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Arnao Giancarlo - 1 febbraio 1989
Guerra alla droga: il costo della burocrazia
Giancarlo ARNAO

ITALIA - Medico, autore di numerosi libri sugli aspetti farmacologici e sociali delle sostanze stupefacenti e di studi sulle droghe legali (alcol e nicotina); è conosciuto come uno dei più autorevoli studiosi del fenomeno droga. Da anni impegnato nella campagna per la depenalizzazione dei derivati della cannabis, è tra i fondatori del CO.R.A.

SOMMARIO: Le politiche nazionali in materia di droga sono in gran parte ispirate dalle organizzazioni internazionali che fanno parte delle Nazioni Unite. L'opinione pubblica interpreta questo status internazionale come garanzia di obiettività e di democrazia. Bisogna constatare al contrario che in materia di droga la politica delle Nazioni Unite riflette le ideologie dei partiti politici al potere e in particolare quelle dei paesi più forti. D'altro canto la centralizzazione delle politiche ad un livello così elevato determina una immobilità e una incapacità ad adattarsi alle realtà concrete.

("I costi del proibizionismo sulle droghe" - Atti del colloquio internazionale sull'antiproibizionismo, Bruxelles 28 settembre - 1 ottobre 1988 - Ed. Partito Radicale)

Per affrontare il problema della droga sono state create diverse istituzioni a livello nazionale ed internazionale.

Gran parte di esse fanno parte dell'ONU.

L'organo decisionale supremo è l'assemblea generale dell'ONU. Le decisioni vengono elaborate dal Consiglio Economico e Sociale (ECOSOC) (Economic and Social Council)

All'ECOSOC appartengono due agenzie.

1) La Commissione sulle droghe stupefacenti (Commission on Narcotic Drugs), che è responsabile delle decisioni politiche e legislative.

2) L'Ufficio Internazionale di Controllo sugli Stupefacenti (INCB) (International Narcotic Control Board), che ha funzioni di valutazione e di controllo sulla applicazione della Convenzione Unica.

Altre agenzie ONU che sono interessate al problema sono:

3) L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) (World Health Organization), che con la sua sezione Comitato degli Esperti sulla Dipendenza da Droghe (Expert Committee on Narcotic Drugs) (appartenente alla Divisione di farmacologia e Tossicologia) fornisce consulenza specialistica.

4) Il Fondo ONU per il Controllo dell'Abuso di Droga (UNFDAC) (U.N. Fund for Drug Abuse Control), creato nei primi anni 70 per finanziare programmi finalizzati a risolvere i problemi dell'abuso di droghe.

Nell'ambito della C.E. opera il »Gruppo Pompidou .

Le organizzazioni internazionali, e in particolare quelle dell'ONU, hanno nell'opinione pubblica una immagine di massimo prestigio e di massima obiettività dovuta al fatto che il loro status super-nazionale viene assimilato ad una posizione »super partes .

In realtà, sul problema della droga, come per altri, la presenza contestuale di rappresentanti di diversi stati non assicura necessariamente quella articolazione di opinioni che è l'unica garanzia di un dibattito oggettivo, a meno che i criteri di scelta dei componenti delle agenzie stesse non vengano esplicitamente informati a questo scopo.

I rappresentanti dei singoli paesi nelle agenzie ONU vengono scelti o dai governi o dalle burocrazie locali: essi sono quindi per lo più destinati a riflettere la tendenza e le culture delle classi politiche al potere.

D'altra parte, come accade per altri problemi, le attività operative e le scelte politiche delle agenzie ONU riflettono inevitabilmente gli equilibri di potere e quindi i rapporti di forza fra i diversi stati.

Queste affermazioni trovano conferme persuasive da una analisi dei comportamenti delle agenzie ONU.

Un dato significativo, seppure praticamente ignorato, è il fatto che i documenti ufficiali dell'ONU, a partire dalla C.U., usano una serie di parole-chiave per giustificare la normativa del controllo internazionale: »abuso , »uso non medico , »narcotico , »sostanza psicotropa , »droga ,: ebbene , nessuno di questi termini viene definito in maniera univoca, né nel testo della C.U. (che pure è provvisto di un dettagliato »Glossario ), né in altri documenti dell'ONU o dell'OMS.

Il dato più indicativo sulla »soggettività della politica dell'ONU nel campo delle droghe è la scelta delle sostanze da sottoporre a controllo.

