Ambrogio VivianiITALIA - Nasce a Cremona nel 1929 da famiglia di tradizioni militari. Sposato con tre figli. Entrato in Accademia militare ha comandato per 9 anni il Plotone e la compagnia Bersaglieri. Ha il brevetto di paracadutista civile, militare italiano e tedesco e quello della Special Force degli U.S.A.. Ha frequentato la Scuola di Stato Maggiore Interforze e il Centro Studi Alta Difesa. Ha prestato servizio nello Stato Maggiore dell'Esercito, è stato addetto militare presso le ambasciate italiane in Germania, Danimarca e Olanda. Ha comandato il Reggimento Bersaglieri, la Brigata Meccanizzata e la Brigata Paracadutista. Per 4 anni capo del Controspionaggio italiano. Dopo aver lasciato il servizio militare, si dedica a studi e ricerche storico-militari; ha pubblicato 7 libri, tra i quali ``Storia dei servizi segreti italiani da Napoleone ad oggi'' e il ``Manuale del Controspionaggio''. Iscritto al Partito Radicale, è deputato subentrante nel 1989.
SOMMARIO: L'autore constata il completo fallimento della repressione delle droghe, ai livelli della produzione, del trasporto e del consumo. Da qui la necessità di agire sulla domanda piuttosto che sull'offerta per ridurre il consumo della droga. Politiche antiproibizioniste possono contribuire a debellare la criminalità legata al traffico degli stupefacenti.
("I costi del proibizionismo sulle droghe" - Atti del colloquio internazionale sull'antiproibizionismo, Bruxelles 28 settembre - 1 ottobre 1988 - Ed. Partito Radicale)
INTRODUZIONE
Queste note hanno lo scopo, dal punto di vista tecnico-operativo e nel quadro di uno scambio di conoscenze ed anche di incertezze esistenti in materia, di mettere in evidenza il fallimento della attuale politica di repressione del traffico della droga, auspicare una revisione della relativa attività internazionale e nazionale, indicare una soluzione più conveniente.
Nella esposizione la parola droga viene usata in senso ampio e generico; per traffico di droga si intende un complesso di attività svolte in tre momenti fondamentali la produzione, il trasporto e il consumo; si terrà presente l'opportunità di essere semplici, logici e chiari in modo da essere compresi da tutti nella considerazione che sul problema esistono molti pregiudizi e notevoli preconcetti il più delle volte distorti. Il problema droga nel suo significato più vasto, si pone oggi drammaticamente alla umanità senza alcun limite od ostacolo territoriale, politico, religioso, sociale di età o di altra natura. E' un problema cioè di tutti.
I suoi aspetti internazionali devono essere quindi considerati di primaria importanza non solo ai fini di una loro corretta valutazione, ma soprattutto allo scopo di potere giungere ad una sua soluzione che non può nel modo più assoluto e con indiscutibile evidenza essere ricercata e raggiunta nel solo ambito nazionale pur facendo attenzione a non trascurare le problematiche locali.
Non si può dire che ciò non sia stato riconosciuto dalla maggior parte degli Stati: il primo trattato internazionale è del gennaio 1912 (la Convenzione dell'Aja riconfermata poi nei trattati di pace del 1919), il primo organo internazionale consultivo sul traffico della droga fu creato dalla Società delle Nazioni nel 1921, e a decine si contano i trattati internazionali che si sono succeduti fino a giungere alla Convenzione Unica di New York del 1961, al suo perfezionamento del 1972, e alla Convenzione di Vienna del 1971.
Nel gennaio del 1987 alla prima conferenza internazionale della ONU su abuso e traffico della droga, la Commissione sui narcotici ha elaborato un ``progetto comprensivo multidisciplinare'' (CMO) sulla futura attività antidroga in previsione di una nuova Convenzione.
