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Stanzani Sergio, Vigevano Paolo - 29 agosto 1989
NOTE AGGIUNTIVE ALLE RELAZIONI PREDISPOSTE DAL PRIMO SEGRETARIO E DAL TESORIERE PER LA RIUNIONE DEL CONSIGLIO FEDERALE CHE DOVEVA TENERSI A STRASBURGO ALLA FINE DEL MESE DI LUGLIO '89

SOMMARIO: Nella nota aggiuntiva alle relazioni predisposte dal Segretario Sergio Stanzani e dal Tesoriere Paolo Vigevano per il consiglio federale del 1-5 settembre 1989 a Roma, vengono delineati tre possibili scenari relativi allo sviluppo del Partito Radicale alla luce delle sue difficoltà economiche. Nel primo scenario si prevede la prosecuzione dell'attività del Partito radicale fino all'esaurimento dell'attuale legislatura del Parlamento italiano; nel secondo e nel terzo si attiva invece il procedimento di liquidazione del PR individuando due scadenze possibili, gli inizi del 1990 o la metà del 1992.

Questa riunione del Consiglio Federale doveva tenersi alla fine di luglio a Strasburgo in occasione dell'inizio della nuova legislatura del Parlamento Europeo. La riunione - come sapete - è stata rinviata nella speranza di poter avere qui con noi anche i componenti del Consiglio Federale, i compagni e gli amici da noi invitati e residenti in Unione Sovietica.

Nel corso di questo mese non sono sorti elementi tali da richiedere la modifica delle relazioni dal Tesoriere e da me già predisposte per la precedente scadenza. Le relazioni per questa riunione sono pertanto quelle a tutti già note perché inviate da tempo a ciascuno di voi - anche nella traduzione in inglese, francese, russo per coloro che non sono di lingua italiana - con allegati i documenti preparati da Maurizio Turco e Danilo Quinto sull'analisi dei dati economici e dell'attività del partito e da Olivier Dupuis e Lorenzo Strik Lievers sul panorama che sembra prospettarsi in relazione all'evolversi della situazione nei paesi del centro e dell'est europeo.

Al fine di favorire la discussione del Consiglio Federale, Paolo ed io abbiamo comunque ritenuto utile, avvalendoci ancora una volta come elemento di riferimento del parametro economico-finanziario, delineare tre possibili scenari relativi allo sviluppo della situazione del partito.

Questo anche perché, se è vero - come è vero - che l'analisi, le considerazioni e le valutazioni contenute nelle due relazioni mantengono intatte la propria validità e attualità, tuttavia le due ipotesi contenute nelle conclusioni, e con le quali si prospettano possibili soluzioni per superare la situazione in cui ci troviamo, risentono in una qualche misura del tempo trascorso. Tra l'altro è necessario tenere conto delle indicazioni emerse dal dibattito che si è svolto qui a Roma dal 31 Luglio al 2 Agosto, nel corso del seminario che gli organi esecutivi del partito hanno tenuto congiuntamente agli iscritti eletti nel parlamento italiano e in quello europeo.

Si è trattato di un incontro che ha messo in evidenza più elementi contrastanti di incertezza che punti di vista e orientamenti convergenti e chiare e precise indicazioni operative. Alcuni di questi elementi possono incidere sulla valutazione e la praticabilità delle due ipotesi, in particolare della prima. E' quindi opportuno riferirne, sia pure succintamente.

In sintesi, la prima di queste ipotesi si avvale, anzitutto, del dispositivo previsto dalla mozione conclusiva del Congresso di Budapest e, di conseguenza, il primo segretario, il tesoriere, il presidente del partito e il presidente del Consiglio Federale assumono i "pieni poteri". Il Consiglio Federale li impegna in una unica iniziativa transnazionale da realizzare entro la prima metà del prossimo anno. A Gennaio non si convoca il Congresso. L'iniziativa, se realizzata con successo, dovrebbe determinare quelle "nuove condizioni" che sono richieste per assicurare l'esistenza del partito. Al contrario, l'insuccesso costituisce di per sé il termine ultimo, definitivo, dell'esistenza del partito.