Stante che lo scopo del controllo dovrebbe essere quello di tutelare la salute pubblica, un discorso completo sul controllo delle droghe avrebbe dovuto includere anche le sostanze psicoattive più popolari nel mondo industrializzato, come l'alcool e il tabacco. La Convenzione Unica si è invece occupata esclusivamente di sostanze come i derivati dell'oppio, della cannabis e della coca, cioè di intossicanti voluttuari che erano tradizionalmente usati in Asia, Africa e America Latina. Non è azzardato collegare questa scelta come dettata da rapporti di forza fra le nazioni industrializzate e quelle in via di sviluppo. Questo atteggiamento è reso in maniera esemplare dalle motivazioni per cui è stata resa illegale la cannabis: il fatto che non aveva un »uso medico , dimenticando che essa veniva usata a scopo voluttuario da centinaia di migliaia di persone nei paesi non industrializzati!

Il ruolo dei rapporti di forza non riguarda soltanto il confronto fra Nord e Sud del mondo, ma anche l'egemonia degli USA rispetto agli altri paesi occidentali. Tale egemonia è stata ampiamente documentata (cfr. Hulsman 1984, p. 58, Inglis 1975, p. 198, Latimer 1981, pp. 165-174, Solomon 1969, p. 80 e altri). Il tipo di politica patrocinata dagli USA è rivelata dal rappresentante che venne scelto sulle scene internazionali. Harry Anslinger, direttore del Narcotic Bureau, artefice della criminalizzazione della cannabis negli USA nel 1937 attraverso una campagna propagandistica che non aveva nessun riscontro con la realtà (cfr. Becker 1966, pp. 140-142. Brecher 1972, p. 416. Grinspoon 1971, pp. 24-26, Musto in Mikuriya 1973, pp. 419-444. Kaplan J. 1971, pp. 92-97 e 101. National Commission 1972, p. 16), venne nominato rappresentante degli USA sia alla Società delle Nazioni che alla Convenzione Unica del 1961 (cfr. Inglis 1975, p. 198).

La credibilità scientifica dell'agenzie ONU è dimostrata dal fatto che ancora oggi esse insistono a equiparare cannabis ed eroina, che sono accomunate nella tab. IV della C.U., soggetta al massimo livello di controlli, facendo esplicito riferimento alle »proprietà particolarmente pericolose (Art. 2, par. 5 a) rispetto a quelle delle sostanze incluse nelle tab. I (oppiacei e morfina). II (codeina e derivati) e III (preparazioni contenenti oppiacei o codeina). Così dimostrando di ignorare tutto quanto è stato pubblicato e documentato circa le enormi differenze di pericolosità fra cannabis ed eroina, ed è ormai patrimonio conoscitivo anche delle fasce più arretrate dell'opinione pubblica mondiale. Ma, il che è più paradossale, l'ONU non sembra essersi accorta neppure che alcune legislazioni nazionali (fra cui quella italiana e britannica) hanno disatteso la classificazione della C.U., attribuendo a cannabis ed eroina livelli di controllo differenziati.

La necessità di separare concettualmente le droghe illegali da quelle legali ha costretto l'Organizzazione Mondiale della Sanità ad un comportamento singolare rispetto alla questione della dipendenza.

L'OMS ha riconosciuto l'esistenza di una dipendenza da tabacco (ben conosciuta dai milioni di persone che hanno cercato di smettere di fumare) soltanto nel 1973, ma non l'ha inserito nella classificazione delle »dipendenze specifiche creata nel 1965, che si riferiva tra l'altro anche a sostanze (come gli allucinogeni) che non determinano dipendenza e a sostanze (come la cannabis) per cui una vera e propria dipendenza è soggetta a discussioni: e ha creato per la »dipendenza da tabacco una classificazione a parte, denominata »abuso non-dipendente (cfr. Jaffa 1977, p. 210).

La separazione droghe illegali e legali è stata rivendicata in diverse occasioni anche negli ultimi tempi. In un Convegno ad Amelia nel settembre 1987, il direttore dell'UNFDAC ha affermato che »(...) a rigore l'alcool non è una droga, altrimenti lo è anche la pastasciutta quando se ne mangia troppa (»Corriere della sera ,19 settembre 1987). La diversità »strutturale fra droghe legali ed illegali è teorizzata da un autorevole consulente scientifico dell'ONU, Gabriel Nahas, secondo cui la capacità di indurre dipendenza è 7 volte maggiore per la cannabis che per l'alcool: tale valutazione è basata sul confronto fra l'incidenza dei casi di alcoolismo (cioè dipendenza da alcool) nei paesi occidentali e quella di uso quotidiano (che non significa necessariamente dipendenza) di cannabis in Giamaica (cfr. »Bull. on Narcotics , vol. XXXVIII, pp. 3-4-1986).

