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Stanzani Sergio, Vigevano Paolo - 21 ottobre 1988
RELAZIONE DEL PRIMO SEGRETARIO DEL PR SERGIO STANZANI E DEL TESORIERE PAOLO VIGEVANO AL CONSIGLIO FEDERALE DI GERUSALEMME

SOMMARIO: Il segretario e il tesoriere del Partito radicale, di fronte alla gravità della situazione della campagna di iscrizioni e di autofinanziamento presentano le proprie dimissioni al Consiglio Federale. Svolgendosi quest'ultimo in Israele, su cui è puntata l'attenzione del mondo, viene qui riportata la posizione del Pr sulla questione israeliana anche in risposta alle polemiche provenienti dall'OLP riguardo a questa iniziativa radicale. La relazione prosegue quindi lungo le tappe del cammino transnazionale del Pr, sottolineando il divario fra quanto è stato fatto e si fa, e quanto è necessario. In conclusione, il segretario e il tesoriere rendono conto del mandato affidatogli dal consiglio federale a Grottaferrata: preparare anche la chiusura del partito.

Presidente, compagne e compagni,

a Grottaferrata, il Consiglio Federale nel prendere atto della gravissima crisi finanziaria, della conseguente necessità di "congelare" le attività del partito, nonché della campagna di autofinanziamento - da noi promossa ed avviata per acquisire le risorse necessarie e completare il programma di attività approvato a Bruxelles, valutate in un fabbisogno di 1.500 milioni entro dicembre - poneva in drammatica evidenza nella mozione conclusiva che la "responsabilità del successo o della chiusura del partito è più che mai ora affidata agli iscritti, tutti e ciascuno, e a tutti i democratici e alle persone che hanno a cuore il diritto alla vita e la vita del diritto e che da loro dipende in primo luogo, nelle presenti circostanze, il successo o la fine del progetto e del Partito radicale."

Con tale deliberazione, il Consiglio Federale collegava direttamente il superamento della crisi finanziaria al successo della campagna di autofinanziamento, il cui riscontro obiettivo è costituito dall'adesione dei cittadini al progetto radicale - partito transnazionale, transpartitico - adesione che si esprime e si manifesta nell'iscrizione.

Care compagne e cari compagni,

quali sono stati i risultati di questo nostro richiamo? Di questa nostra comunicazione? Di una iniziativa che non vorrei definire appello, perché - per il nostro partito - il chiedere, l'esigere l'iscrizione ed il denaro sono condizioni normali, sono una necessità connessa alla nostra stessa natura di partito, che dev'essere, che vuole essere, autofinanziato e che affida ogni anno, ogni momento della propria esistenza a questo riscontro.

I RISULTATI DEL NOSTRO RICHIAMO

Dal 18 luglio al 30 settembre abbiamo raccolto 636 nuove iscrizioni e 557 milioni: il numero dei nuovi iscritti, pur avendo fatto registrare in agosto il massimo storico delle iscrizioni in questo mese, non è stato certo esaltante; la somma di denaro raccolta a quella data è stata invece, senza dubbio, un risultato importante. L'importo è stato di poco inferiore alla media mensile del fabbisogno preventivato (300 milioni), risultato che avrebbe potuto essere significativo se fosse stato ragionevole poterlo assumere come indice dell'andamento della raccolta per il trimestre successivo; in effetti noi eravamo tuttavia consapevoli che il mese critico, quello della "verità", sarebbe stato ottobre: i due mesi precedenti avevano infatti usufruito di proventi del tutto eccezionali e straordinari, quindi irripetibili.

Oggi, alla fine di ottobre, abbiamo raccolto nel complesso 772 nuovi iscritti e 618 milioni, con un incremento, rispetto alla fine di settembre, di soli 137 nuovi iscritti e di soli 61 milioni: un risultato inferiore alla peggiore delle ipotesi; la caduta, nel mese di ottobre, è verticale: meno della metà (43%) delle iscrizioni raccolte in media nei due mesi precedenti, un quinto per quanto concerne il denaro.

OGGI, LA SITUAZIONE E' PIU' GRAVE

La campagna per le iscrizioni e l'autofinanziamento ci ha consentito finora - di fatto - solo altri tre mesi di vita, nulla più; allo stato, il partito si trova in condizioni più gravi di quelle denunciate a Grottaferrata: oggi - a due mesi dalla scadenza - è in discussione la possibilità di tenere a gennaio il nostro Congresso annuale, di rispettare cioè un dettato statutario che mai è stato disatteso dal partito nel corso di tutta la nostra esistenza.

LE NOSTRE DIMISSIONI DAVANTI A VOI

Di fronte a questi fatti, a questa situazione, in queste condizioni, Paolo Vigevano ed io - quando mercoledì 13 ottobre, al partito non è pervenuta alcuna iscrizione, evento che non si verificava da oltre un anno - abbiamo preso una decisione, per noi, dovuta: presentare qui, dinanzi a voi, le nostre dimissioni.

Tale decisione l'abbiamo comunicata ai compagni della segreteria ed agli organi d'informazione.

Care compagne e cari compagni,

vi abbiamo detto, or ora, che la nostra decisione è dovuta: la forma è certamente, in questo caso, sostanza.

E' indiscutibile che noi ci troviamo di fronte all'impossibilità di completare e di portare a termine il programma approvato a Bruxelles e, allo stato, di assicurare il Congresso.

Quel programma che a Madrid, avendo constatato l'impossibilità di conseguire quest'anno il traguardo di tremila iscritti non residenti in Italia e di quattro miliardi di autofinanziamento fissato a Bologna dal Congresso (i compagni di segreteria ricorderanno la mia propensione a convocare il Congresso straordinario e la mia offerta, in quella circostanza, di rimettere il mandato) si proponeva comunque, sia pure con traguardi più contenuti, l'obiettivo di dare al partito una configurazione ed una consistenza transnazionale; a Madrid, nell'evidenziare le difficoltà da superare, Paolo Vigevano ed io sottolineammo - tra l'altro - che l'andamento delle iscrizioni e dell'autofinanziamento prefigurava una dimensione del partito del tutto inadeguata all'obiettivo: 6.000 iscritti in totale alla fine dell'anno, di cui non più di mille non residenti in Italia; 1.500 milioni di autofinanziamento.

Oggi, neppure di questo risultato possiamo, nel complesso, essere certi. Sia pure in termini problematici, in quell'occasione, con la nostra analisi e i nostri interrogativi, tentammo di introdurre ed avviare - in termini sufficientemente organici e puntuali - il dibattito sulle ragioni degli ostacoli che si interponevano alla realizzazione del progetto transnazionale e transpartitico, ragioni che nella "dimensione" - connessa non solo alle condizioni interne - trovavano in sintesi la loro espressione. Dibattito che, successivamente, a Grottaferrata, nel prospettare la crisi finanziaria, riproponemmo con chiari e precisi interrogativi, ripresi in un "editoriale" su "Notizie Radicali": evocavo sul nostro giornale l'immagine dei 10.000 iscritti per quest'anno, passo necessario per conquistare, negli anni successivi, quella dimensione dei 20-30 mila iscritti, indispensabile - a mio giudizio - per assicurare al partito la propria esistenza e la propria autosufficienza.

