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Fejto Francois, Loquenzi Giancarlo - 1 febbraio 1989
La speranza di una nuova democrazia
Intervista a Francois Fejto di Giancarlo Loquenzi

SOMMARIO: Nell'intervista rilasciata a Giancarlo Loquenzi, Francois Fejto descrive la situazione politica dell'Ungheria, le riforme in corso e le prospettive. Il grande storico e politologo d'origine ungherese parla delle speranze di un popolo che "è forse il più europeo degli europei".

(Notizie Radicali n· 21 del 1· febbraio 1989)

D: Signor Feijto, vorrei avviare questa nostra conversazione chiedendole innanzitutto come giudica i fatti che in questi giorni hanno portato l'Ungheria sulle prime pagine di tutti i giornali europei.

R: Credo che le due leggi che sono state adottate dall'assemblea nazionale ungherese l'11 gennaio scorso, rappresentino un passo in avanti importante sulla via della democratizzazione, lungo la quale l'Ungheria si è messa in cammino. Lo stesso dibattito al Parlamento è stato incredibilmente interessante. E' stato stupefacente, infatti, come dei deputati che, in fondo, sono stati eletti sulla base di una vecchia legge, e comunque all'insegna del partito unico, si siano di colpo calati nel ruolo di autentici rappresentanti del paese, il modo in cui hanno interrogato il governo, hanno proposto degli emendamenti, hanno dato vita a dibattiti a cui tutti gli Ungheresi hanno potuto assistere, poiché sono stati trasmessi per televisione. In tutti i casi, queste due leggi - l'una che sancisce il diritto di riunione e l'altra il diritto di creare associazioni, autonome dal partito e dal governo, - sono un fatto molto importante. Evidentemente, queste due leggi attendono di essere ancora completate, poiché non è ancora

chiaro se la legge sulle associazioni comprenda la possibilità di fondare dei sindacati autonomi, o anche un partito o più partiti. In definitiva resta da capire se si va davvero verso la fine del sistema a partito unico e verso il pluralismo politico, cosa che una gran parte dell'opinione pubblica reclama da tempo. Bisogna rendersi conto che in Ungheria non si è atteso Gorbaciov perché - soprattutto negli ambienti intellettuali - si arrivasse a creare un certo numero di associazioni indipendenti ed autonome. Ce ne sono alcune, sorte già nel corso dell'anno passato, senza che fossero pienamente legalizzate, ma che hanno acquistato un'importanza nazionale. C'è il "Forum democratico" che più o meno è sulle posizioni moderate di uno dei membri riformisti del politburo, eletto nel comitato centrale nel maggio scorso, Janos Pozsgay, che ha già delle organizzazioni in tutto il paese, prima nelle città e ora anche nei villaggi di campagna. Il Forum comincia a comportarsi come un vero e proprio partito, non un part

ito di opposizione, ma un partito di dialogo con il governo. C'è poi l'Unione dei Liberi Democratici, che riunisce dei gruppi autonomi già esistenti, come gli ecologisti, gli obiettori di coscienza ed altri...Costoro si identificano come gruppo di opposizione molto radicale, domandano reale democrazia, elezioni libere ecc...C'è ancora la Federazione dei Giovani Democratici, diffusa soprattutto fra gli studenti, c'è il Sindacato Libero dei ricercatori scientifici, che conta tra i suoi membri già un migliaio dei migliori scienziati del paese. Queste organizzazioni sono esistite illegalmente, ma in qualche modo tollerate dal governo nel corso degli ultimi due anni, adesso con le leggi dell'11 gennaio - che resterà una data memorabile nella storia dell'Ungheria - hanno la possibilità di funzionare in piena legalità. Lo stesso potrebbe valere per le molte case editrici che hanno pubblicato numerosi fogli clandestini, sorta di samizdat, che ora potranno essere pubblicati e diffusi alla luce del sole. C'è dunque un

a certa evoluzione in Ungheria; si potrebbe dire che da noi la glasnost è andata più avanti anche della Russia di Gorbaciov.

D: Proprio a proposito di Gorbaciov, vorrei chiederle quale pensa che sia l'atteggiamento di Mosca nei confronti di Budapest dopo i fatti di cui ha parlato?

