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Pannella Marco - 13 settembre 1991
Le democrazie hannno sempre trovato un linguaggio comune con le dittature
Intervista della Komsomolskaja Pravda a Marco Pannella

SOMMARIO: Anche in occasione del colpo di stato sovietico, la CEE ha reagito inadeguatamente e in maniera antidemocratica, scegliendo prima la linea della "non-interferenza" e solo in un secondo momento mutando in positivo il proprio atteggiamento. In Europa i confini geografici e politici stanno cambiando, la "piena della rivolta indipendentista" ha una carica umana di enorme potenza: comprenderla porta a combattere una possibile dogmatica professione di fede federalista e antinazionalistica in nome dell'ideale e della forza politica di un federalismo intransigentemente democratico, autonomista, con indissolubili legami con l'organizzazione democratica di ogni Stato "indipendente". Nel mondo "democratico" la partitocrazia sta prendendo il posto della democrazia, così l'Europa, con una sinistra dominata dalla cultura socialburocratica, con partiti parastatalizzati da una sorta di monopartitismo imperfetto, è sempre meno all'altezza di quello che sta accandendo in Unione Sovietica: la prima riforma, dunque, d

eve essere quella dei "soggetti politici", il Partito deve organizzare libertà, anche al suo interno e deve essere il più possibile transnazionale.

(Komsomolskaja Pravda - 13 settembre 1991)

1) Lei M.P. è un europarlamentare, come giudica il comportamento tenuto dalla CEE e dal Parlamento Europeo nei due giorni del colpo di stato?

Scontato, tradizionale. Dall'apparenza vile, dalla logica politica ineccepibile quanto antidemocratica. E' più di mezzo secolo che le "democrazie" convivono benissimo con le dittature, a condizione che queste non siano aggressive nei loro confronti. Prima con Mussolini (Churchill: "Sono democratico perché britannico; se fossi italiano sarei fascista"), poi con Hitler e Franco, poi con Stalin e con tutti i gauleiter dell'impero comunista, Hodja compreso. Le dittature possono garantire nel sistema economico internazionale, al complesso industriale-militare ed a quello agro-alimentare a quello finanziario che fa sempre più capo anche alla grande criminalità multinazionale della droga e delle varie mafie, uno sfruttamento della forza-lavoro dei loro popoli e giustificazioni del loro proprio costo alle società in cui si sviluppano. Inoltre il sistema dittatoriale nel mondo ha sempre consentito ai non-democratici o ai poco-democratici dell'Occidente alibi potenti per risolvere in modo artificioso e autoritario i l

oro problemi sociali e organizzativi.

Il Partito Radicale, invece, ha sempre sostenuto, in teoria e nella pratica politica dei suoi militanti, che la democrazia è un diritto-dovere fondamentale di tutte le persone e di tutti i popoli, un interesse storico, e che v'è il dovere d'ingerenza quando questi diritti sono negati alla radice da sistemi politici.

Era dunque scontato che nelle prime ore del golpe, quando i golpisti sembravano vincenti, Andreotti e Cossiga, Mitterrand e Major, perfino Khol e Gonzales scegliessero la linea della cosiddetta "non-interferenza", ed erano, quelle, le ore determinanti. Il Partito Radicale, nei vari parlamenti, e verso l'opinione pubblica, attaccò perfino la prima dichiarazione di Bush, come di pratico aiuto ai golpisti. Al solito, poi, grazie anche alla CNN che trasmetteva in diretta ai nostri popoli le immagini di lotta e di rivolta del popolo russo, gli USA sono stati i primi a mutare in positivo il loro atteggiamento, seguiti poi, con maggiore e minore celerità, dall'Europa.

La CEE ha mancato tutti i grandi appuntamenti storici, perché il conservatorismo degli Stati nazionali, in primo luogo quello britannico e, ora, quello francese, gli ha impedito di costituirsi in veri e propri Stati Uniti d'Europa. Così di fronte alla fine dell'impero sovietico, alla caduta del Muro di Berlino, alla guerra scatenata da Saddam Hussein con l'occupazione del Kuwait, e - ora - il golpe a Mosca la CEE è apparsa come inadeguata, ivi compreso il Parlamento Europeo che da un paio d'anni sta scadendo a istituzione social-burocratica, e marginale.