LE VALUTAZIONI VANNO FATTE IN PIENA LIBERTA'

Tutto questo, unito a quanto abbiamo fatto in dieci mesi - e di cui diremo successivamente - nulla ha prodotto se non i risultati che già conoscete: sarebbe assurdo, da parte nostra, non trarre le giuste, logiche conseguenze, per consentire, tra l'altro, a tutti, noi compresi, di affrontare l'esame e le valutazioni che si impongono, quantomeno, senza reciproci condizionamenti. Se vi sono responsabilità, le prime sono le nostre ed anche questo dev'essere considerato senza remore, in piena libertà.

Incertezze, inadeguatezze, errori da parte nostra vi sono stati senza alcun dubbio, ma anche questi non devono interferire sulla serenità, la lucidità ed il rigore del dibattito, come inevitabilmente, se non altro per il vostro affetto, accadrebbe senza le nostre dimissioni.

D'altro canto, così è anche per i compagni della segreteria, che devono, ciascuno, contribuire col loro apporto, senza cautele dovute.

La nostra decisione deve quindi facilitare un ampio ed approfondito dibattito e favorire quei chiarimenti e quelle conclusioni che necessitano a tutti e a ciascuno di noi senza i quali non vedo se e chi possa procedere.

LA NOSTRA DECISIONE DEVE FAVORIRE UN APPROFONDITO DIBATTITO

Le dimissioni rispondono, inoltre, all'esigenza di riproporre, con il massimo della forza di cui disponiamo, all'esterno, agli iscritti, alla gente, all'opinione pubblica, la situazione del partito, che, allo stato, con questi risultati, è tale da far ritenere che la scelta da loro fatta è quella della fine del progetto e del Partito radicale.

IL PROBLEMA DELL'INFORMAZIONE

Certo, si pone qui, in tutta la sua dimensione, il problema dell'informazione, di quella nostra, del partito, decisamente limitata, insufficiente ed anche inadeguata; ma, per quanto riguarda l'Italia, s'impone anche l'antico problema degli organi d'informazione, della stampa, della Rai Tv innanzitutto, che perseguono ancor più radicata la politica del silenzio, della parzialità della distorsione e della mistificazione, con manifestazioni anche recenti di evidente settarietà, tali da suscitare, finalmente, anche se quanto mai tardive e contradditorie, elevate proteste da parte di altre forze politiche e, tra queste, quella molto chiara e precisa del segretario di un partito di governo, l'on. Giorgio La Malfa, segretario del Partito Repubblicano.

Per quanto riguarda questo fronte, la risposta del partito non è stata sempre pronta ed adeguata, anche se dobbiamo riconoscere le accresciute difficoltà, sia sul piano oggettivo che individuale.

Passiamo ora ad alcune considerazioni sul Consiglio Federale e su questa riunione.

IL QUARTO CF DEL 1988

Dopo Bruxelles, Madrid e Grottaferrata è questa, di Gerusalemme la quarta volta che si riunisce il Consiglio Federale del Partito Radicale del 1988.

A Bruxelles, il Consiglio Federale decise di tenere, nel corso di quest'anno, cinque riunioni del Consiglio Federale e ne fissammo anche le scadenze, tutte finora rispettate; la quinta riunione, l'ultima di quest'anno radicale, avrà luogo a Zagabria, dove, nei primissimi giorni del 1989, abbiamo deciso di tenere il 35· Congresso del partito.

A Bruxelles decidemmo inoltre che almeno tre delle nostre riunioni dovevano svolgersi al di fuori del territorio italiano, decisione anche questa già attuata. A questo proposito credo, anzi, di poter aggiungere che l'impegno transnazionale, per quanto riguarda il Consiglio Federale, ha trovato finora un adeguato e puntuale riscontro: quest'organo, nella nuova prospettiva, doveva necessariamente assumere una maggiore e più significativa importanza nell'economia generale del partito, assumendo, nel corso dell'anno, un più preciso e definito ruolo di valutazione, supporto e controllo politico.

Si tratta di un'esigenza sottolineata dal Congresso di Bologna già con la sua composizione (com'è a tutti noto i residenti in Italia sono in minoranza) e che ha avuto riscontro non solo nella regolarità delle convocazioni e nella specificità dei luoghi d'incontro, ma - ritengo - anche nella preparazione e nella partecipazione al dibattito, nelle modalità seguite e nei tempi assicurati.

Solo qui, a Gerusalemme, abbiamo dovuto ridurre da quattro a tre i giorni della riunione, per tenere conto sia dei tempi di trasferimento sia del costo complessivo.

Rivolgo qui un vivissimo, sentito ringraziamento ai compagni italiani o israeliani, al cui impegno e contributo in gran parte dobbiamo la concreta possibilità di questa riunione, diversamente per noi proibitiva.

A Grottaferrata avevo già fatto presente che i tempi tecnici necessari a far pervenire prima delle riunioni direttamente a ciascun componente del Consiglio, tradotte, le relazioni, rendono impraticabile, almeno per ora, tale soluzione: mi rendo conto che si tratta di un problema importante, ma - tra l'altro - alla tempestività della redazione dei testi si contrappone l'esigenza di una comunicazione il più possibile completa ed aggiornata, soggetta ad eventi e fattori mutevoli, troppo spesso imprevisti ed imprevedibili. Ce ne scusiamo con i compagni non di lingua italiana.

LA COMUNICAZIONE

Ma è qui forse opportuno far presente come l'aspetto comunicazione costituisca oggi uno dei maggiori ostacoli per il partito; rispetto al passato, la diversità delle lingue e le distanze costituiscono un dato che pesa non solo per scadenze determinate, quali quelle delle riunioni del Consiglio federale, ma soprattutto nell'operatività quotidiana: la nostra struttura non è in grado di rispondere non solo per insufficienze tecniche specifiche (la conoscenza delle lingue per chi risponde al centralino è solo l'esempio più ovvio, ma non banale), ma anche per disposizione generale, di ordine tecnico e culturale; è un aspetto che investe direttamente la dimensione operativa originale del partito, per i tempi, gli spazi, l'ordine, diversi che richiede, la complessità dei meccanismi e la disponibilità delle persone e, nel complesso, si riflette pesantemente sui costi. E' questo un aspetto tipico della "diversa dimensione" richiesta dal partito transnazionale che si scopre solo quando se ne vivono giorno per giorno

le conseguenze e che, anche volendo e potendo, non è né di facile, né di semplice attuazione.