R: Beh, occorre distinguere: ci sono i gorbacioviani a Mosca e come sapete non ci sono solo loro, c'è una forte componente conservatrice. E questa componente conservatrice di Mosca ha il suo pendant a Budapest; in seno al partito stesso le forze conservatrici si stanno organizzando, non stanno a guardare. Certo l'ala gorbacioviana del Cremlino, gente come Yakovlev o Afanasiev, guardano con molta simpatia a quanto accade in Ungheria, che è comunque un po'' avanti sulla strada del gorbaciovismo. Vede, uno dei miei amici, un rifugiato ungherese del 1956, che adesso fa il magistrato a Parigi, ma che è recentemente tornato in Ungheria per tenere una conferenza sul liberalismo davanti ad una platea entusiasta, mi ha riferito le opinioni di un personaggio molto in alto del governo ungherese, il quale ha detto che i limiti di tolleranza di Mosca nei confronti della democratizzazione e della liberalizzazione dei regimi dell'Europa centrale e dell'Est, si sono molto allargati, e sono forse anche più larghi di quanto i

l governo ungherese ha fatto finora. L'Ungheria assieme alla Polonia danno oggi le maggiori speranze di realizzazione della politica gorbacioviana, e quindi anche le maggiori paure che questa non si riveli altro che un fenomeno di breve durata. Dal cuore stesso del Cremlino, a causa delle enormi difficoltà a cui Gorbaciov deve fare fronte, può partire un regresso, un rigelo. Dobbiamo ricordare che dopo quasi quattro anni di amministrazione gorbacioviana la situazione economica e alimentare dell'Unione sovietica non è affatto migliorata. Anche in Ungheria, d'altronde, c'è uno scarto notevole tra la liberalizzazione della vita intellettuale ed una situazione economica che è estremamente grave. Il governo attuale è sul punto di avviare una politica di austerità, abolendo le sovvenzioni concesse fino ad oggi per certi prodotti alimentari, cosa che provocherà un aumento dei prezzi dei generi di prima necessità dal 10 al 30 per cento. Di conseguenza, avremo un ulteriore abbassamento del livello di vita. La situazi

one in Ungheria è in generale migliore di quella russa, ma è comunque preoccupante a causa dell'indebitamento dell'Ungheria che è quasi pari a quello della Polonia. C'è da dire che fino ad ora gli operai polacchi non hanno dovuto troppo preoccuparsi di inflazione e di aumento dei prezzi, pur avendo i salari da tempo congelati. In conclusione, però, avremo quest'anno un aumento medio dei prezzi del 15-20 per cento a fronte di un aumento dei salari che non supererà il 5-6. E' facile quindi prevedere che si preannuncia un anno molto difficile per gli Ungheresi. L'unica cosa è che l'Ungheria ha un'agricoltura che funziona. Già il governo Kadar varò delle riforme che hanno consentito ai contadini dei buoni guadagni, ma per quanto riguarda la classe operaia la situazione è più difficile: il governo si appresta a chiudere molte fabbriche non produttive e che finora godevano di forti sovvenzioni statali, per questo ci potrà essere molta disoccupazione anche in Ungheria. A questo bisogna aggiungere che decine di migl

iaia di Ungheresi della provincia della Transilvania si rifugiano in Ungheria a causa della repressione e dell'oppressione patologica di Ceausescu. Tutto ciò aumenta le difficoltà attuali del governo, proprio nel momento in cui la stampa, la radio, la televisione in Ungheria possono essere considerate libere da qualsiasi censura. C'è una libertà di parola che ha preceduto molto le due leggi di cui parlavamo all'inizio.

D: Si parla molto in questi giorni di riforme costituzionali in Ungheria, che cosa ci si può aspettare da questo genere di provvedimenti?

R: Il governo ha chiesto, proprio l'altro ieri, un rinvio fino al mese di agosto e non più aprile come era stato fissato in precedenza, per portare davanti al Parlamento un nuovo progetto di legge teso ad autorizzare la fondazione di altri partiti oltre quello comunista. Per questo motivo avremo, da qui ad agosto, una grande battaglia nel Parlamento e nel Paese, tra gli elementi conservatori del partito che non vogliono ad alcun prezzo spartire il loro potere con altri partiti, con l' opinione pubblica, con la società, e gli elementi riformatori che stanno sempre più organizzandosi. La riforma costituzionale dovrà toccare proprio questi temi: sarà il passaggio da un sistema a partito unico ad un sistema multipartitico. Infatti nella costituzione che è attualmente in vigore l'egemonia del partito comunista, il suo monopolio politico, la sua esclusività, sono chiaramente sanciti. E' questo punto che occorre modificare, assieme a quello evocato anche dal Parlamento ungherese qualche giorno fa, che mira a perpet

uare la memoria di Stalin nell'ordinamento dell'Ungheria. Ci saranno degli articoli destinati a scomparire ed altri articoli che si stanno preparando con un lavoro legislativo sempre più importante.

D: Signor Feijto, qui in Italia un certo dibattito si è aperto tra i politologi, alcuni dicono che la via verso il multipartitismo sarà molto difficile perché l'Ungheria non ha una solida tradizione di democrazia politica. E' vero secondo lei?