La seconda ipotesi non prevede il ricorso ai "pieni poteri", poiché si ritiene possibile e necessario proseguire in condizioni di "normalità statutaria" fino al Congresso - il 37· - che si deve pertanto convocare e che si dovrà svolgere nei primi giorni di gennaio dell'anno prossimo. Questa ipotesi si propone anzitutto di consentire al partito una fase di "riflessione" su cosa e come debba configurarsi l'"altro partito", il "nuovo partito", il partito radicale transnazionale e transpartitico, in grado di esistere "al di fuori delle istituzioni".

Obiettivo prioritario dei prossimi mesi diviene così il problema di quali regole e con quali criteri e modalità il partito debba e possa operare, ma anche quali siano le proposte e gli obiettivi, le alleanze e gli insediamenti. In questa ipotesi si sottolinea inoltre la necessità assoluta di fornire precisi orientamenti e indicazioni operative agli organi esecutivi del partito affinché, ricostituiti nei componenti o, quanto meno, riconfermati, questi possano assicurare una gestione efficace dell'attività da svolgere fino al prossimo Congresso.

In relazione a questa seconda ipotesi è soprattutto il mese di tempo trascorso che ne fa venir meno la possibilità di rispettarne i vincoli e le scadenze, mentre restano immutate l'attualità e la validità delle esigenze espresse con questa ipotesi.

Per quanto riguarda la prima delle due ipotesi, ricorderete che il cardine è costituito dall'obiettivo dell'iniziativa, obiettivo che per assicurare il successo deve essere capace di rispondere a due requisiti, entrambi essenziali.

Il primo: esigere e, di fatto, imporre - all'interno del partito - agli iscritti, ma anzi tutto all'intero gruppo dirigente- nessuno escluso- un impegno diretto, assolutamente prioritario, pressoché esclusivo. Il secondo: ottenere - all'esterno del partito - il coinvolgimento effettivo e la partecipazione diretta non solo di esponenti di rilievo di forze, movimenti e gruppi politici e di personalità che siano espressione di qualificati ambienti sociali e culturali, ma anche di esponenti e personalità del mondo economico e finanziario, tutti operanti in paesi non solo europei ed interessati a fornire e a raccogliere energie e risorse adeguate per dar vita e vitalità ad una prima forza politica capace di essere fattivamente transnazionale e transpartitica. Sono queste le condizioni che potrebbero consentirci di superare la contraddizione in cui ci troviamo e di sciogliere i nodi con i quali questa ci avvince e rischia di soffocarci: effettuare nella continuità (senza disporre dei tempi e delle energie ne

cessarie) la conversione di ciò che il partito è e non può più essere, in ciò che dovrebbe essere e ancora non può essere, evitando quella soluzione di continuità che con il venir meno di ciò che siamo, senza poter conoscere se e cosa potremo essere, giustamente, tanto ci preoccupa e ci angoscia.

Noi siamo stati in grado di suggerire, come obiettivo, solo quello di riunire nella prossima primavera a Mosca una grande assise, di rilievo tale da consentirci di superare la contraddizione e di sciogliere i nodi in un "unico momento di transizione" dal "vecchio" al "nuovo".

L'ipotesi e l'obiettivo sono stati considerati, nel corso del seminario e anche successivamente, l'una poco praticabile e l'altro, comunque, non risolvente.