A GERUSALEMME: MOTIVO DI SODDISFAZIONE

Essere riuniti qui a Gerusalemme costituisce - a mio giudizio - motivo di soddisfazione. Soddisfazione dovuta non solo al rilievo politico di questa decisione, ma determinata anzitutto dall'essere riuscito il partito ad attuarla: l'impegno e lo sforzo organizzativo, individuale e collettivo, che è sempre anche politico e non può pertanto essere ridotto al solo momento logistico, posto in relazione alle nostre risorse ed alle condizioni generali e specifiche in cui si trova il partito, è stato di tutto rispetto, termine questo forse inadeguato. Il tesoriere ed io molto abbiamo esitato prima di scegliere questa soluzione, difficile e comunque onerosa. Ad Emma Bonino, al suo attento, costante e proficuo impegno ed agli altri compagni che hanno collaborato, va il merito del risultato.

Essere qui a Gerusalemme, alla vigilia delle elezioni politiche in Israele, comporta, senza dubbio, dei rischi consistenti, relativi, soprattutto, all'interpretazione del significato che si vorrà dare a questa nostra presenza: non pochi compagni della segreteria hanno manifestato apertamente, con chiarezza, le proprie riserve sull'opportunità e la convenienza di questa scelta. Per quanto mi riguarda una motivazione ha prevalso: non trascurare, non perdere un'opportunità che risponde alla necessità, al bisogno che abbiamo di affermare con forza non solo la nostra volontà, ma anche la nostra capacità di essere partito transnazionale e transpartitico. Si tratta di un'esigenza che, sappiamo, può essere soddisfatta con successo solo in condizioni difficili, con elevato grado di rischio, nelle quali il risultato che ci si attende è sempre molto incerto.

Non credo si possa negare che essere oggi presenti in Israele, uno dei punti più tormentati e delicati del panorama mondiale, quando su di esso si concentra l'attenzione di tutti con una presenza massiccia dei principali organi d'informazione, offre anche un'opportunità maggiore di affermare più concretamente, oltre che emblematicamente, la nostra esistenza, la nostra iniziativa, la nostra singolare, forte capacità di proposta politica. Con quale risultato? Al limite, certo, nessuno. Ma a mio avviso dovevamo, dobbiamo sempre tentare. D'altro canto quale altro migliore risultato, come partito transnazionale e transpartitico, avremmo ottenuto riunendoci a Strasburgo anziché a Catania o in qualsiasi altra sede possibile?

L'ATTENZIONE DEL MONDO SU ISRAELE

Da tempo il mondo intero è prodigo di suggerimenti, di indicazioni su cosa Israele di fronte alla tragedia del popolo palestinese, debba fare o non fare. Noi siamo qui anche perché sappiamo cosa Israele non può fare, convinti come siamo non solamente che il problema della convivenza pacifica col popolo palestinese non può trovare soluzione adeguata in ristretti ambienti nazionali, ma che questi ambiti siano ormai comunque disastrosi.

LA NOSTRA POSIZIONE

Israele è uno Stato democratico, il solo del Medio Oriente: gli irresponsabili e mediocri comportamenti dell'attuale governo nei confronti dei palestinesi e dello stesso popolo d'Israele, sono stati da molti di noi condannati senza possibili equivoci, la violenza ed i crimini commessi ci hanno colpito e ci colpiscono più direttamente e profondamente di quanto è accaduto ed accade, sotto forme infinitamente più gravi e sistematiche, negli altri paesi del Medio Oriente (o in altre parti del mondo), proprio perché Israele è uno Stato democratico, sorto ed affermatosi come tale dopo immani, tragiche prove di regimi antidemocratici di ogni colore, non solamente nazisti e fascisti.

D'altro canto, il Partito radicale non è mai stato disposto a cedere alla tentazione in cui è caduta tanta parte della sinistra, in Italia ed in Europa, che il Medio Oriente, in ogni movimento, in ogni azione, vede nell'oppositore, ancor prima che nell'oppressore, il germe dell'imperialismo occidentale, muovendosi su posizioni ideologiche e politiche comprensive di ogni e qualsiasi violenza, contro la democrazia. Quest'atteggiamento, con gli anni, è diventato e da anni è "cultura prevalente", che all'avversione per Israele contrappone il favore per gli Stati o le organizzazioni arabe, senza tener conto che col mutare delle situazioni, il razzismo - una volta risorto - è lì pronto a scagliarsi tanto contro l'immigrato di colore - e perché no, arabo - così come contro l'ebreo.

La nostra iniziativa di essere qui a Gerusalemme in questi giorni, se troverà un qualche riscontro, come sarà accolta, valutata, interpretata?

COME SARA' ACCOLTA LA NOSTRA INIZIATIVA?

Se vi sarà un riscontro da parte degli organi d'informazione non lo sappiamo; ma certo non possiamo valutare a priori come la nostra iniziativa potrà essere accolta ed interpretata: per questo abbiamo ritenuto necessario acquistare - pur considerando la drammatica situazione del partito - spazi su alcuni quotidiani, tra cui il "Jerusalem Post", che viene pubblicato in lingua inglese ed è venduto in molti paesi di più continenti, dopo che per anni abbiamo tentato di sollecitare una sia pur minima, corretta informazione sul Partito radicale. Certo siamo qui per svolgere i nostri lavori, come li avremmo svolti in qualsiasi altro luogo; certo, non intendiamo con la nostra presenza interferire sul momento elettorale a favore di questo o di quello, semmai a favore della democrazia, della tolleranza, della nonviolenza e della pace; non abbiamo chiesto incontri con il governo né con alcuna altra forza politica, pronti ad accogliere - come sempre - chi volesse assistere ai nostri lavori ed avere informazioni e chiari

menti sul partito e sulla nostra attività.

Questa è la nostra posizione, queste sono le ragioni ed il significato della nostra presenza qui a Gerusalemme.

LA RISPOSTA ALL'OLP

Pochi giorni fa, il rappresentante dell'OLP a Roma ha ritenuto di far sapere all'opinione pubblica, a nome della sua organizzazione, che la decisione di tenere il Consiglio Federale a Gerusalemme, non si poteva comprendere "se non come gesto di sostegno del Partito radicale alla politica repressiva del Governo d'occupazione israeliana, un sostegno all'azione delle truppe d'occupazione ed agli assassinii quotidiani di bambini palestinesi compiuti dai soldati israeliani. E' sorprendente che il Partito radicale riunisca il suo Consiglio nel nostro paese occupato, mentre continua a parlare di crisi economica."

Era già in corso la traduzione della nostra relazione, quando ci è pervenuto questo comunicato.

Non abbiamo modificato neppure una virgola di quanto già scritto, poiché riteniamo che sia un'adeguata risposta. Possiamo qui richiamare quanto Marco Pannella comunicava il giorno dopo alla stampa: "L'ingerenza del rappresentante in Italia dell'Olp contro la riunione del Consiglio federale del partito radicale è benvenuta e dimostra il cammino che deve ancora essere percorso dalla sua organizzazione militare e politica per poter essere riconosciuta come una legittima, democratica rappresentanza di un paese e di un popolo."