R: L'opinione pubblica occidentale è disinformata. L'Ungheria ha una tradizione parlamentare che risale approssimativamente alla stessa data della tradizione parlamentare inglese. C'era la Carta, data dai re ungheresi nel tredicesimo secolo, che istituì allora quello che si è chiamato "la dieta". E' vero che era una dieta feudale, ma era comunque un parlamento che funzionava come quello di Londra, che era concepito sulla base di quello di Londra; e coloro che conoscono Budapest sanno che il parlamento ungherese, l'edificio del parlamento, è simile a quello di Westminster.

Anche sotto il regime dell'ammiraglio Horti, prima della guerra, c'era un parlamento in cui era rappresentato un importante partito social-democratico, gli agrari, ecc...e c'era una vita parlamentare, anche sotto quel regime autocratico.

Dopo, dal 1945 al 1948, c'è stato in Ungheria un governo di coalizione e una vita parlamentare che assomigliavano a quelli dell'Italia e della Francia, c'era un governo composto da comunisti, social-democratici, agrari, cristiani, ecc... Negli anni 48-49 al momento della presa di potere poliziesco dei comunisti è stato abolito, ma dire che non c'è una tradizione parlamentare in Ungheria, evidenzia una non conoscenza del passato dell'Ungheria. Non si deve dimenticare che in Ungheria all'inizio del secolo, dopo un dibattito parlamentare estremamente difficile, è sorto un governo liberale e il parlamento ha adottato delle leggi sul matrimonio civile, sul matrimonio tra cattolici e protestanti, tra cattolici ed ebrei...e che erano assolutamente moderne per il 1904-1905.

Vede dunque che non si può dire che l'Ungheria manchi di tradizione democratica, e si dimentica che sotto la monarchia austro-ungarica l'Austria ha introdotto il suffragio universale nel 1907 e cioè non molto dopo i governi dell'occidente. Dopo il 1945, e anche dopo 1918, è diventato di moda pensare che la Boemia-Moravia - che è oggi la Cecoslovacchia - l'Ungheria, la Polonia austriaca oppure la Croazia, erano dei paesi senza vita parlamentare, senza democrazia; e questo era completamente falso. C'è una tradizione; e credo che se si autorizzano i partiti ad organizzarsi - del resto hanno già cominciato, gli agrari, i social-democratici ecc... - ci sarebbe il pericolo per il partito comunista, anche con delle elezioni parlamentari limitate, di perdere la sua egemonia, la sua posizione. Ed è precisamente l'oggetto della battaglia che si svolge tra i riformisti e i conservatori; c'è la paura dell'apparato comunista, la paura dei vecchi partiti che sono ancora nella memoria della gente. E' vero che si tratta del

1948-49 e risale a 40 anni fa, ma la memoria dei popoli è una memoria attiva, e i figli sanno che c'era allora in Ungheria una libertà e una democrazia più grande di adesso. Anche sotto gli Asburgici. Questi partiti si organizzeranno rapidamente e se non ci fosse la paura di vederli resuscitare, di vederli organizzarsi, questa autorizzazione sarebbe stata accordata da molto tempo.

D: Signor Feijto, un'ultima domanda, vorrei sapere quali sono secondo lei, i sentimenti, le attitudini che gli Ungheresi hanno verso l'Europa comunitaria?

R: La settimana scorsa uno degli economisti più conosciuti dell'Ungheria ha chiaramente proposto che l'Ungheria rompa i suoi legami con il Comecon a meno che quest'ultimo non si riorganizzi in un modo completamente diverso, e che l'Ungheria si giri totalmente verso l'Europa, riorientando i suoi scambi economici verso l'Europa. La grande speranza degli Ungheresi è di potersi rialzare economicamente, culturalmente e socialmente, di recuperare 40 anni sprecati e perduti, con l'aiuto dell'Occidente europeo. Il modello sovietico che gli è stato imposto, il modello sovietico economico e politico, è crollato, non esiste più, lo stesso Gorbaciov, i suoi stessi collaboratori lo confessano (uno di loro ha dichiarato qualche settimana fa che adesso ci si accorge che Marx si è sbagliato quando pensava che si può avere un'economia senza mercato). Il modello è crollato e si è alla ricerca di un nuovo modello, ma non ci sono modelli, l'Ungheria come gli altri popoli guarda verso l'Europa e gli Ungheresi sono forse più euro

pei, hanno più premura di vedere l'Europa unirsi e che possano essere aiutati ed orientati da questa Europa e sono forse più europei degli europei stessi.

 
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