Per la collaborazione internazionale il massimo organismo è ``l'Organo internazionale per il controllo della droga (OICS)'' che ha il compito di limitare produzione, traffico e uso degli stupefacenti alle sole esigenze mediche e scientifiche, di impedire produzione, traffico e uso illegittimo, di realizzare in accordo con i Governi interessati consultazioni regolari e missioni speciali.
L'OICS collabora con gli altri organismi internazionali tra i quali ricordiamo:
- quelli della Organizzazione mondiale della Sanità (OMS)
- la Commissione degli stupefacenti del Consiglio economico e sociale che dal 1946 gestisce la politica dell'ONU in materia
- la Divisione stupefacenti del Segretariato delle NU che cura in particolare i contatti internazionali e le ricerche
- il Consiglio per il coordinamento delle Dogane
- il Gruppo Pompidou del Consiglio d'Europa
- i Gruppi droga delle Commissioni CEE
- la Commissione ECOSOC (?) sui narcotici
- il Fondo delle NU per la lotta contro l'abuso della droga, (FNULAD) cui l'Italia contribuisce con 65 miliardi
- quelli della organizzazione internazionale della polizia criminale (OPIC-INTERPOL), della ICA (?), della TREVI (?).
Denominatore comune per 75 anni di tutti questi documenti e organismi internazionali è il criterio della repressione e in altre parole della guerra alla droga.
La droga è vista giustamente come un nemico esterno che attacca la gioventù quale aliquota più cara e preziosa della popolazione e quindi vi è pregiudizialmente una disposizione favorevole alla repressione-guerra vista come attività giusta e nobile. E' facile per i Governi dire combattiamo, rende, è popolare dire combattiamo; è facile alla opinione pubblica accettare emotivamente questo criterio senza approfondire la questione il che è però necessario fare.
Per la valutazione del problema droga sembra opportuno procedere esaminando separatamente i tre momenti fondamentali rappresentati da produzione, trasporto e consumo.
LA PRODUZIONE
A questa attività si dedicano innanzitutto grandi organizzazioni criminali capaci di gestirla in proprio e di assicurarla militarmente con veri e propri Eserciti, Marine, Aviazioni (Khun Sha in Birmania).
Vi sono Paesi produttori i cui Governi a regime che potremmo definire narcocratico, hanno fatto e talvolta ufficialmente (Laos, Pakistan, Iran, Turchia, Siria, Afghanistan) della droga una risorsa economica nazionale e di conservazione del potere, anche se in definitiva soltanto un quinto del denaro ricavato va alla produzione stessa. Ad esempio nel 1987 i Paesi produttori della America latina (Dati DEA Drug Enforcement Administration) su un valore al dettaglio di 130 miliardi di dollari hanno avuto un ritorno di soli 20 miliardi.
Ma vi sono anche Paesi (Perù, Messico, Thailandia) che diventano o restano produttori perché non hanno le strutture politico sociali e militari necessarie per condurre una repressione sul proprio territorio talmente esso è vasto e impervio e Paesi (Colombia, Bolivia, Birmania, Thailandia) la cui classe dirigente è rappresentata o è controllata dalle grandi famiglie produttrici.
Certo le Convenzioni internazionali impegnano i Paesi aderenti (Ma solo quelli) ad una certa politica e ad un certo controllo ma sappiamo benissimo quanto spesso i trattati internazionali, pur utili e necessari, servano a manifestare le buone intenzioni ma anche a dissimulare quelle cattive.
E allora come impedire la produzione o meglio come limitarla alle esigenze sanitarie e scientifiche e come controllarla? Esiste, lo abbiamo ricordato, un apposito fondo delle NU, il FNULAD, per assistere i Paesi produttori (Calcolati in 35 nel 1987) nella riconversione delle coltivazioni illecite di droga, ma questo Fondo si è logicamente rivelato come l'ennesimo inutile sperpero di denaro pubblico a favore soprattutto di chi lo gestisce.