"Egli ci accusa - proseguiva Pannella - di volontà di sostegno e di complicità con l'assassinio di bambini compiuto da soldati israeliani. Gli rispondo che la sua accusa è un insulto insulso ed in malafede. Quando donne e uomini, bambini e vecchi sono massacrati a centinaia o migliaia in Libano o altrove, per le criminali guerre fratricide tra fazioni arabe o a migliaia sono vittime dei regine del Medio Oriente, l'Olp sembra essere distratta ed è sempre connivente. Noi saremo a Gerusalemme pur nelle nostre difficoltà economiche, senza avere i forzieri pieni di denaro dovuto allo sfruttamento dei popoli del Medio Oriente da parte dei feroci regimi alleati e finanziatori dell'Olp o del contributo di questa o quella lobby 'occidentale'. Concludeva Pannella: "Ci saremo da partito nonviolento gandhiano, da partito dei diritti umani e politici di tutti e di ciascuno, da difensori della vita e dei diritti democratici di tutti i palestinesi e di tutti gli arabi, non solamente quando si scontrano con errori e anche c

rimini di parte israeliana, ma sempre".

LE TAPPE DEL NOSTRO CAMMINO TRANSNAZIONALE

Gerusalemme oggi, Zagabria tra poco più di due mesi: per il Consiglio Federale, per la segreteria, per noi, sono due tappe di uno stesso cammino. Cammino che abbiamo iniziato a Bruxelles, capitale di un paese di antica e consolidata democrazia, per decenni espressione tra le più significative di stabilità e di benessere in Europa, ma che proprio nella diversità etnica e nello stato nazionale incontra oggi i maggiori ostacoli nel mantenere condizioni civili, fino a ieri indiscusse.

Dopo Bruxelles, Madrid, la capitale di un paese che solo di recente ha recuperato la propria condizione democratica e che, con questa, non riesce tuttavia a superare le difficoltà interposte dalle spinte autonomistiche, con manifestazioni che hanno, nei movimenti violenti dei Paesi Baschi, tragiche espressioni di violenza.

E ora, Gerusalemme, con la tragedia della mancata convivenza tra i popoli d'Israele e di Palestina.

Quanto avviene in questi giorni in Yugoslavia, con la ripresa di violenti contrasti tra le diverse etnie, in un crescendo sempre più denso di minacce e di pericoli non solo per questo paese, è la dimostrazione più evidente della nostra capacità di intuire e prevedere, del valore e del significato di Zagabria, la nostra prossima scelta.

Si tratta di un percorso quanto mai significativo, che evidenzia emblematicamente la validità della nostra decisione di esser partito transnazionale e transpartitico e che conduce, come unica e concreta speranza, all'unità politica dei paesi del nord, di quelli del Mediterraneo e di quelli dell'Europa centrale, uniti per il diritto alla vita e per la vita del diritto, nella democrazia.

Sappiamo essere questo un percorso lungo e difficile, per noi - da soli - impraticabile.

Ci resta per quest'anno, l'ultima tappa, quella che ci deve portare al Congresso di Zagabria: è la più difficile.

E' questo l'obiettivo di questi due mesi che ancora ci restano, è questa l'iniziativa che abbiamo per tentare ancora di esistere con margini possibili di prospettiva.

IL DIVARIO FRA QUANTO FACCIAMO E IL NECESSARIO

Compagne e compagni, quanto finora abbiamo esposto ci ripropone il quadro di un partito capace di immaginare e delineare percorsi d'iniziativa politica illuminanti ed attuali, ma gravato da un divario che appare sempre maggiore tra quanto riesce a fare e quanto dovrebbe poter fare per essere adeguato e rispondente ai propri orizzonti: si tratta di un divario il cui aumento non è facile valutare se dovuto più all'accrescersi della portata degli itinerari o al ridursi delle energie, delle risorse disponibili.

Alle volte, sorge il dubbio - forse dovuto all'angoscia del momento - che il fenomeno sia dovuto a entrambi i fattori, sia all'accrescersi degli orizzonti, dei tragitti da percorrere, delle difficoltà da superare, sia al ridursi delle risorse allo scadere delle energie.

E' un dubbio che, per quanto mi riguarda, mi angoscia con sempre maggiore frequenza ed insistenza.

Vi trovate di fronte ai risultati che sapete e che sono all'origine delle nostre dimissioni, ma ritengo non trascurabile - per una corretta valutazione, per esprimere il giudizio che il Consiglio dovrà pur pronunziare, per formulare le indicazioni e le decisioni che dovrete pur adottare - il rammentare, l'avere presente le iniziative assunte, l'attività svolta dal partito in questi primi dieci mesi dell'anno radicale 1988.

LO "SCADENZARIO"

Non possiamo noi qui riproporle, ma a tal fine vi sorregge, a partire dal programma approvato a Bruxelles, il puntuale riscontro dello "scadenzario", redatto con intelligente costanza da Danilo Quinto, i cui testi, via via aggiornati, abbiamo tutti ricevuto, quanto meno in occasione delle riunioni del Consiglio Federale e, questa volta, trasmessoci con anticipo direttamente a casa di ciascuno, sia pure non ancora tradotto.

Si tratta - per ora - di circa centotrenta pagine, che non so se potremo tradurre nella loro stesura finale, in occasione del Congresso.

Non intendo annettere allo "scadenzario", nella sostanza, un'importanza che non ha, né del resto - come ebbi occasione di precisare fin dalla prima stesura - ha mai voluto avere, ma ritengo sarebbe rilevante poterne completare la stesura e procedere alla traduzione, come "testimonianza" di un metodo di lavoro, che - a mio parere - risponde ad esigenze effettive d'informazione, comunicazione e controllo, indispensabili al partito nella nuova e diversa "dimensione transnazionale". Metodo che, a dire il vero, non ha potuto estendersi, non solo per ragioni pratiche, di per sé già difficili da superare, ma anche perché, per diversi aspetti, contrasta con il carattere e le esigenze proprie del partito di "dimensione nazionale", e, quindi, con abitudini differenti, ben consolidate. Il tesoriere, i primi segretari aggiunti, i segretari federali ed i membri aggiunti di segreteria, nei loro interventi, potranno anche integrare i richiami contenuti nello "scadenzario", in particolare per quanto attiene le iniziative as

sunte e le attività svolte da Grottaferrata ad oggi.

Per completare la vostra informazione, qualche accenno sull'attività della segreteria; per quella svolta dal tesoriere e dai compagni che hanno collaborato con lui, non spetta a me riferirne, ma solo ricordarne il duro, costante, difficile lavoro.

IL LAVORO COLLETTIVO

Per quanto riguarda il lavoro collettivo, d'assieme, devo ancora una volta riscontrare il venir meno di una concezione e del metodo che mi ero proposto ed ho tentato d'introdurre ed attuare.

Si tratta di un mio insuccesso, in parte dovuto a ragioni obiettive di disponibilità di tempo, in parte al permanere di concezioni ed abitudini acquisite ed affermatesi nel tempo e rispondenti a metodi che in "ambito nazionale" hanno in passato assicurato indubbi risultati.

