Sono, questi, solo alcuni interrogativi che sorgono, i più immediati. Era nostra intenzione, del tesoriere e mia, sviluppare l'analisi, approfondirla e predisporre elementi utili per formulare o predisporre quanto meno alcune risposte. Non ci è stato possibile farlo per questa riunione, ma è nostra intenzione farlo il più rapidamente possibile.

A mio parere si tratta di un quesito e di una serie di interrogativi, che, uniti a quelli formulati nella prima parte di quest'intervento, hanno assunto troppa importanza per non trovare una risposta: è pertanto essenziale aprire un dibattito che può e deve accompagnarsi alla campagna per l'autofinanziamento.

E' necessario aprire un dibattito per il partito, nel partito

Compagne e compagni,

a mio giudizio sarebbe esiziale per tutti noi, per il partito, presentarci al prossimo Congresso senza avere affrontato ed approfondito questo quesito, questi interrogativi, per individuare e costruire assieme le risposte. Giudico indispensabile questo dibattito, e, se necessario, un confronto, che possa consentire al partito e a chi ne dovrà assumere la responsabilità, di muoversi, di operare, di agire con sufficiente chiarezza, senza equivoci di fondo.

Insisto, ne sono convinto, si tratta di interrogativi già insiti quanto meno nella percezione di quanti eravamo a Bologna, ove la preminenza della decisione da prendere sull'essere partito transnazionale, non consentì il loro emergere, anche per l'impossibilità oggettiva che allora vi fu di aprire il dibattito, con adeguata preparazione, prima del Congresso.

So di insistere su aspetti delicati, difficili, forse impossibili da affrontare e risolvere, ma non possiamo procedere nel tentativo di costruire un nuovo partito, questo partito, superare gli ostacoli che questo comporta, vincere la scommessa, senza essere profondamente convinti che questa è la sola via "per non mutare in nulla".

Il Congresso in Yugoslavia

Poche parole sul prossimo Congresso: in segreteria abbiamo convenuto di tenerlo in Yugosalavia.

Le ragioni sono quelle già esposte in quest'intervento. Il tesoriere ha già predisposto e verificato le condizioni per riunirci a Zagabria: sono favorevoli. Il problema che rimane da risolvere è di carattere politico: ottenere l'assenso del Governo di quel paese.

E' anche questo un compito da affrontare con tempestività per farne una precisa occasione d'iniziativa politica.

Vogliate scusarmi, lo ripeto, per non essere stato in grado d'intervenire più brevemente, con maggior ordine e più attente e meditate riflessioni. Mi auguro siano chiare le ragioni.

Presidente, compagne e compagni,

al termine di quest'intervento il pensiero va ad Enzo Tortora, alla sua scomparsa.

Il peso della situazione e delle difficoltà che ci sovrastano rende più precisa ed immediata la consapevolezza dell'enorme valore che ha per noi questa perdita, che tutti ha così profondamente e dolorosamente, colpiti.

A Madrid gli avevamo inviato il nostro augurio, forte, caloroso, un'invocazione alla speranza, lanciata a coprire la nostra impotenza contro l'inevitabile.

Caro Enzo, la forza che hai saputo darci con l'esserci accanto con il tuo impegno, la tua lealtà, il tuo coraggio, ci è e ci sarà di grande aiuto; il tuo ricordo, più che delle parole, sarà vivo e vitale nella nostra determinazione.

 
Argomenti correlati:
relazione
simbolo
iscrizioni
amministrative
israele
antiproibizionismo
stampa questo documento invia questa pagina per mail