Come infatti pensare che un contadino decida di rinunciare alla coltivazione di ciò che gli rende di più? Come credere che elevando il suo basso livello sociale e culturale egli metta da parte i criteri economici di di un alto guadagno perché gli sono venuti scrupoli di coscienza?
Lo stesso Segretario delle NU ha ammesso il fallimento degli scopi del Fondo informando che contadini i quali avevano accettato le compensazioni in denaro, avevano poi si trasformato le coltivazioni di droga, ma a 50 chilometri di distanza ne aveva create altre che rendevano circa dieci volte di più, come è accaduto in Colombia.
Imporre o attuare con la forza militare la distruzione delle coltivazioni non è realistico: dove vi è stato un intervento militare con la distruzione delle piantagioni, delle piste di atterraggio e dei porti, con il sequestro di centinaia di aerei e di navi non si è per niente raggiunto lo scopo.
Voler oggi ricorrere, come autorevoli persone hanno proposto, ad un intervento armato per imporre a uno o più Paesi di cessare la produzione della droga, appare assolutamente irrealizzabile non solo tecnicamente ma anche per la reazione di altri Stati. Non potrebbe mancare infatti il fondato sospetto sulla esistenza di altri scopi oltre a quelli della repressione del traffico, nonché la legittima protesta per la violazione del diritto internazionale. E poi, come far guerra a Paesi con i quali esistono trattati di alleanza per altri tipi di interessi? Come evitare di coinvolgere popolazioni innocenti? Una operazione di questo genere potrebbe forse, ma non lo crediamo, essere decisa e condotta dalle Nazioni Unite ammesso che queste avessero un minimo di capacità operativa.
E quali sarebbero i risultati? Dopo l'intervento la criminalità organizzata ritornerebbe ad avere la prevalenza in un ambiente dal controllo impossibile e inevitabilmente sconvolto da una successiva e interessata guerriglia.
I costi materiali, morali e sociali di una guerra di questo genere sarebbero immensi quanto inutili.
Nel suo complesso la repressione della produzione non ha provocato altro che un aumento della produzione stessa e un aumento del costo della droga.
La soluzione, non vi è dubbio, sta solo nel rendere la produzione dipendente dalle sole esigenze mediche e scientifiche incidendo cioè sulla domanda nel rendere cioè, attraverso criteri economici, la produzione non conveniente o meno redditizia di un'altra.
IL TRASPORTO
Dal luogo della produzione a quello del consumo, la criminalità internazionale ha realizzato una catena di passaggi caratterizzati dall'impiego di mezzi e sistemi diversissimi tra loro, molteplici e progressivamente sempre più ramificati non solo per evitare la repressione ma anche per poter raggiungere i singoli consumatori (Valutati 40 milioni in tutto il mondo).
La catena è inoltre strutturata per livelli (Valutati in sei) in modo che ciascun operatore conosca un solo operatore del livello superiore e quindi in caso di repressione eviti danni all'intero sistema.
In Italia nel 1987 sono stati arrestati trafficanti appartenenti a 81 Paesi diversi mentre 545 trafficanti italiani sono stati individuati in 29 Paesi stranieri.
E' una criminalità potentissima per capacità tecnica, per preparazione professionale degli operatori e perché dispone di ingenti, illimitate, incontrollate disponibilità finanziarie. Il traffico si svolge non solo nell'ambito delle competenze territoriali dei singoli Paesi produttori (Sono 35 nel 1987) e dei Paesi complici (Cuba, Nicaragua, eccetera) ma anche negli spazi aerei e sulle acque internazionali e su veicoli che come è noto conservano gran parte dei diritti di extraterritorialità.
Come fermare le navi e gli aerei? Come perquisirli e individuare i nascondigli? Come controllare milioni di colli spediti attraverso tutto il mondo dal minimo pacco al grande container?