Due infatti sono le obiezioni di maggior rilievo. La prima pone in evidenza che l'ipotesi ripropone l'attenzione e l'impegno esclusivamente "verso l'esterno", precludendo in tal modo, di fatto, la riflessione "all'interno del partito", su come questo debba e possa "essere diverso", con l'evidente rischio di "una fuga in avanti", quando - con l'energia e le risorse di cui disponiamo- non siamo stati neppure in grado di acquisire e dare seguito positivo allo straordinario successo conseguito col congresso di Budapest. La seconda obiezione considera l'obiettivo - seppure molto impegnativo e di non facile realizzazione - politicamente inadeguato per la evoluzione in atto nei paesi del centro e dell'est europeo, verso i quali l'attenzione, i rapporti, gli interessi sono già a tal punto mutati che, anche se realizzata, l'assise di Mosca non costituirebbe più "un avvenimento" di singolarità tale da suscitare interesse sufficiente per determinare quella mobilitazione, coinvolgere quelle energie e richiamare que

lle risorse che sono indispensabili per assicurare il successo dell'iniziativa. D'altro canto che i margini di incertezza e di rischio fossero elevati, oltre che detto, è confermato dal non aver noi ritenuto di farne una proposta, la nostra proposta.

Dopo le due ipotesi formulate nelle relazioni, noi possiamo ora solo tentare di delineare "possibili scenari", ai quali si faccia riferimento per orientare le scelte, individuare le soluzioni, adottare le decisioni che - comunque - ci sono indispensabili per poter procedere.

Come detto all'inizio di queste note, elemento di riferimento comune per i "possibili scenari" è il parametro economico-finanziario e, di conseguenza, il finanziamento pubblico, le condizioni per riscuoterlo, la durata della legislatura in Italia sono fattori essenziali per ciascuno di essi.

Gli scenari prescelti sono tre e partono da presupposti che, più che diversi, sono contrapposti.

Il primo di questi scenari presuppone una scelta, quella di proseguire - nel rispetto dei termini statutari in atto- l'attività del partito fino all'esaurimento dell'attuale legislatura del Parlamento italiano, superando in tal modo, in termini chiari ed espliciti, il dispositivo contenuto nella mozione di Budapest per procedere alla liquidazione del partito.

Gli altri due scenari, invece, partono entrambi da una scelta che è opposta, quella di avvalersi del dispositivo della mozione e, sia pure con modalità e termini diversi, di porre in atto il procedimento di liquidazione del partito.

Di questi due scenari, l'uno pone al procedimento di liquidazione come termine gli inizi del 1990, l'altro lo rinvia al concludersi della legislatura (il 1992, se è quella naturale).

E' evidente che il primo dei tre scenari riporta, formalmente, il partito nella "normalità" e, pertanto, elimina ogni possibile ed eventuale obbiezione alla corresponsione del finanziamento pubblico, rendendone praticabile l'utilizzazione sia nel 1990 che nel 1991 (sempre se la legislatura non verrà interrotta prima del termine naturale), mediante l'anticipazione bancaria degli importi relativi rispettivamente al 1991 e al 1992: resta il rischio di elezioni anticipate, ma è ineliminabile.

Nel secondo scenario, la scelta di perfezionare la liquidazione del partito con i primi mesi del 1990 consente la riscossione del finanziamento pubblico solo per questo anno (a saldo delle anticipazioni bancarie già ottenute e riscosse) e la preclude sia per il 1991 che per il 1992.

Il terzo scenario consente anch'esso di riscuotere il finanziamento pubblico per tutta la durata della legislatura e di utilizzarlo per il 1990 e 1991 (mediante le anticipazioni bancarie) sempre escludendo l'eventualità di elezioni anticipate.

Il secondo e il terzo scenario differiscono tra di loro nell'interpretazione del dispositivo che, nella mozione del Congresso di Budapest, attribuisce i "pieni poteri", congiuntamente, al primo segretario, al tesoriere, al presidente del partito e al presidente del consiglio federale.