La diffusione di alcool nel terzo mondo è stata denunciata diverse volte dai governi di quei paesi (cfr. Inglis p. 223 e Whituker 1987, p. 134), ma gli interventi dell'ONU e dell'OMS non sono apparsi molto decisi. Al contrario nel 1984 il Segretario del Council on Alcohol Policy (USA) ha denunciato la censura dell'OMS ad un documento (»Bevande alcooliche: dimensioni del potere corporativo ), in cui venivano analizzate le conseguenze sanitarie della vendita delle bevande alcooliche nel terzo mondo. Il Prof. Griffith Edwards dell'Università di Londra (autore della prefazione) »ha dichiarato di temere che il rapporto sia stato insabbiato dalla burocrazia dell'OMS, un cui funzionario ha confermato che esso non dovrebbe essere pubblicato poiché gli aspetti sanitari del problema non sono stati sufficientemente valutati (ASPE 1984, n. 84, 0058).

La politica delle agenzie ONU sembra improntata al principio della immutabilità. Il Delegato francese della Commissione Internazionale sulle Droghe Stupefacenti ha dichiarato nella sessione del 1973:

»La questione della relativa innocuità di diverse varietà di cannabis, era senza dubbio di interesse teorico e clinico, e l'OMS dovrebbe certo continuare le sue ricerche in questo senso, ma queste ricerche non dovrebbero essere autorizzate ad influire in qualsiasi modo sul controllo internazionale (UN: Doc. E/CN. 7/SR. 727, cit. da Whitaker 1987, p. 220).

In altri termini, la completa separatezza fra oggettività scientifica e politica della droga viene qui esplicitamente teorizzata.

La separatezza riguarda anche gli aspetti più banali del fenomeno. Secondo il rapporto 1982 dell'INCB »anche l'uso occasionale di cannabis provoca normalmente dei mal di testa, vertigini, diarrea, vomito, malattie addominali e tutta una serie di malattie alle orecchie, al naso, alla gola (cit. da »Il Manifesto , 9 febbraio 1982).

Ora, davanti a dichiarazioni del genere c'è da chiedersi se questi »esperti abbiamo mai visto o interrogato qualcuno delle centinaia di milioni di persone che usano quella sostanza.

La tendenza a mantenere lo status quo è rigorosamente sancita dalla Convenzione Unica, la cui normativa è strutturata in tal modo che è relativamente facile introdurre nuove sostanze nel novero di quelle controllate, ma è praticamente impossibile togliere quelle che ci sono:

»Le possibilità di cambiare questi trattati nel prossimo futuro sono praticamente zero. Questo si è scoperto quando Olanda e USA - in momenti differenti - hanno cercato di cambiare i trattati rispetto alla sostanza cannabis. Modifiche formali della Convenzione unica sono possibili. Ma le procedure relative a queste modifiche sono così complicate e così condizionate alla cooperazione della maggioranza dei membri della Commissione Stupefacenti che non vi sono reali chance di successo (Hulsman 1984, p. 61).

In effetti, non è finora mai accaduto che una sostanza sia stata cancellata dalla lista della C.U.: al contrario, per quelle che ci sono la principale ragione di rimanerci è quella di esserci sempre state.

Questo atteggiamento è d'altra parte motivato da un presupposto apparentemente umanitario, che è l'esigenza vitale di opporsi alla »droga , flagello sociale di prima grandezza tra quelli che minacciano l'umanità.

In questa prospettiva, è significativo che le agenzie ONU tendano a enfatizzare i tratti minacciosi del fenomeno.

Il Rapporto INCB del 1985 ha sostenuto che »le droghe costituiscono la più grande minaccia complessiva all'umanità (»la Stampa , 18 gennaio 1985), lasciando intendere che l'esistenza di armamenti nucleari e convenzionali, il disastro ecologico, la fame e la carestia del terzo mondo (per non parlare delle droghe legali, tabacco e alcool, che fanno cento volte più vittime di quelle illegali) siano al confronto problemi banali. I giornali prendendo sul serio queste dichiarazioni (la Stampa ha titolato per l'occasione »La droga peggio dell'atomica ), senza riflettere sul fatto che queste agenzie hanno tutto l'interesse a dimostrare di avere una funzione di vitale importanza per l'umanità - e una relativa esigenza di congrui supporti di potere ed economici.