Soltanto in Italia in un anno fanno scalo nei porti e negli aeroporti 65.000 navi e 95.000 aerei internazionali e 122.000 nazionali. E chi ci può dire quanti milioni di carri merci e di autoveicoli entrano ogni anno in Italia? L'Ammiraglio Trost, Capo delle operazioni navali USA, ha recentemente dichiarato: ``Le Forze Armate e quelle di Polizia non potrebbero fermare il contrabbando della droga anche se non facessero altro che questo''.
Ancora un elemento da tenere presente: la organizzazione del trasporto della droga viene utilizzata anche, stante la sua esistenza e la sua perfezione, per altre attività criminali come il traffico illegale di armi, di capitali, la prostituzione, eccetera, eccetera.
Valutato il trasporto in connessione con la produzione si è inoltre accertato, anche in Italia, che le grandi organizzazioni internazionali ricorrono al terrorismo (832 gravi atti nel mondo nel 1987) allo scopo di attirare in questo campo le Forze di Polizia distraendole dalla repressione del traffico di droga.
Soltanto per la repressione vengono annualmente spesi dagli USA 2034 milioni di dollari e dall'Italia 6.000 miliardi di lire.
Come per la produzione anche per il trasporto si deve necessariamente concludere che il solo modo per fermarlo è quello di intervenire sulla domanda.
IL CONSUMO
Nella repressione del consumo al quale, malgrado la repressione a monte, giunge il 95% del prodotto, sembra che ogni Paese proceda per conto suo malgrado i contatti internazionali, ma forse, ammesso che sia necessario, è impossibile fare altrimenti stante la diversa mentalità, abitudini, ambienti, costumi, eccetera.
Il consumo è certamente determinato dalla domanda dietro alla quale vi sono bisogni in vario modo determinati da: reazione ad uno stato di depressione provocato da altri problemi insoluti (Disoccupazione, dispiaceri), ricerca di una soddisfazione diversa rispetto ad altre già raggiunte, motivi banali come la curiosità, l'emulazione, la moda, l'ignoranza e altro.
Ma prima di tutto il consumo è influenzato dalla offerta. La criminalità esercita una vera e propria attività promozionale con la tradizionale tecnica commerciale: offerta di campioni gratuiti, offerta di prodotti sempre più efficaci (droghe leggere-eroina-cocaina) e in quantità maggiore (Lava più bianco - paghi due prendi tre), offerta di droghe più economiche (Crack), ricerca di nuove aree di vendita con l'invio di commessi viaggiatori, creazione di nuovi punti di vendita (Discoteche, pizzerie, sale da gioco) e via di seguito.
Nella fase finale (Ultimo livello) vengono impiegati i tossicodipendenti stessi come clienti-propagandisti-spacciatori. E' per questo che il 95% degli spacciatori arrestati è rappresentato da tossicodipendenti.
In Italia in base alla Legge 685 del 1975, ormai obsoleta e inadeguata, si considera in definitiva patologico qualsiasi uso da parte di chiunque in qualsiasi circostanza.
Importantissimo osservare che in tutti i Paesi con il fenomeno consumo si verifica un aumento sempre più grande a danno dei cittadini, della microcriminalità e cioè di piccoli atti criminali singolarmente di scarso rilievo ma gravissimi nel loro complesso collegati alla esigenza dei tossicodipendenti di procurarsi il denaro necessario per la dose giornaliera. E' accertato ad esempio che nel 1987 si sono avuti nella città di Napoli 420.000 microreati collegati al consumo della droga. A questo proposito è da tenere presente il fenomeno del vittimismo per il quale si tiene presente il problema dei drogati e si trascura il problema dei cittadini innocenti vittime dei primi. Si esaspera cioè il problema individuale a scapito del problema sociale di più ampio respiro.
Forse questo atteggiamento è determinato dall'orrore che provoca la figura del tossicodipendente in crisi, dalla pietà per il suo stato e da un certo senso di colpa collettiva per non aver saputo prevenire una tale situazione.