2) Qual è la sua opinione sull'Urss e l'Europa occidentale adesso che tutto sta cambiando e l'Europa cambia look, confini geografici e politici? E' preoccupato per questi avvenimenti o è ottimista?

3) Come vede Marco Pannella la divisione dell'URSS in molti Stati Indipendenti? Sarà meglio per la sicurezza e la Pace in Europa o questa ondata indipendentista e nazionalista rappresenta un pericolo?

All'inizio di gennaio del 1990, nel corso di un Consiglio Federale del Partito Radicale, a Roma, Yuri Afanasiev ci spiegò con la saggezza dello storico, e non solamente del democratico, che sarebbe stato un errore immaginare di poter fermare la piena della rivolta indipendentista che si stava per manifestare con tutta la sua virulenza, forse non ragionevole, forse non razionale, ma con una carica emotiva, umana, di enorme potenza. I suoi argomenti mi e ci impressionarono molto e ci hanno aiutato a meglio comprendere i rischi di una dogmatica professione di fede federalista e antinazionalistica, da parte nostra che abbiamo sempre considerato la peste nazionalsocialista, nazional-statalista, fascista, nazional-imperial-sovietica, nazional-tribali nel terzo mondo come all'origine di molti mali -anche totalitari- del nostro secolo.

E, sia detto en passant, dallo stesso Yuri Afanasiev e dagli altri colleghi parlamentari sovietici, a Strasburgo, negli incontri con i parlamentari europei, abbiamo avuto altre prove convincenti di analisi giustissima e anticonformista degli errori di Gorbaciov, negli ultimissimi anni, e degli stessi occidentali. Purtroppo siamo stati i soli a raccogliere nella pratica questi moniti, come Partito. Sicché l'Occidente e l'Europa sono andati da un sostegno acritico, indifferenziato, e inadeguato alla politica di Gorbaciov negli ultimi due anni, alla piena disponibilità a collaborare, se vincevano, con i golpisti. Diciamo ora che occorre urgentemente contrapporre al giacobinismo centralizzatore e "federalista" l'ideale e la forza politica di un federalismo democratico, mondialista. Senza utopie pericolose, totalizzanti o irrealistiche, ma anche senza realpolitik dal fiato corto e opportunistica. Una riforma dell'ONU è molto più facilmente tentabile di quanto non si creda. Fondarne la politica e l'influenza, anzi

l'autorità ed il potere, sulla carta dei diritti dell'uomo, come premessa di un ordine nuovo da contrapporre all'attuale "disordine stabilito". Noi stessi, come Partito Radicale, sappiamo bene che a decine e decine gli Stati del Terzo Mondo - che passano da gestioni feroci a tentativi democratici - sono pronti a mobilitarsi o a essere mobilitati a sostegno di una riforma democratica del sistema delle Nazioni Unite, a condizione che li si aiuti a passare ad un modello di sviluppo democratico. L'opinione pubblica europea, al contrario delle partitocrazie che la governano, è profondamente favorevole agli Stati Uniti d'Europa, come dimostrano approfonditi sondaggi annuali. Certo, occorre evitare che i nuovi nazionalismi siano gestiti da forze fanatiche, intolleranti, immature democraticamente, per motivi religiosi, culturali, politici, e anche economici. Il rischio è grande: guardate quello che sta accadendo in Jugoslavia, dove l'Occidente e l'Europa sono stati e sono in gran parte (con il Partito Radicale mobi

litato in Parlamento Europeo, ed in alcuni Stati, ivi compresa la Jugoslavia in direzione opposta) più vicini al nazional-comunismo serbo che alle politiche "confederali" e "europeiste" degli indipendentisti sloveni e croati. Per questo ci assestiamo sulla linea dura di un federalismo intransigentemente democratico, autonomista, con indissolubili legami con la organizzazione democratica di ogni Stato "indipendente".