Rispetto all'opinione pubblica, ciò attribuisce alle agenzie ONU una immagine in qualche modo »nobile , laddove esse danno l'impressione di battersi per un obiettivo di alto valore ideale.

In realtà questo »ideale è piuttosto una »ideologia , cioè una struttura concettuale basata su »principi : l'ideologia che mira a »combattere la droga più che a risolvere i problemi concreti provocati agli individui dalle droghe.

L'approccio ideologico converge con quello burocratico nel rifiuto del pragmatismo, e nella riluttanza a focalizzare i problemi concreti: il primo in nome della fedeltà ai principi, il secondo per il rispetto delle norme formali.

La storia e i documenti delle agenzie ONU mostrano molti casi in cui il pragmatismo e l'oggettività scientifica sono prevaricati da ideologismo e burocratismo.

Esemplare in proposito è un recente documento:

»(...) nelle discussioni circa l'abuso di droga, sono state usate comunemente diverse espressioni che, in buona fede o con intenzione fuorviante, alimentano una concezione errata e impediscono la comprensione della natura dei problemi della droga. L'ONU scoraggia l'uso di tutti i seguenti termini e concetti: (uso ricreativo) di droga, (uso responsabile) di droga, (decriminalizzazione) e la definizione di droghe (pesanti) o (leggere) (UN 1987, p. 49).

In altri termini, l'ONU pretende qui di cancellare dal dibattito alcuni fenomeni o ipotesi attraverso la censura delle parole e addirittura dei »concetti cioè dei pensieri - un atteggiamento quasi esorcistico, da testo religioso.

I problemi relativi alle istituzioni sono stati affrontati dalla Commissione Governativa USA nel suo Rapporto del 1973, in un paragrafo intitolato »Il perpetuarsi del problema . Essa si riferisce alla situazione americana, ma può evidentemente applicarsi ad ogni altra situazione nazionale e supernazionale:

»A causa della intensità della preoccupazione pubblica e della emotività collegata al problema della droga, tutti i livelli di governo sono stati spinti all'azione con poco tempo per pianificare. La pressione politica (...) si è risolta in una concentrazione delle risorse pubbliche sui più immediati aspetti dell'abuso di droga e in una iniziativa lungo le strade di minore resistenza politica. Il recente risultato è stato la creazione di sempre più grosse burocrazie, con spese sempre crescenti di denaro, e una diffusione di pubblicità, per far sapere al pubblico che (qualcosa) viene fatto.

Forse la maggiore conseguenza di questa politica è stata la creazione a livello federale, statale e privato, di un interesse costituito nel perpetuarsi del problema fra coloro che dispensano e ricevono i fondi.(...) Durante gli ultimi anni, i programmi per la droga sono diventati una industria di molti miliardi di dollari, che amministra le sue proprie esigenze oltre a quelle della sua utenza. Nel contesto dei suoi sforzi intesi a fin di bene di fare qualcosa (...), questa società potrebbe avere istituzionalizzato inavvertitamente un progetto senza fine (Nat. Comm., 1973, p. 27).

»La Commissione è preoccupata che i presupposti fondamentali sul problema e la risposta organizzativa del complesso (industriale dell'abuso di droga) possano piuttosto che risolvere o smitizzare il problema, tendere a perpetuarlo (op. cit., p. 3).

Secondo diversi AA. è stata questa tendenza al perpetuare la propria attività a determinare la violenta campagna anti-marijuana del Federal Bureau of Narcotic negli anni '30, culminata con la proibizione della sostanza a livello federale.

»Anslinger nel 1936 si trovò nella situazione che il budget del FBN era diminuito quasi del 26% in quattro anni. La risposta del FBN era di cercare di apparire più necessario: in sostanza, di allargare il raggio delle sue operazioni (...): allora, sostenne che era necessario controllare la marijuana a livello federale. Come risultato fu passato il Marijhuana Tax Act del 1937 e i dati fino ad allora declinanti di arresti, condanne e sequestri del FBN si gonfiarono: nel 1938 una condanna per droga su quattro a livello federale era per marijuana (Young 1971, p. 103).

Un'ultima questione occorre ricordare rispetto alle agenzie internazionali.

Il fenomeno dell'uso e abuso di droghe non è legato solo alle sostanze, ma è influenzato in larga misura sia dalle circostanze di uso, sia dalla personalità di chi le usa, sia dal contesto culturale e sociale.