L'ipotesi iniziale di usufruire dell'apporto dei cinque primi segretari aggiunti come luogo specifico di ricerca, promozione, elaborazione e coordinamento anzitutto, ma non solo, politico, con conseguente attribuzione di ampi, ma definiti ambiti di responsabilità, è presto venuta meno, non solo per obiezioni sollevate da alcuni segretari federali, ma anche, e soprattutto, per la verificata impossibilità di tenere incontri sistematici e tempestivi. Impossibilità determinata dalle incertezze e dagli impegni dovuti ad altre responsabilità (il parlamento, anzitutto) e dalla poca propensione ad accettare responsabilità globali, di carattere permanente e non solo dovute ai singoli mandati, diretti e specifici, del segretario.

Anche la consuetudine di tenere riunioni quotidiane, di primo mattino, con i segretari federali ed i membri aggiunti presenti a Roma, si è, di fatto, abbastanza rapidamente interrotta, sia per ragioni analoghe alle precedenti, sia per un'insufficiente "tenuta" da parte mia.

Un oggettivo ostacolo al lavoro collettivo si è rivelato essere costituito dal sistema delle comunicazioni interpersonali, unidirezionale, vischioso specie in senso orizzontale, con rapporti di collaborazione spesso molto difficoltosi.

La tendenza ad acquisire compiti specifici e ad averne l'esclusività dell'adempimento mi è parsa una caratteristica molto diffusa e puculiare del metodo di lavoro dai più preferito: è un aspetto che ha indubbi pregi, ma che se non è contemperato da una forte motivazione e dall'accettazione di essere parte responsabile di un collettivo, determina frustrazioni ed isolamento.

Con queste considerazioni, sia chiaro che non intendo esprimere un giudizio; si tratta unicamente di constatazioni e, per quanto mi riguarda, di una presa d'atto.

D'altro canto, in occasioni precedenti, ho già espresso opinioni relative al sistema organizzativo ed ai metodi di lavoro che sono propenso a ritenere i più rispondenti alla "nuova dimensione" del partito transnazionale, transpartitico, autofinanziato.

Il prendere, in questi mesi, ragionevolmente atto delle controindicazioni emerse su questo piano, sempre più mi convince della probabile impraticabilità del disegno complessivo.

Per completezza d'informazione e per correttezza nei confronti dei compagni che con me hanno condiviso l'onere della gestione del partito, devo anche precisare che la grande difficoltà di assumere iniziative politiche "coinvolgenti e trainanti" ha costituito un dato reale, col quale tutti - e loro in particolare - ci siamo dovuti in continuità confrontare, con margini sempre più elevati e frequenti d'incertezza, con il manifestarsi di intendimenti e propensioni tra loro anche diversi. Condizioni queste di ostacolo effettivo all'operatività di tutti e di ciascuno e che hanno corroso il potenziale di espressione unitaria e di direzione collettiva.

Anche per questo, nel periodo più recente, le riunioni della segreteria sono state meno frequenti, con un livello complessivo di partecipazione e di intensità più ridotto: si sono così, tra l'altro, determinate situazioni che hanno portato il primo segretario ed il tesoriere ad assumere decisioni che non sempre hanno trovato l'unanimità del consenso.

Devo, voglio ora ricordare:

- l'impegno dedicato da Paolo Pietrosanti a "Notizie radicali", il giornale che nell'edizione italiana, in relazione alla campagna di autofinanziamento e d'iscrizioni, abbiamo deciso, accogliendo un'indicazione fornitaci da questo Consiglio, uscisse con scadenza decadale: da Grottaferrata ad oggi ne sono stati stampati e distribuiti otto numeri; ad Olivier Dupuis ed ai compagni che con lui lavorano a Bruxelles, dobbiamo l'edizione in lingua francese del giornale;

- l'attività dei compagni Maria Teresa di Lascia e René Andreani, che, con il coordinamento di Francesco Rutelli - peraltro impegnato, oltre che dal lavoro parlamentare, in una proficua attività di raccordo con il partito - hanno direttamente assicurato lo svolgimento della campagna di autofinanziamento e di iscrizioni in Italia;

- l'iniziativa del Cora, che abbiamo ritenuto di dover finanziare data l'importanza dell'argomento e che ci ha portato, con la collaborazione di molti compagni - tra questi, del presidente del Consiglio Federale, Marco Taradash - al "colloquio" di Bruxelles, manifestazione che costituisce una tappa d'indubbio valore e significato e che ci auguriamo assicuri al partito la prosecuzione e lo sviluppo di una proficua presenza in ambito internazionale; nell'ambito dell'antiproibizionismo e della lotta alla criminalità, ha operato anche, sia pure a tempo parziale, Andrea Valcarenghi, che stava predisponendo - tra l'altro - alcune iniziative con Mauro Rostagno, assassinato a Trapani, dalla mafia;

- l'impegno di Giovanni negri nell'assicurare il positivo riscontro dal Parlamento europeo alle nostre proposte per le prossime elezioni e per l'adesione alla nostra iniziativa in Jugoslavia, specie in vista del Congresso; sempre nell'ambito delle attività coordinate a Bruxelles da Giovanni, l'azione che ha consentito al partito di essere attivo e presente in Cecoslovacchia, in Polonia e, da ultimo, in Ungheria, con il diretto contributo di Olivier Dupuis e di altri compagni;

- il lavoro di Roberto Cicciomessere, che, con Sergio D'Elia e Gianfranco Spadaccia, mette in condizione il partito, sempre che ci siano i mezzi, di pubblicare un "numero unico", in nove lingue, con lo scopo di far conoscere cosa abbiamo fatto, chi siamo e cosa ci proponiamo, ai cittadini di lingua non italiana;

- la presenza di Sandro Ottoni in Jugoslavia, rivolta alla promozione del partito in questo paese ed al delicato compito di predisporre, per quanto possibile, condizioni favorevoli ad accogliere il prossimo Congresso del partito a Zagabria;

- il lavoro di Gianfranco Dell'Alba, che a Bruxelles assicura il raccordo tra l'attività del partito e quella dei parlamentari europei, quello di Mario De Stefano, volto ad assicurare al partito il raccordo con i problemi della giustizia e ad assistere il partito nell'affrontare e risolvere le questioni giuridiche e legali che lo impegnano;

- Adelaide Aglietta, occupata oltre che dall'impegno parlamentare, dalle responsabilità conseguenti alla sua elezione nel Consiglio comunale di Trieste, ha contribuito al comune lavoro, senza far venir meno il suo apporto e la sua sollecitazione;

-la responsabilità e l'assiduità dell'impegno parlamentare non hanno consentito a Massimo Teodori di fornire quell'apporto che era nelle mie speranze;

- anche Santiago Castillo, Luis Mendao e Maurice Duval, per ragioni diverse, non hanno potuto fornire l'apporto sperato all'attività della segreteria: Santiago ci aveva avvertito a Madrid dei suoi impegni universitari, per Luis questi ultimi mesi hanno coinciso con il periodo nel quale si concentra la sua attività professionale, su Maurice credo abbia inciso il suo impegno politico in Francia.