L'interpretazione nel secondo scenario è più "tecnica", più restrittiva ed è anche quella più immediata: l'assunzione dei "pieni poteri" costituisce di per se la presa d'atto del verificarsi di condizioni che comportino la cessazione dell'attività del partito e la sua liquidazione . Si tratta pur sempre di una valutazione complessiva nella quale i termini politici non sono certo preclusi, ma che ai dati oggettivi, in particolare a quelli economici e finanziari, attribuisce carattere preminente. Secondo questa interpretazione il dispositivo della mozione costituisce lo strumento formale, mediante il quale, nella sostanza, è possibile procedere alla liquidazione del partito. Le considerazioni e le valutazioni politiche precedono l'assunzione dei "pieni poteri" e, in considerazione anche delle modifiche statutarie che ne conseguono, si apre una fase che - salvo eccezioni - le esclude. Durante questa fase, che deve portare alla liquidazione, le attività non si interrompono meccanicamente, ma possono prosegu

ire purché non pregiudichino, ma concorrano alla chiusura del bilancio, quanto meno, in pareggio. In questo quadro non solo sono possibili, ma sono dovute le attività necessarie ad assicurare l'acquisizione del finanziamento pubblico per il 1990, che tra l'altro - è indispensabile per saldare le anticipazioni delle banche, effettuate proprio a questo titolo.

L'interpretazione del dispositivo della mozione congressuale nell'ultimo dei "possibili scenari" da noi considerati è meno "tecnica", più ampia, tale da consentire, con l' assunzione dei "pieni poteri", una maggiore, più vasta capacità di valutazione e di iniziativa, non più limitata solo agli aspetti strettamente e direttamente connessi alla fase vera e propria della liquidazione. Con questa interpretazione - peraltro confortata da significativi pareri tecnici - mutano anche i presupposti che possono portare all'assunzione dei "pieni poteri", presupposti meno vincolati alla preminenza di fattori oggettivi - in particolare quelli economici e finanziari - più aperti e disponibili a considerazioni e valutazioni di carattere prettamente politico.

Ciò comporta, da un lato, che il Consiglio Federale si pronunci sulle motivazioni politiche che possono indurre all'assunzione dei "pieni poteri" e dall'altro una maggiore discrezionalità, da parte di chi li assume, nel gestire un processo che non è più condizionato solo da fattori tecnici, ma anche da opportunità e valutazioni politiche. Con tali premesse è del tutto lecito ritenere che le motivazioni espresse dal Consiglio Federale consentano "ai quattro" - sempre che sussistano anche le condizioni economiche e finanziarie - una gestione anche politica del procedimento di liquidazione che assicuri - tra l'altro - la corresponsione del finanziamento pubblico e si protragga fino al termine della legislatura. Lo scenario considera anche l'eventualità che, col protrarsi di questa fase, di fronte ad eventi eccezionali, venga convocato il congresso del partito, al quale rimettere, -ovviamente - tutti i poteri.

Il primo di questi "possibili scenari" riflette anzitutto una possibilità "tecnica" che risulta dal riesame aggiornato dei dati e delle cifre, riportati in sintesi nei prospetti allegati.

Dai prospetti risulta che, qualora la attività del partito e della Radio Radicale proseguisse in condizioni di "normalità formale" con una spesa complessiva corrispondente a quella prevista per l'anno in corso (poco più di 11 miliardi, escludendo le spese sostenute direttamente dai gruppi parlamentari italiani e da quello europeo) le entrate garantite dall'insediamento nelle istituzioni, integrate dai proventi dovuti alla pubblicità e ai servizi connessi con le attività radiotelevisive, assicurano la copertura di questa spesa anche per il 1990 e il 1991, senza incrementi dell'autofinanziamento ed escludendo l'eventualità di elezioni anticipate. Conseguenza certa e in alcun modo evitabile di questo scenario è la liquidazione del partito e della radio entro i primissimi mesi del 1992 (per poter saldare con il finanziamento pubblico relativo all'ultimo anno della legislatura le anticipazioni delle banche, richieste nell'anno precedente per poter sostenere la spesa). Il bilancio sia del partito che della ra

dio si chiuderebbe a tale scadenza in pareggio, ma con la perdita totale ed effettiva del patrimonio di pertinenza, diretta o indiretta, di entrambi.