Di fronte ad una problematica così complessa e così legata a realtà culturali e geografiche diverse, la politica delle agenzie ONU ha sempre dimostrato un assoluto disinteresse per i fattori del problema legati alle situazioni locali. Questo atteggiamento è stato evidente sin da quando sono state proibite droghe tradizionali in paesi del terzo mondo, favorendo o quanto meno accelerando la penetrazione delle droghe occidentali: alcool, tabacco e psicofarmaci. E si concreta anche al giorno d'oggi, nella misura in cui, di fronte al continuo aumento della diffusione delle droghe illegali, le agenzie ONU propongono, oltre ad un aumento delle misure repressive, una uniformità di comportamenti fra tutti i paesi del globo. Uniformità che si concreta anche nel rifiuto di esperienze che almeno a livello locale hanno dato buoni risultati.

E' noto in proposito l'atteggiamento verso la politica del Governo olandese. Esso è stato attaccato a fondo dal Rapporto 1983 dell'INCB, perché l'approccio »permissivo minaccia il consenso che è alla base del sistema internazionale di controllo e il »principio che vincola tutte le nazioni a ridurre la disponibilità della droga (cfr. Kaplan C. 1984, p. 1). In altri termini, non si mettono in discussione i risultati della politica olandese, ma la si critica perché contraddice una questione di principio.

La Conferenza internazionale dei Ministri dell'ONU a Vienna del 1987 ha di nuovo rimproverato »certi governi , giudicati »troppo permissivi o troppo sprovveduti nell'applicazione delle leggi e ha proposto una nuova convenzione internazionale che unifichi ulteriormente le politiche nazionali (cfr. Engelsman 1987, p. 8).

In questo modo, le agenzie super-nazionali si arrogano il diritto di incidere pesantemente sulle culture periferiche, preconizzando una omologazione planetaria per la scelta degli intossicanti voluttuari. Ciò investe un problema di democrazia, che Hulsman ha così formulato:

»Un altro aspetto della legislazione internazionale sulle droghe è che la sua applicazione non è compatibile con le esigenze della democrazia materiale. Nel momento in cui la C.U. E' stata accettata dagli stati europei, le sostanze proibite da quei trattati erano praticamente sconosciute in Europa. L'accettazione non è stata preceduta da alcun dibattito pubblico. Tutto il problema era visto come una questione tecnica che riguardava i territori coloniali ma non avrebbe avuto nessun impatto sulla madre patria (Hulsman 1984, p. 60-61).

Ma questa centralizzazione investe anche problemi di funzionalità.

Una interessante analisi di Hulsman ha individuato quattro livelli di intervento rispetto al fenomeno dell'uso di droghe illegali:

1) primo livello, che ha un contatto diretto con il fenomeno: poliziotti, servizi sociali, operatori medici e sociali;

2) secondo livello che comprende coloro che gestiscono la politica a livello locale: magistrati, amministratori locali;

3) terzo livello, che comprende coloro che gestiscono la politica a livello nazionale: ministeri della giustizia, della sanità, degli affari esteri, ecc;

4) quarto livello, che comprende chi gestisce la politica a livello internazionale: agenzie ONU, interpol, ecc.

Questo ultimo livello è in grado (previa consultazione con agenzie del terzo livello) di imporre leggi e norme di comportamento a chi opera nel secondo o nel primo livello.

D'altra parte, secondo Hulsman:

»è chiaro che le possibilità di recepire segnali provenienti dalle diverse situazioni concrete e di fare una politica che vi si adatti sono migliori al primo ed al secondo livello. Come abbiamo visto (...) una »dimensione limitata è la condizione necessaria per una struttura di partecipazione, e una struttura di partecipazione è una condizione necessaria per l'adattabilità della politica in questo campo. Ciò implica che il primo e il secondo livello esigono una larga misura di libertà rispetto al terzo e al quarto livello (...).

Il quarto livello ha rispetto a questo problema delle adattabilità un ruolo molto particolare. Attualmente questo livello riceve dati molto incompleti e molto inattendibili sulla misura in cui gli scopi della politica vengono raggiunti. Informazioni sugli effetti collaterali indesiderati di questa politica non vengono ricevute. L'agenzia che opera a questo livello non è di una natura tale da permetterle di elaborare informazioni di questo tipo. Anche se tale organizzazione fosse cambiata in modo da essere in grado di farlo, le procedure abituali non consentono una reale possibilità di reagire adeguatamente a queste informazioni. La tendenza alla sclerosi del quarto livello ha come conseguenza (...) una resistenza contro tutti gli adattamenti che vengono elaborati ai primi tre livelli della politica della droga. Basarsi sul quarto livello implica quindi una immobilità della politica della droga (Hulsman 1984, p. 69).

Bibliografia

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