Se un adulto responsabile decide di drogarsi, la società ha verso di lui alcuni doveri, come vedremo nelle conclusioni, ma tra questi non certo quello di usare la forza per proteggerlo da se stesso. La sua vita gli appartiene come al suicida: bisogna dissuaderlo ma non è possibile fargli la guardia giorno e notte e egli prima o poi si ucciderà.
Non vogliamo però uscire qui dai nostri limiti di competenza tecnico-operativa.
In ogni caso, indipendentemente dalla soluzione repressiva (Proibizionismo) o da quella regolativa (Antiproibizionismo), permane l'esigenza di incidere sulla domanda anche per il consumo come per la produzione e il trasporto.
LA SITUAZIONE ITALIANA
Prima di concludere riteniamo doveroso ed interessante un accenno alla situazione italiana sulla quale nessuna seria ed organica indagine conoscitiva è mai stata fatta.
Nel nostro Paese i tossicodipendenti sono valutati in circa 500.000 il che vuol dire, in proporzione, come in Francia e in Spagna.
Di essi circa 30.000 sono in cura presso i 500 Enti pubblici e i 300 Enti privati (dei quali non esiste un albo), sottoposti al controllo e alla vigilanza del Ministero della Sanità (Art. 1, Legge 685), i quali sono carenti sotto ogni punto di vista, non sono coordinati tra loro e sono male distribuiti sul territorio nazionale.
Nel 1987 si sono avuti quasi 1000 morti per droga (40 dieci anni prima) ma non si sa quanti siano deceduti negli ospedali e nelle cliniche private per le conseguenze collaterali oltre che dirette.
la informazione pubblica ad ogni decesso ci fornisce con rituale solennità il numero dei morti raggiunto dall'inizio dell'anno (E' morto oggi... sale così a .... il numero dei tossicodipendenti.....). Allo stesso modo potrebbe e dovrebbe ad esempio esprimersi per i morti da alcoolismo e non lo fa perché a metà anno sarebbe costretta a frasi di questo genere: ``Sono morti oggi per alcoolismo 241 persone; sale così a 38.000 il numero degli alcoolizzati deceduti dall'inizio dell'anno'' (In Italia infatti i morti per alcool sono annualmente circa 80.000. I dati ufficiali parlano di 20.000).
Lo stesso si potrebbe dire per il tabagismo, per il traffico e altro.
In questo modo (e magari con fotografie tragiche) il fenomeno droga viene emotivamente reclamizzato creando una artificiosa tensione isterica a danno di una valutazione obiettiva del problema e dando ad esso una preminenza rispetto ad altri più gravi problemi come la fame nel mondo, le armi batteriologiche e chimiche, i disastri ecologici. Dei delinquenti emersi nel 1987 a seguito di 12.000 operazioni (ufficiali 10.090) di polizia (» 36% rispetto al 1986) ne sono stati denunciati per traffico e spaccio 23.000 (ufficiali 19.000 » 9 deferite al pretore) (» 23% rispetto al 1986) dei quali 19.000 arrestati dei quali 13.000 detenuti in carcere. Nel complesso della criminalità italiana, su 10 reati ben 8 sono collegati alla droga così come l'80% dei detenuti. Il fatturato del traffico italiano della droga è di 30.000 miliardi annui (Dati CENSIS).
Attualmente il livello di forza delle nostre tre principali Polizie (Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza) raggiunge la cifra di 200.000 uomini dei quali in ogni momento in servizio ve ne sono circa 70.000.
Se si tiene conto come abbiamo visto che su 10 reati 8 sono collegati alla droga, ecco che il personale impiegato nella repressione del fenomeno ammonta in ogni momento a circa 50.000 uomini. Come far fronte alle altre esigenze imposte dai delinquenti?
Dal canto suo l'apparato giudiziario è assorbito dai reati connessi alla droga, questi sono così tanti che non li può soddisfare tutti in tempi decenti e tanto meno quindi gli altri.