E' uno scenario che comporta, anzitutto, la esplicita rinuncia ad avvalersi del dispositivo dei "pieni poteri" previsto nella mozione congressuale e la prosecuzione della vita del partito solo secondo la normalità statutaria, e che richiede, pertanto, quanto meno una conferma, se non altro per accettazione, degli organi esecutivi e la convocazione per i primi di gennaio del congresso del partito. La garanzia di escludere formalmente il ricorso ai "pieni poteri" può essere data unicamente da una decisione unanime del Consiglio Federale, ma anche una delibera adottata da una netta maggioranza costituirebbe comunque un dato politico di consistenza sufficiente a bloccare, in sostanza, il dispositivo.

L'effettivo nodo politico posto da questo scenario è costituito dagli argomenti, dagli obiettivi, dalle iniziative e dal programma che possono indurre il Consiglio Federale a compiere una scelta che non può certo ignorare o trascurare le decisioni congressuali - quantomeno quelle di Bologna e di Budapest - nonché le conoscenze e le valutazioni sulla situazione del partito, sulle sue carenze e le consequenti esigenze che, proprio l'attività del Consiglio Federale dal mese di maggio dello scorso anno ad oggi - mediante le relazioni presentate, i dibattiti svolti e le conclusioni adottate - ha posto in evidenza e acquisite. Argomenti, obiettivi, iniziative e programmi in merito ai quali devono emergere indicazioni chiare e precise per consentire agli organi esecutivi non solo la gestione politica e organizzativa nei prossimi quattro mesi in vista del Congresso, ma anche di avviare la predisposizione di un progetto d'iniziativa politica ben definito e determinato da esaminare e valutare in quella sede ove

non è pensabile una conclusione che sia, come quella di Budapest, carente di indicazioni operative.

Nell'ambito di questo scenario abbiamo ritenuto di considerare anche l'ipotesi di un "partito minimo" prospettata durante il seminario svoltosi - come già ricordato - a Roma e concluso il 2 agosto. Con tutta probabilità la comprensione di questa ipotesi - affidata unicamente alla comunicazione fatta in un intervento - è stata parziale e inadeguata. Tuttavia l'esame da noi effettuato ci induce a ritenere impossibile - riducendo i costi dell'attuale assetto politico organizzativo - consentire al partito di proseguire le proprie attività oltre il termine della legislatura in condizioni che siano tali da renderlo indipendente dall'apporto istituzionale. In questi termini, un "partito minimo" si riduce ad una ipotesi "ridotta" di questo stesso scenario, destinata a concludersi comunque con la legislatura e che può consentire, al massimo, di protrarre di mesi l'esistenza del partito. I prospetti allegati riportano anche i dati e le cifre relativi a questa ipotesi.

Il secondo dei "possibili scenari" trova la propria giustificazione politica nella convinzione che non è praticabile, "nella continuità", la conversione del partito "insediato nelle istituzioni" nel partito autofinanziato, capace di esistere ed operare in condizioni di effettiva autonomia, e che per tentare di dar vita a questo partito è indispensabile determinare una netta "soluzione di continuità".

Il Consiglio Federale fa propria tale convinzione e, nel prenderne atto, anticipa per quanto possibile la liquidazione del partito, e con questa scelta promuove e favorisce il costituirsi di "momenti autonomi" di iniziativa radicale - in Italia ed in altri paesi - ai quali affidare il compito di riprendere un diverso processo costitutivo, a ciò sospinti e sollecitati dalla "consapevole certezza" che il partito in quanto tale non esiste più.