4) La sua valutazione sul divieto all'attività del Partito Comunista in URSS?

E' la via che è stata scelta in Germania contro il Partito nazista, in Italia contro il Partito fascista. Personalmente avrei preferito, e preferirei ancora oggi, una serie di atti democratici di governo: togliere al PCUS proprietà e funzioni acquisite nella dittatura, per farne strutture di servizio per la vita democratica dei cittadini sovietici (e non proprietà di altri partiti); togliere l'elettorato passivo al suo ceto dirigente per un paio di tornate elettorali, una decina di anni, per la loro certa corresponsabilità nelle azioni criminose del regime: ma gli lascerei piena possibilità di propaganda, al pari degli altri:

In un quadro democratico anglosassone (e non partitocratico alla continentale europea), tendenzialmente bi-partitico - o, al massimo, tripartitico - per quanto riguarda la gestione delle istituzioni, non credo che vi sarebbero oggi grandi pericoli; e, se vi fossero, tanto vale affrontarli subito, che lasciare il tempo a mutarsi in forza totalitaria, magari di tipo "fascista".

5) Le mie idee politiche sulla struttura dei partiti e sulla loro funzione all'interno della società si sono formate sotto l'influenza degli scritti di Majakovski quando dice "Il Partito è una mano con milioni di dita strette in un fortissimo pugno". Il suo Partito sembra aver rinunciato alla costruzione classica dei partiti e cioè ad una strutturazione in funzione della lotta per il potere. Come spiega la scelta del suo Partito?

6) Il commercio delle armi senza controllo, il mercato nero della droga, la tortura e la pena di morte, la distruzione dell'ambiente e il disastro ecologico e le altre tragedie del ventesimo secolo hanno mostrato che l'umanità non è capace di risolvere questi problemi. Non pensa che sia troppo naif e suicida questo desiderio dei radicali di addossarsi questo peso? Perché nel caso di insuccesso (il che è quasi certo) non sarebbe negativo per l'autorevolezza del PR?

7) Come spiegare la nascita delle idee del partito transnazionale? Perché gli stessi problemi, commercio d'armi, droga etc etc non possono essere risolti tramite Istituzioni Internazionali già riconosciute come l'ONU?

Veniamo al punto centrale, non solamente di questa intervista, per quanto mi riguarda, ma della situazione storica nella quale ci troviamo. Majakowski aveva ragione, anche al di là delle circostanze immediate. Inutile spendere ancora parole, dopo quelle che nella storia hanno ora trionfato, contro il regime-partito sovietico. Ma occorre comprendere, sapere, che nel mondo "democratico", la partitocrazia sta prendendo il posto della democrazia.

Una sorta di monopartitismo imperfetto ha finito per para-statalizzare i partiti nei paesi a regime proporzionalistico, cosidetto "pluralistico". La socialdemocrazia ha prodotto anch'essa, alla fine, inconvenienti storici gravi. Ha burocratizzato se stessa e gli Stati che governa o nei quali è forte. A furia di ritenere le nazionalizzazioni dell'economia sempre positive, ha finito per "nazionalizzare" anche se stessa. I sindacati sono divenuti - dopo la preziosa funzione storica e democratica avuta per quasi un secolo - anch'essi espressione burocratica, potere che si autoconserva. Quando, per restare al potere o per tornarci, rinnega queste posizioni lo fa per trasformismo, non per convinzioni ideali e politiche. Così l'Europa, la Comunità Europea, con una "sinistra" dominata non dalle sinistre liberali, liberaldemocratiche, radicali, federaliste-democratiche, con forte senso del diritto e dello Stato, ma dalla cultura socialburocratica, anche nelle sue componenti "cristiane", populiste, è oggi sempre meno

all'altezza di quel che sta accadendo qui, in Urss. E, in definitiva, si muove con maggior agio, naturalezza, di fronte all'"ordine cinese". Nel "medio oriente", si divide solamente nel preferire commerciare con questa o con quella dittatura, per feroce che sia.

