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Stanzani Sergio - 22 aprile 1989
35· Congresso di Budapest(6) Relazione del primo segretario
Sergio Stanzani

VI.

IL PARTITO RADICALE, LA QUESTIONE AMBIENTALE E UNA POLITICA PER LA DIFESA DELL'ECOSISTEMA

SOMMARIO: Nel sesto capitolo della relazione presentata dal Primo segretario del Partito radicale al Congresso di Budapest, Sergio Stanzani illustra i contenuti e gli obiettivi della politica ecologica del Partito.

(35· Congresso del Partito Radicale, Budapest 22-26 aprile 1989)

Il forte sviluppo, ovunque in Europa, dei movimenti verdi ed ecologisti, il loro successo anche elettorale in numerosi Stati, l'uscita allo scoperto, ormai da tempo, di movimenti ecologisti anche dei paesi dell'Europa centrale ed orientale, l'attenzione e l'omaggio, almeno nominale, che sempre più spesso rivolgono alla questione ambientale i governi ed i partiti, sembrerebbero contraddire analisi pessimistiche.

Non sottovalutiamo questi movimenti. Ce ne sentiamo partecipi.

Siamo a tutti gli effetti un partito "verde". Anzi siamo stati il primo partito verde presente nelle istituzioni parlamentari. Per un lungo periodo, in Italia, con l'opposizione e perfino con gli ostruzionismi in Parlamento, con i referendum nel paese, siamo stati i protagonisti di un'opposizione sostanzialmente vittoriosa contro la politica nucleare, oltre a fornire una continua, attiva presenza contro la distruzione sistematica del territorio, gli inquinamenti, la caccia.

Recentemente, nel 1985 e nel 1987, dimostrando di non avere alcun interesse di bottega da difendere e di non temere nessuna concorrenzialità, abbiamo favorito e contribuito ad accelerare il costituirsi di un autonomo soggetto verde e la sua presentazione alle elezioni, prima regionali e poi politiche.

Questi movimenti e le loro rappresentanze elettorali sono fatti importanti, perché testimoniano di un diffuso sentimento di paura e di protesta nell'opinione pubblica e fra le più giovani generazioni. Ma la cultura, spesso pre-politica o diffidente rispetto alla politica dei movimenti verdi, è ben lontana dal poter dare un contributo positivo alla soluzione delle grandi questioni ecologiche. Per impedire che queste si trasformino in grandi catastrofi nucleari e per realizzare uno " sviluppo ecologicamente sostenibile" - come chiede il rapporto Bruntland, venti anni dopo le analisi di Aurelio Peccei, di Mansholt e del Club di Roma sui "Limiti dello sviluppo" - sono indispensabili iniziative politiche e forme di mobilitazione civile transnazionale e nuovi poteri sovranazionali.

Meno di tre anni fa, quando aprimmo il nostro 32· Congresso con la relazione di uno scienziato sul "buco dell'ozono", fummo giudicati, come al solito, dei sensazionalisti. Oggi abbiamo potuto cominciare questo nostro Congresso con una manifestazione comune contro il buco dell'ozono. Ed è una testimonianza di quanta strada sia stata percorsa. Ma sul piano istituzionale, la distanza da colmare rimane enorme. Gli accordi internazionali che nel frattempo sono stati raggiunti, a parte la lentezza dei tempi di ratifica e di esecuzione, sono spaventosamente inadeguati. Gli investimenti nella ricerca sono inesistenti, i tempi di conversione industriale lunghissimi. Su questa questione i paesi del terzo mondo hanno fatto valere la loro opposizione e i Governi dei paesi comunisti - con l'eccezione del Governo ungherese - si sono allineati ai Governi del terzo mondo.

Le dichiarazioni dei Governi ed i convegni internazionali rischiano di distrarre l'attenzione dell'opinione pubblica, di diffondere l'illusione che il problema si stia risolvendo, per meglio invece rimandarne la soluzione.

Sulle altre grandi questioni (deforestazione, desertificazione, inquinamenti, piogge acide) la situazione è ancora più grave.

Oggi è necessaria una coscienza ecologica ed ecologista mondiale, una capacità di governo transnazionale.

I ventuno Capi di Stato e di Governo (e, tra questi, e lo salutiamo con grande apprezzamento, il Primo Ministro ungherese), che hanno firmato, nel marzo scorso, un appello contro il degrado del pianeta, hanno dichiarato la loro disponibilità a rinunciare a segmenti di sovranità nazionale pur di concorrere costruttivamente al destino comune.

Si tratta di una dichiarazione di grande importanza, anche se forse la strada migliore resta quella, da un lato, dell'assegnazione di reali poteri al Consiglio di Sicurezza dell'ONU e dall'altro quella di sperimentare un'effettiva politica ambientale comune da parte della Comunità europea, attraverso nuove, più rigorose normative vincolanti; ed è indispensabile prevedere forti accelerazioni nella cooperazione e nella corresponsabilizzazione tra Ovest ed Est Europa.

 
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