I prospetti allegati evidenziano i dati relativi a questo scenario che - come già si è detto - preclude al partito la percezione del finanziamento pubblico relativo al 1991 e al 1992 e alla radio radicale la percezione dei contributi dovuti alla legge sull'editoria. E' una preclusione che comporta la rinuncia ad oltre 5 miliardi di finanziamento pubblico e a 4 miliardi di contributi (sempre escludendo elezioni anticipate) e, di conseguenza, la liquidazione del partito e la chiusura di radio radicale agli inizi del 1990.Lo scenario consente tuttavia di trasferire, contemporaneamente alla liquidazione, ad altro soggetto, il patrimonio di pertinenza diretta o indiretta del partito (essenzialmente la sede e le attività televisive) congiuntamente al debito residuo e di costituire in tal modo un centro tecnico di servizi, finanziariamente autosufficiente ed in grado di gestirsi come "momento autonomo" di iniziativa radicale.

Questo scenario è duro e poco gradevole, ma è unito e supportato da precisi e concreti riferimenti alla realtà.

L'ultimo dei tre" possibili scenari" si giustifica con l'accoglimento da parte del Consiglio Federale dello stesso convincimento che caratterizza lo scenario precedente. E' diverso perché si propone di evitare la rinuncia agli oltre 9 miliardi di finanziamenti e di contributi pubblici.

Abbiamo già detto che l'interpretazione del dispositivo della mozione congressuale relativo alla attribuzione dei "pieni poteri" al primo segretario, al Tesoriere, al Presidente del partito e al Presidente del Consiglio federale per decidere "sulla vita e sul patrimonio del partito" deve, con questo scenario, essere "meno tecnica e restrittiva" di quella dello scenario precedente - il secondo - perché con l'assunzione di questi poteri si instaura un "regime statutario" eccezionale che - se non intervengono elezioni anticipate o eventi del tutto straordinari - può e deve protrarsi almeno fino agli inizi del 1992, condizione indispensabile proprio per consentire al partito e alla radio di introitare queste somme.

Di conseguenza lo scenario, anche se promosso dalla valutazione e dalla scelta politica dello scenario precedente, rischia di perdere parte di quell'efficacia che abbiamo visto è richiesta in relazione alla riconosciuta necessità di determinare - accelerando, nei limiti del possibile, i tempi della liquidazione del partito come è previsto nel secondo scenario -quella "netta soluzione di continuità" alla quale si affidano le speranze dell'originarsi di un nuovo processo di ricostituzione del partito. Per evitare o limitare questo rischio è necessario che l'assunzione dei "pieni poteri" porti anche con questo scenario - nei fatti - alla rapida liquidazione dell'attuale assetto politico-organizzativo del partito, per destinare le risorse disponibili, per quanto possibile, a promuovere la costituzione di nuove condizioni di attività e di iniziativa "militanti" e a sostenerne lo sviluppo.

A tal fine lo scenario, così come quello precedente, prevede il trasferimento ad altro soggetto della sede e delle attività televisive per costituire un centro tecnico di servizi, finanziariamente autosufficiente, in grado di gestirsi e di proporsi, adeguatamente strutturato e attrezzato, come "momento autonomo", al servizio del Partito e di altri.

Il Partito con la costituzione di questo centro rinuncia, direttamente o indirettamente, oltre ai propri diritti e prerogative sulla sede e sulle attività televisive, anche alla metà dei proventi previsti nell'anno per pubblicità ed altri servizi radiotelevisivi, ma, avvalendosi dei servizi che il centro può fornire come contropartita, è sollevato dalla spesa sostenuta attualmente a tale scopo, nonché dalla corresponsione dell'importo per le rate del mutuo acceso sull'immobile della sede. Con riferimento ai dati e alle cifre relative al preventivo del Partito per l'anno in corso - coincidente con quello previsto per il primo degli scenari considerati - si tratta di una minore entrata di 1 miliardo e di minori uscite per 1.327 milioni (sommando le voci "servizi", 887 milioni, "altri servizi" 240 milioni e "mutuo sede" 200 milioni).