Pensare a come sia possibile assicurare condizioni che ci permettano di avvalerci con maggiore continuità dell'apporto dei compagni della segreteria non residenti a Roma, è un'esigenza alla quale dobbiamo dare una risposta più adeguata di quanto fino ad ora non abbiamo potuto fare.

Devo poi ricordare la costante ed appassionata partecipazione al nostro lavoro del presidente, di Bruno Zevi, la sua disponibilità ed il suo impegno che ci hanno, tra l'altro, in più di un'occasione, non solo in Italia, consentito di assicurare e promuovere con prestigio, la presenza e l'iniziativa del partito, come non voglio dimenticare l'apporto di Gianfranco Spadaccia e di Peppino Calderisi, che, pur oberati dai compiti dovuti alle loro responsabilità parlamentari, hanno sempre assicurato la loro attiva presenza.

Non posso, non possiamo, infine, trascurare l'apporto fornito da Marco Pannella: è inutile che ricordi a tutti noi la sua stimolante, costante, peculiare iniziativa; voglio solo ringraziarlo per la discreta, ma fattiva ed assidua attenzione rivolta al nostro lavoro.

Care compagne e cari compagni,

ritengo si possa convenire che il partito non è stato in questi dieci mesi con le mani in mano solo in attesa degli eventi: le iniziative assunte e l'attività svolta sono considerevoli e consistenti; per quanto mi riguarda lo sono state più di quanto via via, col trascorrere del tempo, io non abbia avvertito e valutato. Certo, senza alcun dubbio avremmo potuto fare di più e meglio, ma ciò è sempre vero. Con la situazione e nelle condizioni con le quali il partito si è dovuto confrontare ed ha dovuto operare, in coscienza io non posso che esprimere un giudizio nel complesso positivo.

Ritengo quindi di dovervi ringraziare tutti, dagli iscritti ai militanti, a quanti ci hanno finora sostenuto; in particolare desidero ringraziare Paolo Vigevano ed i compagni della segreteria e quanti hanno collaborato, assicurando, tutti, il loro fattivo contributo.

Per concludere, dobbiamo fare alcune considerazioni su quanto avremmo dovuto o potuto fare, per noi riferire sull'incarico di preparare la chiusura del partito, incarico affidatoci a Grottaferrata dal Consiglio federale.

la segreteria, in considerazione dell'eventualità che la campagna per le iscrizioni e l'autofinanziamento mantenesse un andamento compatibile e coerente con quello dei due primi mesi, aveva predisposto un programma per la ripresa delle attività.

LA RIPRESA DEL TEMA DEGLI "STATI UNITI D'EUROPA"

Questo programma prevedeva anzitutto la ripresa del tema degli Stati Uniti d'Europa, con l'invio da Bruxelles di una seconda lettera indirizzata a tutti i componenti dei Parlamenti dei dodici Stati membri; con questa lettera, anche in vista del vertice di Rodi, si sarebbe dovuta riproporre l'iniziativa dei nostri parlamentari europei, con i contenuti delle tre dichiarazioni solenni approvate dal Parlamento Europeo.

Era anche previsto di acquistare altre pagine su importanti quotidiani europei, per tentare un approccio diretto con l'opinione pubblica di questi paesi a sostegno della nostra azione.

Un aspetto al quale il programma rivolgeva particolare attenzione era quello relativo alla proposta volta a consentire a ciascun cittadino di uno dei paesi membri di potersi candidare alle elezioni del giugno 1989 in qualsiasi altro paese della Comunità europea, proposta che, proprio in questi giorni, in Italia, dovrebbe essere sottoposta all'approvazione del Parlamento, ad opera dei nostri compagni.

In relazione al tema degli Stati Uniti d'Europa si poneva anche la decisione del Congresso a Zagabria e la presenza e l'attività in Jugoslavia.

LA PRESENZA IN UNGHERIA E IN POLONIA

Al di fuori dall'Italia, il programma prevedeva anche la nostra presenza in Ungheria e in Polonia, cogliendo l'occasione di un invito a partecipare al Congresso del movimento dei giovani democratici ungheresi (Fidesz) e di una richiesta avanzata dai compagni polacchi.

L'INIZIATIVA IN MATERIA DI ANTIPROIBIZIONISMO

Nel programma figurava inoltre la preparazione, in collaborazione col Cora, ed il finanziamento del "colloquio" sull'antiproibizionismo da tenersi a Bruxelles e, successivamente, la partecipazione all'incontro di Washington sullo stesso tema (22 ottobre) e la preparazione del Convegno di Madrid, previsto indicativamente per dicembre, per la costituzione della Lega Internazionale Antiproibizionista.

L'ATTIVITA' IN ITALIA

In Italia, il programma prevedeva la prosecuzione della campagna d'iscrizioni e di autofinanziamento, arricchita dalla raccolta di firme su otto petizioni e da numerose assemblee, con la partecipazione dei componenti della segreteria e dei parlamentari, supportata inoltre da Radio Radicale e da una serie d'inserzioni sulla stampa italiana, con le quali richiamare l'attenzione sulla scelta transnazionale del partito, sulle sue iniziative e volta a raccogliere richieste e riscontri.

"NOTIZIE RADICALI" NUMERO UNICO

Oltre a ciò, il programma prevedeva lo sviluppo del progetto per il "numero unico" di "Notizie Radicali", da diffondere tradotto in nove lingue. Tale progetto comporta anche l'esame e la definizione della metodologia più idonea alla costituzione di un adeguato indirizzario, essendosi rivelata, costosa ed improduttiva, l'acquisizione e l'utilizzo di indirizzari differenziati solo per gruppi o categoria, finché questi indirizzari non sono per noi significativi.

"NOTIZIE RADICALI" GIORNALE

La pubblicazione e la diffusione di Notizie radicali, giornale, venivano mantenute a scadenza decadale nell'edizione in lingua italiana e nella diversa scadenza già in atto in quella in lingua francese.

"LETTERA RADICALE"

Così pure la pubblicazione della Lettera Radicale era prevista dal programma con gli stessi criteri e nelle stesse lingue del piano editoriale originale.

Si ponevano, inoltre, altri due problemi, quello dell'esame degli scenari relativi al Congresso e quello dell'opportunità o meno di aprire le iscrizioni all'anno radicale 1989 a partire dall'inizio di novembre.

LA COMMISSIONE SUGLI SCENARI RELATIVI AL CONGRESSO

Una commissione composta da Roberto Cicciomessere, Gianfranco Dell'Alba, Giovanni Negri, Francesco Rutelli e Gianfranco Spadaccia, ha affrontato il primo di questi problemi ed ha già predisposto un rapporto sul quale potrà riferirvi Roberto Cicciomessere.

La segreteria ha inoltre discusso della sede ove tenere questa riunione del Consiglio federale: abbiamo già riferito delle riserve manifestate sull'opportunità e la convenienza della scelta di Gerusalemme.