Dall'altra le forze "liberali" stanno divenendo sempre più una mera copertura del complesso (e della sub-cultura) militare-industriale e agro-alimentare, non riescono a governarli, ne sono governati. Non siamo moralisti. Se queste forze economiche e finanziarie (produttive, ma non sempre) riuscissero empiricamente a ben governare, ad unire il loro profitto con gli interessi sociali, lo riconosceremmo. Invece generano caos, situazioni esplosive, hanno bisogno di un Terzo Mondo sempre più povero e incivile, dell'"ordine cinese", di dittatori corrotti e feroci...

Soprattutto, il problema del nostro tempo è quello di un divorzio assoluto fra scienza, sapere, coscienza da una parte, e potere e politica partitocratica dall'altra.

Una delle ragioni di questo fenomeno è che la natura, la struttura stessa dei partiti "liberali" o "socialdemocratici" o di chi li governa è omogenea all'incubo di Majakowskj. La prima riforma, dunque, deve essere proprio quella dei "soggetti politici" che lottano nella democrazia o per la democrazia. Il Partito deve organizzare libertà, anche al suo interno. E deve essere non "nazionale" ma, come sono i problemi che oggi riguardano la nostra vita, il più possibile transnazionale.

E' difficilissimo. Ma non c'è scelta. D'altra parte l'esperimento "italiano" dal quale siamo partiti, è stato molto probante. Con la sua struttura libertaria, con l'assenza totale di qualsiasi condizionamento o controllo degli iscritti, cui viene richiesta assoluta libertà individuale anche rispetto alle decisioni prese, con la tessera d'iscritto che si compra - come una sorta di "azione" di una "società"- come un biglietto di metro, senza che nessuno possa negartelo, non più solamente per motivi religiosi, ideologici, politici, ma nemmeno "morali", senza "probi viri" o "garanti" che possano esprimere condanne - anche solamente giudizi di nessun tipo - negando al partito anche una qualsiasi funzione di "rappresentanza" dei propri iscritti, delle persone che vi aderiscono, perché il Partito è solamente uno strumento per perseguire il fine politico immediato, anche parziale, che congressi annuali votano a maggioranze di tre-quarti, rifiutando ogni finanziamento pubblico, dello Stato, per oltre dieci anni, cont

ro la legge che li assegna, questa "forma-partito" è riuscita a provocare riforme civili di immensa importanza, a costituire maggioranze politico-referendarie su obiettivi che erano inizialmente combattuti o respinti da tutti gli altri partiti. Rifiutando di essere, in quanto tale, partito di potere, ha sostituito al potere ed all'autorità, l'influenza e il convincimento; come è accaduto in genere solamente nella storia anglosassone con il movimento fabiano, o negli USA con il grande movimento per i diritti umani e civili:

Lo abbiamo fatto potendo contare per molti anni al massimo su due o tremila iscritti, italiani al novanta per cento, contro i milioni di iscritti della Democrazia Cristiana o del Parttio Comunista.

Contro piccoli partiti tradizionali che avevano però, nel sistema partitocratico, migliaia di amministratori di enti locali e di enti pubblici. Questo è stato dovuto anche alla pratica della nonviolenza ghandiana, spogliata dei suoi aspetti mistici o totalizzanti.

Lo scorso anno le centinaia di iscritti di Mosca e le decine di iscritti in altre repubbliche dell'URSS hanno rappresentato per noi una grande forza di incoraggiamento.

E' dunque, questo "partito", un "Partito" possibile. Quello al quale Majakovski aveva sognato di iscriversi, non quello del suo incubo...

8) Per noi oggi la struttura politica dei paesi occidentali rappresenta il modello della democrazia in quanto tale. Ma voi, parlando della realtà italiana, usate sempre le parole "democrazia reale" tra virgolette. Cosa non vi piace del sistema politico italiano? Cosa volete ottenere con la vostra lotta?

Non dobbiamo confondere ideali e realtà storiche. Occorre tenerne ben presenti le evoluzioni. La democrazia non è il paradiso, una volta per tutte.