Inoltre il ricorso ai "pieni poteri" fa venir meno tutte le spese relative al funzionamento degli organi statutari per un importo complessivo di 1.625 milioni (1.100 milioni per le spese relative al Congresso e al Consiglio Federale e 525 per quelle relative alle spese dovute ad incarichi per responsabilità politica della Segreteria e della Tesoreria).

La spesa corrispondente a queste voci in questo scenario è limitata alla sola attività dei "quattro" e degli altri compagni

che, con la composizione di una "giunta di lavoro", sono chiamati a collaborare con loro e che accettano a "titolo di militanza", secondo chiari e precisi criteri tali da consentire correttamente di far rientrare questa spesa in quella prevista per l'iniziativa politica, in quanto a questa direttamente correlata e connessa.

Con un'impostazione analoga a quella seguita per il centro di servizi - al fine di favorire il costituirsi di quel processo di "momenti autonomi" di iniziativa, al quale lo scenario affida la speranza del ricostituirsi del Partito - anche il Centro di Ascolto sull'Informazione Televisiva, portando a compimento un'iter già avviato, si costituisce in "momento autonomo", finanziariamente autosufficiente, sollevando il Partito dalla spesa relativa (140 milioni). Per l'IRDISP (l'Istituto a suo tempo costituito per gli studi sul disarmo e la pace) non è possibile, allo stato, assicurare l'autosufficienza finanziaria e, pertanto, in attesa che se ne determinino le condizioni, è opportuno affidarne la prosecuzione dell'attività all'apporto (60 milioni) dei gruppi parlamentari, con i quali, peraltro, questo Istituto già ora si collega più frequentemente. Per ragioni analoghe anche il periodico che si rivolge alle carceri e ai detenuti, "La Domandina", dovrebbe trovare nei gruppi parlamentari una collocazione più

idonea, mentre l'agenzia quotidiana e settimanale, "Notizie Radicali", trasferita nell'ambito di Radio Radicale, potrebbe avvalersi di soluzioni tecniche più adeguate.

Con queste variazioni al preventivo del Partito dell'anno in corso - coincidente con quello del primo scenario - il preventivo relativo a questo ultimo scenario (riportato nei prospetti allegati) si distingue per una economia complessiva di 2.150 milioni (3.150 milioni di minori spese e 1.000 milioni di minori entrate) che riduce il totale della spesa a 1.250 milioni, quanti i preventivi dell'anno in corso e del primo scenario ne destinano alle sole attività direttamente connesse con l'iniziativa politica e l'informazione. Va peraltro rilevato che poiché le riduzioni apportate al preventivo sono tutte relative ai servizi e alle attività indirette, la spesa prevista per le attività direttamente connesse con l'iniziativa politica e l'informazione, coincidente con il totale della spese prevista, resta immutata anche in questo scenario,

Vale inoltre ricordare che l'esame da noi effettuato per considerare la possibilità di configurare un'ipotesi "ridotta" per la prosecuzione dell'attività del Partito in condizioni di "normalità statutaria" (ipotesi della quale i dati e le cifre sono riportati nei prospetti allegati ) ha portato ad una economia di poco più di 800 milioni, con un contenimento di 120 milioni della spesa direttamente destinata all'iniziativa politica. E' questo un risultato che, come già si è detto all'inizio, non consente a nostro avviso di alimentare illusioni sulla possibilità di realizzare con il Partito attuale "condizioni minime" che ne permettano la prosecuzione dell'attività oltre la legislatura, prescindendo dall'apporto istituzionale.

A questo punto è bene anche tenere presente che il terzo scenario - originato dalla convinzione dell'indispensabilità di realizzare una netta soluzione di continuità - porta - di fatto - alla immediata soppressione dell'attuale assetto politico-organizzativo e di conseguenza impone all'esercizio dei "pieni poteri" una gestione operativa necessariamente "limitata" con un impegno politico concentrato sull'orientamento, la promozione e il supporto della capacità di "altri" a determinare, con la propria iniziativa e attività, il nuovo processo di ricostituzione del Partito; di un Partito che ha già scelto di porre fine alla propria "continuità" per non poter più essere se stesso, transnazionale e transpartitico. E' dunque a questa dimensione, in questo ambito, che l'impegno dei "pieni poteri" deve necessariamente essere rivolto, connotando in modo esclusivo l'impiego e la destinazione di tutte le residue risorse disponibili.