LE PARTI ATTUATE DEL PROGRAMMA

Quanto attuato di questo programma è stato richiamato in precedenza, e viene ora qui elencato:

- anzitutto la prosecuzione della campagna di iscrizioni ed autofinanziamento in Italia, con esclusione delle inserzioni sulla stampa;

- il "colloquio" sull'antiproibizionismo a Bruxelles;

- la pubblicazione di "Notizie radicali" e della "Lettera radicale";

- la partecipazione al Congresso dei giovani democratici in Ungheria;

- la prosecuzione delle azioni volte a consentire lo svolgimento del Congresso a Zagabria;

-la preparazione dei testi per il "numero unico" di "Notizie radicali".

A queste attività si è aggiunto l'impegno molto gravoso dell'organizzazione di questa riunione del Consiglio federale e l'iniziativa a Bruxelles dei nostri parlamentari, a favore del Congresso a Zagabria, che ha già raccolto più di cinquanta adesioni di altri parlamentari europei.

LA CANDIDATURA DI MARCO PANNELLA A COMMISSARIO CEE

Dobbiamo poi segnalare l'indubbio rilievo assunto dal dibattito da noi promosso in Italia sulla candidatura di Marco Pannella a Commissario Cee, candidatura che sta accogliendo significativi consensi tra partiti, movimenti e personalità politiche e che solo nell'opposizione socialista potrebbe trovare un ostacolo forse insormontabile. Questa candidatura potrebbe far venire alla luce un calcolato disegno preconcetto d'impedire in Italia, a qualsiasi radicale, di assumere impegni istituzionali di rilievo, dopo episodi come quelli del non appoggio alla candidatura di Alto commissario per la lotta alla fame e l'opposizione, per due volte reiterata, alla partecipazione di radicali e verdi al governo.

LOTTA ALL'ANTITOTALITARISMO ED AFFERMAZIONE DEI DIRITTI UMANI

Per la lotta all'antitotalitarismo e per l'affermazione dei diritti umani nei paesi dell'Europa centro-orientale, nelle ultime settimane si sono aperti per il partito due nuovi campi d'iniziativa. Da una parte una nostra prima presenza in Ungheria, dove la situazione sembra offrire interessanti spazi, in particolare nel campo ambientalista ed in quello dell'obiezione di coscienza, dall'altra, attraverso il Convegno tenuto a Roma sulla Romania e la presentazione di una mozione alla Camera dei deputati in Italia dopo un'analoga iniziativa al Parlamento Europeo (contro la distruzione dei villaggi abitati dagli ungheresi e da altre minoranze etniche) si è realizzato l'avvio di una diretta collaborazione con gli emigrati rumeni in Francia e in altri paesi europei e di contatti con oppositori democratici all'interno di questo paese che è oggetto del regime oggi più repressivo.

IL TEMA DELLA GIUSTIZIA

Per quanto riguarda il tema della giustizia, su cui in questi anni, in Italia, il partito è stato intensamente impegnato e ha conseguito successo e credibilità, si sono di recente verificati eventi che consentirebbero il rilancio in grande stile dell'iniziativa del partito: le polemiche sul ruolo del Consiglio Superiore della Magistratura, conseguenti al caso Meli-Falcone, il caso degli arresti per l'omicidio Calabresi e l'ennesimo esplodere dell'emergenza mafiosa e giudiziaria in Sicilia (da ultimo, l'omicidio Rostagno) e in Calabria fanno tornare di attualità le analisi e le proposte del partito sul ruolo della magistratura, sulla riforma del sistema elettorale e del CSM, sull'uscita dall'emergenza giudiziaria, sulla difesa del cittadino dagli abusi e dagli orrori della macchina giudiziaria. Il partito ha predisposto e presentato proprio in questi giorni un "pacchetto" di proposte di legge su questi temi, ma è evidente che i soli strumenti parlamentari non sono sufficienti: occorre concepire altre iniziati

ve che, anche a partire da casi giudiziari emblematici, coinvolgano la gente ed insieme riaggreghino l'interesse e la partecipazione degli operatori della giustizia che abbiamo avuto al nostro fianco nei referendum.

I PUNTI CHE NON SIAMO RIUSCITI AD AFFRONTARE E RISOLVERE

Fra i tanti, tre punti che non siamo riusciti ad affrontare e risolvere; tre punti che, a mio giudizio, sono molto significativi di una condizione più generale che grava sul partito: l'inadeguatezza e l'insufficienza delle risorse (donne e uomini, mezzi e denaro) di cui disponiamo.

Non siamo riusciti a sollevare Paolo Vigevano dalla responsabilità di amministratore unico di Radio Radicale; non siamo riusciti a trasferire, nei locali acquistati, la sede del partito a Roma; non siamo riusciti a ridurre i costi di funzionamento del partito e ad adeguarne le strutture operative.

Si tratta di punti che con l'iniziativa e l'attività politica - direttamente - ben poco hanno a che vedere, ma che, a mio giudizio, molto hanno a che vedere con il "fare politica".

PREPARARE ANCHE LA CHIUSURA DEL PARTITO

Abbiamo iniziato questa relazione, compagne e compagni, richiamando la mozione da voi approvata a Grottaferrata per quella parte in cui il superamento della crisi finanziaria era posto in diretto collegamento al successo della campagna d'iscrizioni.

Nel concludere, dobbiamo rendervi conto del mandato che, sempre in quell'occasione, ci avete affidato: di preparare, cioè, anche la chiusura del partito.

Il dare seguito a questo mandato ha implicato impegno ed attenzione proprio a causa anche dei rilevanti aspetti che esso comporta sul piano finanziario.

D'altra parte, si è reso necessario utilizzare gli studi e le analisi giuridiche svolte quando si prospettò l'ipotesi di "cessazione dell'attività del partito", in vista della "campagna per i diecimila", per aggiornarle in funzione di una proposta più specifica e quindi diversa, vale a dire quella che, in sintesi, è stata definita "chiusura del partito".

Orbene, è evidente a tutti che ipotizzare la cessazione di attività di un organismo - quale che esso sia - è cosa assai diversa dal porre allo studio un programma di vero e proprio scioglimento di tale organismo, poiché in quest'ultimo caso si tratta di procedere alla fisica estinzione dell'organismo stesso, anziché limitarsi ad incidere sulla sua attività.

Detto questo, ne discende, di conseguenza, che diversi problemi esaminati e studiati a suo tempo, nell'ipotesi di cessazione delle attività (tutela del simbolo, collegamento dei partiti con la comunità ai sensi dell'art. 49 della Costituzione, mantenimento di spazi politici, ecc.) hanno dovuto subire un processo di riflessione e di rinnovato collegamento in chiave giuridica, in cui si sono evidenziati aspetti di rilievo sul piano del diritto civile, in precedenza, se non trascurati, sicuramente valutati in termini riduttivi.

Il mandato conferito dal Consiglio federale al fine di "preparare anche la chiusura del partito", ha quindi significato analizzare il problema sotto questo aspetto, al fine di individuare strumenti, procedure e tempi di attuazione che si collegano necessariamente a disposizioni di legge, a meccanismi di per sé necessari. Ciò implica una valutazione d'ordine politico e giuridico, che spetta al Consiglio federale acquisire affinché al mandato preparatorio affidato al segretario ed al tesoriere succeda un inequivoco mandato operativo per avere già allestiti e pronti gli strumenti, nel caso in cui la chiusura del partito, da linea semplicemente esplorativa, si traduca in una più precisa linea di eventuale scelta politica.