Che cosa contrappone lo Stato italiano ad una tale situazione? Secondo la Legge 685 (Art. 1) sembrerebbe il Ministero della Sanità essere il responsabile di tutto sia in campo nazionale sia in campo internazionale ma la stessa legge (Art. 7) impiega il Ministero dell'Interno per la attività di prevenzione e di repressione. Ai due si affianca anche un Ministero per gli affari speciali il quale sta attualmente elaborando una nuova legge.
Per la repressione il Ministero dell'Interno ha un Servizio centrale antidroga con compiti di:
- coordinamento tra i reparti antidroga della Polizia di Stato dei Carabinieri e della Guardia di Finanza (e se necessario e richiesto anche con reparti delle Forze Armate come prevede l'articolo 3 della citata legge)
- cooperazione con l'Amministrazione Doganale
- esame degli aspetti internazionali del problema in contatto con analoghi Servizi stranieri, con gli uffici centrali nazionali della INTERPOL, con propri uffici dislocati presso le Rappresentanze diplomatiche all'estero dipendenti dal Ministero Affari Esteri.
Una attività informativa sempre nella repressione del traffico della droga viene svolta anche dai Servizi segreti parte in modo diretto (Ultimo rapporto del luglio 1988) e parte in modo indiretto dati i compiti istituzionali per quanto riguarda SISMI, SISDE, Servizi delle tre Forze Armate, Polizia militare, mentre altri sono impegnati in modo soltanto diretto (UCIGOS ufficio centrale investigazioni generali e operazioni speciali, Servizio informazioni dei Carabinieri, Servizio informazioni della Guardia di Finanza).
Qualsiasi lettore si rende immediatamente conto della impossibilità pratica di far funzionare unitariamente, come sarebbe necessario, un simile carrozzone di organi ministeriali con i quali inoltre dovrebbe essere collegata la Magistratura.
Secondo dati non certi ma nemmeno smentiti, lo Stato italiano spende per la lotta alla droga 6.000 miliardi annui.
CONCLUSIONE
I risultati di 75 anni di attività di repressione internazionale e nazionale del traffico della droga (produzione, trasporto, consumo) sono da considerare nulli. L'uso e l'abuso sono drammaticamente aumentati. Infatti se prendiamo visione dell'ultimo rapporto riferito al 1987 dell'Organo internazionale per il controllo degli stupefacenti (il già citato OICS) non possiamo che constatare un completo fallimento; lo stesso rapporto dopo essersi arrampicato sugli specchi, al paragrafo 5 afferma che ``nessun progresso significativo potrà essere fatto nella lotta alla droga se non si riduce offerta e domanda''.
Altrettanto fallimentare, se ci riferiamo alla situazione italiana, si presenta il bilancio presentati nel rapporto 1987 del Ministero dell'Interno; a questo rapporto si è in parte già accennato.
Fallimentari sono anche i rapporti degli altri principali Stati interessati al problema.
Gli organismi internazionali e gli Enti privati si sono costituiti in gruppi di pressione e di interessi (Interessi anche spirituali), collegati al perdurare della politica del proibizionismo e della repressione, stabilizzandosi e vivendo per se stessi. Singoli e gruppi, attraverso questa politica, giustificano la loro esistenza al fine di conseguire prestigio, benemerenze, riconoscimenti pubblici e spesso finanziamenti pubblici. Possiamo allora affermare che il traffico della droga è in mano a due tipi di mafia: la mafia e l'antimafia.
Le Leggi nazionali e le convenzioni internazionali che regolano la guerra alla droga, così come viene condotta, non si possono né rispettare né far rispettare e si rivelano quindi inutili e soprattutto sbagliate.
Davanti alla constatazione del fallimento storico della lotta repressiva che ha portato alla situazione tragica di oggi, non si sa prospettare altro che di continuarla mentre la criminalità diventa sempre più invincibile e grande.
E concludiamo.
Abbiamo visto che la risposta ottimale ai tre momenti del traffico della droga sta nell'agire sulla domanda; questa risposta non certo perfetta si può esplicare come segue: Dissuadere - controllare - legalizzare.