Per completare questo scenario è opportuno considerare in quali termini si prospetti la situazione di bilancio del partito al concludersi di ciascuno dei due anni durante i quali possono e debbono protrarsi i "pieni poteri".

Il bilancio del partito per chiudere in pareggio alla fine del 1990 deve poter contare su un'entrata complessiva di 2 miliardi e 850 milioni (1.250 per coprire la spesa per le attività e 1.600 milioni per saldare il residuo passivo alla fine dell'anno in corso); le indennità dei parlamentari assicurano una entrata di 900 milioni, ne restano altri 1950. Alla fine dell'anno successivo, la spesa per attività e l'entrata dovuta alle indennità restano immutate, con un fabbisogno per il pareggio di altri 350 milioni. Si tratta di 2 miliardi e 300 milioni nei due anni, con un onere molto più contenuto nel secondo.

I percorsi per reperire queste somme sono solo due, l'autofinanziamento e il finanziamento pubblico, poiché con questo scenario il partito non ha più "patrimonio" al quale ricorrere.

Noi riteniamo impossibile formulare oggi previsioni attendibili sull'autofinanziamento e, volendo evitare la "bancarotta", è inevitabile ricorrere al finanziamento pubblico, che sappiamo ammontare (anticipandoli) nei due anni a 5 miliardi e 200 milioni: ne restano 2 miliardi e 900 milioni.

Con questa scelta emerge in tutta la sua drammatica dimensione la situazione della Radio Radicale, che costituisce e rimane un nodo che va sciolto. Si tratta di un nodo politico, molto più e prima che economico e finanziario.

Chiudere il bilancio della radio in pareggio alla fine del 1990 richiede un'apporto di 3 miliardi e 500 milioni, 1 miliardo a saldo del residuo passivo alla fine del 1989 e 2 miliardi e 500 milioni a saldo della gestione 1990 (le spese in un anno ammontano a 5 miliardi e 500 milioni, le entrate a 3 miliardi; 2 miliardi di contributi pubblici e 1 miliardo di proventi dovuti dalla pubblicità e da altri servizi). Per chiudere il bilancio alla fine del 1991 sono sufficienti 2 miliardi e 500 milioni. In totale - nei due anni - mancano 6 miliardi: il finanziamento pubblico residuo può fornirne - come si è visto - la metà. Restano 3 miliardi e 100 milioni ai quali è possibile far fronte col "patrimonio" della radio.

Il nodo della radio tuttavia rimane, perché anche con con questo iter la radio è destinata - inesorabilmente - a chiudere o comunque a sparire come soggetto politico.

Riproporre la Radio Radicale come "momento autonomo" di iniziativa, finanziariamente autosufficiente è un'esigenza ed un'obiettivo essenziale, specie con questo ultimo scenario. Sappiamo quanto questo sia un obiettivo difficile, tanto più che o si realizza entro il 1990 o porsi una scadenza più lontana è il modo peggiore per rimuovere e non affrontare il problema. Anche se economicamente e finanziariamente possibile, trascinare l'esistenza di Radio Radicale per un altro anno è non tanto inutile quanto, per tutti, colpevole. E' possibile proporsi due traguardi: il primo, aprire una immediata campagna di autofinanziamento; il secondo, ottenere per la Radio Radicale quel riconoscimento formale di "servizio pubblico", di fatto già da tempo acquisito nella opinione dei più, ma al quale si oppongono gli interessi di pochi, dei più potenti. Si tratta di intraprendere una lotta, una battaglia che se assunta come unico impegno del partito in Italia, può essere ancora affrontata e vinta.

 
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