Occorre anche dire, con estrema chiarezza, che la spontanea chiusura di un partito politico - quantomeno nel vigente ordinamento italiano - è un fatto senza precedenti, soprattutto in presenza del meccanismo del finanziamento pubblico che comporta non trascurabili riflessi sul piano finanziario e delle conseguenti responsabilità civili.

Né, d'altra parte, i problemi che oggi si pongono per la chiusura del partito possono essere risolti in forma semplice e piana facendo riferimento ad altri ordinamenti, diversi da quello italiano, che a volte appaiono rendere più agevole la nascita e l'estinzione di forme associative a cui la struttura di un partito in definitiva è riconducibile.

Tutto questo va detto perché da una parte una volta assunta la decisione della chiusura del partito - è d'obbligo porlo in evidenza - si devono considerare acquisite tutte le conseguenze politiche ed i risvolti d'ordine costituzionale-amministrativo che tale chiusura comporta, mentre, dall'altra, si pongono, e subito devono essere affrontati e risolti, i problemi e le necessità che, invece, assumono rilevanza sul piano del diritto civile, cioé in relazione alle norme del vigente codice che disciplinano le fattispecie a cui il partito politico è riconducibile.

Sulla scorta di tale normativa (art. 36 c.c. sentenza del Tribunale di Roma 30/6/82, Cass. 24/3/56 n. 846, 28/10/59 n. 3138, 13/11/70 n. 2410) un partito altro non è che un'associazione non riconosciuta a cui possono essere applicate - per semplice analogia - le norme previste per le associazioni e le fondazioni prive di personalità giuridica.

Da ciò consegue - ed occorre porre il problema con estrema chiarezza - che la chiusura del partito altro non significa, in chiave giuridica, che la messa in liquidazione di una associazione non riconosciuta, con obbligo di pareggio tra debiti e crediti e con responsabilità personale degli organismi rappresentativi di tale partito (attuali e precedenti) per quanto riguarda le eventuali residue esposizioni debitorie nei confronti di qualsiasi terzo.

Così stando le cose, è ovvio che predisporre la chiusura del partito - una volta adottata la decisione politica - significa realisticamente rendere disponibili in anticipo, avendone il mandato, i mezzi per sanare tutte le posizioni debitorie del partito stesso nei confronti di qualsiasi creditore e ciò sia per le partite di debito più recenti, sia per le partite di debito risalenti al passato o comunque rinnovate.

E ciò è assolutamente necessario poiché in assenza di nostre preventive decisioni, tali da consentire, al momento dell'indicazione del Congresso, l'effettiva ed immediata attuazione dei provvedimenti di cui si è detto, verrebbero a mancare le condizioni essenziali per far sì che sia il partito, come tale, a decidere la sua propria chiusura, anziché questa sia poi disposta dall'autorità giudiziaria, per iniziative dei creditori e per azioni esecutive in sede giudiziale.

Il vero problema, care compagne e cari compagni, è quello di essere capaci di essere noi stessi a gestire la responsabilità della chiusura del partito, per non affidarla, se e quando si dovesse determinare, alla volontà ed all'iniziativa di altri, allo sbando di probabili azioni giudiziarie che non solo influirebbero negativamente sull'identità e l'immagine del partito, ma potrebbero - in un processo di eventi al di fuori di qualsiasi controllo - risolversi in un imprevedibile assieme di responsabilità individuali.

A fronte di tali necessità, occorre quindi poter procedere tempestivamente, con chiarezza, concretezza e precisione.

Si può verificare anche la possibilità che la chiusura del partito (legalmente: la liquidazione dell'associazione non riconosciuta) si effettui con un residuo attivo e tale ipotesi - tutta da verificare - suggerisce l'opportunità d'individuare fin d'ora la destinazione e l'utilizzo di tale residuo attivo.

In vista di tale eventualità, un'ipotesi, peraltro già in precedenza considerata, suggerisce e prevede la costituzione di una Fondazione, che, avente come fine la tutela e l'affermazione dei valori di cui il partito è oggi portatore, possa comunque rappresentare un punto di riferimento e di futura riproposta, in termini anche più estesi, di tali valori, laddove ne maturino le necessarie condizioni.

In definitiva occorre predisporre gli strumenti per poter operare in chiave civilistica e finanziaria, occorre cioè che fin da ora alla mozione di Grottaferrata faccia seguito un'ulteriore delibera del Consiglio federale che consenta anzitutto al tesoriere ed anche al primo segretario non più di "preparare", ma di disporre "quanto necessario", in termini tecnici, per consentire la chiusura del partito, laddove ciò emergesse dalle indicazioni della mozione congressuale.

In buona sostanza esistono esigenze d'ordine obiettivo, procedure e tempi che debbono essere osservati con conseguente predisposizione di quanto necessario, e tutto ciò occorre decidere e predisporre sin da oggi.

Tutto ciò, care compagne e cari compagni, sempre che si ritenga l'eventualità della chiusura una possibilità reale e non solo l'ipotesi teorica o un'astratta minaccia.

Detto questo, noi abbiamo assolto l'ultimo dei nostri compiti. Resta a voi, a noi, assieme, l'esame, la valutazione di una situazione che è la più difficile, la più grave, certamente, tra quelle che il Partito radicale ha dovuto affrontare negli ultimi anni. Il Congresso è lì alle porte, tra due mesi: è l'ultima opportunità che ci si offre per quest'anno: si tratta di una scelta anche questa difficile e rischiosa, è inutile nascondercelo, e mi riferisco al valore, al significato ed all'impegno politico che questo traguardo comporta.

Paolo ed io saremo inetti ed imbecilli, ma per superare le difficoltà e limitare i rischi - quelli politici - relativi a questo solo traguardo attuando il programma di cui si è detto, predisposto con la Segreteria, dalle valutazioni fatte, come saldo tra spese da sostenere e possibili entrate, sono necessari altri 900 milioni, che - allo stato - non vediamo come un partito di poco più di 5000 iscritti possa raccogliere o chi ce li possa dare.

Per questo, tenuto anche conto di quanto abbiamo fatto e di quanto abbiamo tentato di comunicare, di trasmettere, di far comprendere in questi dieci mesi, sulla situazione e la prospettiva del partito transnazionale, transpartitico, autofinanziato, ci siamo doverosamente dimessi, pronti qui a fornire il nostro ulteriore contributo al dibattito, ancora animati dalla speranza che assieme a voi sia possibile individuare quelle soluzioni che noi non siamo in grado di prospettare.

E, come vi dicemmo a Madrid, vi ripetiamo che, per quanto ci riguarda, di questo almeno siamo certi: di aver dato in questi mesi tutto ciò che sapevamo e potevamo dare; di più non potevate allora e non potete, oggi, chiederci.

 
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