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Teodori Massimo - 23 dicembre 1988
Droghe, in guerra senza proibizionismo
Massimo Teodori

SOMMARIO: L'autore, primo firmatario della Proposta di Legge per la regolamentazione delle droghe, illustra le ragioni dell'antiproibizionismo, la necessità di questo "pensare nuovo" di fronte all'emergenza droga e la praticabilità normativa di tale ipotesi.

(Il Manifesto, del 23 dicembre 1988)

Proporre la legalizzazione delle droghe potrebbe sembrare di questi tempi una specie di provocazione di fronte all'arrogante, ignorante e illiberale proposta governativa per cui lo Stato si fa sempre più moralista stabilendo ciò che è lecito e ciò che è illecito e, quindi, quel che vada punito non già in base al danno verso terzi ma in seguito ad un criterio valutativo del comportamento individuale.

Abbiamo invece voluto sollevare interrogativi teorici ed apprestare meccanismi di legge capaci di rispondere al "che fare", con una proposta di legge di contenuto radicalmente innovativo, interamente dentro la visione antiproibizionista al fine di dimostrare non solo la necessità di un "pensare nuovo" ma anche la praticabilità normativa di una tale ipotesi.

Come questione pregiudiziale si è posta la separazione della "lotta alla droga" sotto l'aspetto del mercato nero dall'aspetto sociosanitario riguardante i tossicodipendenti. Chi confonde ed intreccia la repressione dei narcotrafficanti con la cura dei tossicomani fa un'operazione truffaldina, teoricamente confusa e praticamente inefficace. Il progetto radicale intitolato "regolamentazione legale delle sostanze psicoattive per sottrarre il traffico delle droghe alle organizzazioni criminali", non si occupa deliberatamente delle questioni strutturali, amministrative e sanitarie dei "feriti" nella guerra alla droga ma appresta solo le armi contro i nemici.

Se è vero che nel mercato ciò che domina è l'offerta e non la domanda; e che l'espansione dell'uso di droghe nelle società occidentali è dovuta ad una pressione senza pari della prima a causa dei profitti astronomici che la vendita illegale produce, allora si ottengono risultati solo con un'azione efficace sui meccanismi che generano l'offerta, cioè sul proibizionismo.

Ecco i cardini della legge. Primo: la regolamentazione legale di tutte le sostanze psicoattive (così denominate con un termine più rigoroso che non "stupefacenti" o "droghe") che includono anche superalcoolici e tabacchi. Secondo: l'inclusione nella farmacopea di eroina e cocaina sottoposte a regime di monopolio. Terzo: per disincentivare l'uso una tassazione progressiva in relazione al rischio. Quarto: la distribuzione di tutte le sostanze (con l'eccezione di alcoolici, tabacco e canapa indiana) solo in farmacia dietro prescrizione rilasciata dal medico che ha il dovere di informare il richiedente della natura delle sostanze, del loro effetto accertato e dei rischi conseguenti ("consenso informato"). Quinto: il divieto assoluto di pubblicità ed una pubblicità negativa per tutte le sostanze. Sesto: un sistema di pene severe per tutte le attività al di fuori delle procedure legali.

Un tale sistema normativo basato sulla legalizzazione più tassazione si muove all'interno di una linea internazionale che si va rafforzando dopo la constatazione del fallimento di tutte le politiche probizionistiche. Chi ha lanciato nei mesi scorsi la campagna sulla droga, e la stampa l'ha amplificata acriticamente (con qualche lodevole eccezione), ha messo in essere in Italia una operazione-imbroglio per cui l'"effetto-annuncio" doveva trovare in sé la propria giustificazione. Con l'indicazione antiproibizionista abbiamo inteso riportare, con un contributo puntuale anche di fantasia legislativa, il dibattito al suo punto cruciale e cioè al modo in cui si può arginare e sconfiggere la dilatazione dell'uso delle droghe colpendo il meccanismo di accumulazione di enormi profitti da parte della mafia internazionale.

Certo, nessuno ha la soluzione pronta e definitiva in un terreno così complesso e delicato, tanto più che non esistono verifiche sperimentali se non nel passato e su altri terreni (alcoolici). E' vero tuttavia che il cammino deve essere fatto a piccoli passi ed in una dimensione internazionale; ma occorre cominciare subito, nella direzione giusta e con coraggio, per arginare l'irresponsabilità delle operazioni propagandistiche in atto che lasceranno, se si affermeranno senza essere contrastate, molto amaro in bocca.

 
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