DISSUADERE
Una cultura e una informazione sulla droga condotta sistematicamente, seriamente e dettagliatamente può prevenire e fermare l'aumento della domanda e può contenere l'uso ed evitare l'abuso. Capire cioè di più e spiegare di più. Con l'informazione è anche necessaria una disciplina della pubblicità oggi vergognosamente svolta a favore di alcune sostanze psicotrope come i superalcolici e il tabacco.
Informare non vuol dire vietare e tanto meno vietare con la forza. Informare vuole anche dire saper informare in quanto ci potrebbe essere una gradazione che va dalle droghe leggere (vino, tabacco, tranquillanti, sonniferi, hashish, marijuana e via di seguito) fino all'eroina e simili.
I potenziali tossicodipendenti e i normali cittadini devono essere informati su ciò a cui vanno incontro facendo uso della droga e devono essere responsabilizzati sulle conseguenze che tale scelta ha per se stessi e anche per gli altri.
Vogliamo una società di uomini informati e consapevoli del bene e del male e di ciò che conviene o no oppure un asilo infantile dove imporre (ammesso che sia possibile) con la forza la scelta tra bene e male?
CONTROLLARE
La cura e il recupero dei tossicodipendenti, o meglio di coloro che desiderano essere curati, rientra nei doveri dello Stato verso una parte dei cittadini che non devono venire considerati criminali o viziosi come taluni vorrebbero fare. Anche il vizio, la disposizione al male, l'acquiescienza a ciò che è riprovevole, l'errore o la debolezza dell'uomo, è una realtà oggettiva della quale è doveroso prendere atto. Come è doveroso il rispetto della scelta personale (non l'approvazione). Cura e recupero devono essere il risultato della informazione e della decisione personale ma non possono diventare un obbligo. D'altra parte, come obbligatoriamente ricoverare centinaia di migliaia di persone? Come pensare di poter curare chi non vuole essere curato? Come accettare sistemi Hitleriani o Staliniani? Chi, come per l'alcool e il tabacco, esige il diritto personale alla scelta della droga non può non sottrarsi poi al dovere di subirne le conseguenze e di non far subire conseguenze ad altri.
LEGALIZZARE
Oggi il mercato della droga è libero con offerta indiscriminata e incontrollata e il traffico relativo non è reprimibile con la forza. Chi vuole cominciare non trova alcun ostacolo oggi.
La domanda del tossicodipendente, un ammalato o un fratello da assistere, deve essere soddisfatta non attraverso la criminalità organizzata ma attraverso l'assistenza del medico di fiducia per ogni aspetto, compreso quello della quantità e della qualità e del farmacista secondo i casi. Rispetto dunque della responsabilità professionale dei medici e loro valorizzazione.
Non si auspica che la droga sia posta in vendita come il tabacco o l'alcool ma si auspica la adozione di una strategia sanitaria sostitutiva della fallimentare strategia repressiva.
La legalizzazione non è liberalizzazione e neppure offerta indiscriminata ma soddisfacimento controllato di una domanda reale. La legalizzazione è controllo di un mercato oggi tragicamente libero. La legalizzazione non è accettazione della normalità della droga come non è giudizio sulla moralità della droga.
Il problema è indubbiamente comune e internazionale ma con la politica del dissuadere, controllare, legalizzare si potrà:
- eliminare la grande criminalità collegata alla droga
- eliminare la microcriminalità
- disimpegnare Magistratura e Forze dell'Ordine rendendole disponibili per la lotta ai delinquenti (anche certo contro quei delinquenti che potrebbero offrire la droga ai ragazzi e che oggi sono indisturbati)
- destinare il denaro oggi inutilmente speso alla dissuasione e al controllo nonché alla soluzione di altri problemi sociali collaterali a quello della droga come la emarginazione, la disoccupazione, l'ignoranza
- assistere i tossicodipendenti in modo serio e concreto.