La partitocrazia è una degenerazione antica della democrazia europea, ha fornito il terreno per la reazione nazista e fascista; così come molti paesi caddero sotto il dominio stalinista anche perchè non democratici ma partitocratici.

La "democrazia reale" della maggior parte delle "democrazie europee", nazional-partitocrazie, sono state indifferenti alle sofferenze e ai diritti vostri e di gran parte del mondo. Non sempre sanno essere sensibili alle esigenze democratiche anche dei loro popoli. Anzi. Noi li abbiamo difesi ferocemente contro lo stalinismo, contro l'impero sovietico, contro la viltà di tanta parte degli intellettuali, contro i rischi di rivolta irresponsabile, contro le ingiustizie reali delle nostre società. Le nostre società hanno costretto alla guerra ed all'acquisto di armamenti il mondo più povero, che ne risulta oggi distrutto, massacrato.

Le varie mafie hanno più potere dei parlamenti. Il rispetto dello Stato di Diritto non fa più parte di gran parte delle classi dirigenti. Soprattutto queste classi dirigenti sono inadeguate e non consentono più vere alternative. Il sistema del conoscere per deliberare, fondamento della democrazia, è sempre più vietato nei fatti.

Insomma, vogliamo una riforma che garantisca il diritto alla vita e la vita del diritto.

9) Di voi si parla spesso in maniera scandalosa, si parla delle vostre provocazioni. Cosa avete da dire?

Spesso le nostre cosiddette provocazioni non sono state altro che il coraggio della verità. Nel nostro umanesimo c'è la cultura del "diverso": quello che è in ciascuno di noi, quello che è "diverso" - o ritenuto tale - dalle maggioranze. Abbiamo voluto portare alla luce del sole e della ragione quello che si vuole far vivere solamente nel buio della clandestinità, di notti senza stelle e sogni di incubo. Siamo convinti che occorre letteralmente dar corpo alle idee, alla tolleranza, all'amore - non più solamente come fatti privati.

Pratichiamo la tolleranza soprattutto e in primo luogo a favore del "nemico", e la forza della libertà contro chi la nega. Se, per combatterli, divenissimo come loro, anche solamente in parte, sarebbero comunque loro a vincere e noi saremmo i loro eredi, non una alternativa a loro.

10) Quali mezzi economici consentono al Partito radicale di esistere e di operare?

I nostri bilanci sono rigorosamente pubblici e continuamente aggiornati. Mettendo insieme i contributi delle iscrizioni, quelli dei parlamentari e - per quest'anno - anche pubblici, abbiamo raggranellato cinque milioni di dollari all'incirca. Se vendiamo anche la nostra unica sede di proprietà a Roma, Radio Radicale e tutto quel che abbiamo, possiamo anche raddoppiarli. Questo danaro è attualmente tutto investito per far conoscere questo progetto di partito transpartito e transnazionale, della nonviolenza politica, della democrazia della libertà, dell'ecologia. Ogni giorno che passa, ovviamente, questo capitale di fraternità che ci viene da poche migliaia di italiani e da poche centinaia di non italiani si va consumando. Ci auguriamo che risulti un buon investimento, che consenta a milioni e milioni di persone di scegliere di dar corpo, come noi, alle speranze di questo nuovo umanesimo che tutti sentiamo premere dentro di noi. L'ho già detto: se avremo decine di migliaia di nuovi amici che si iscriveranno -

abbiamo fiducia nei democratici intransigenti dell'ex impero comunista (che sanno che non è retorico dire che la libertà e la democrazia sono necessarie alla vita di ciascuno e di tutti) - questa speranza si realizzerà, non sarà stata un'illusione.

11) Ci parli di Lei. In che modo ha formato le sue idee? La sua Weltanschauung?

E' un argomento che mi annoia!

Di noi possono parlare in modo certo solo le nostre opere. Specie quando saremo stati. I nostri nemici non sono altro che la testimonianza di quel che potremmo essere noi stessi.

Credo, da nonviolento e da laico, come tutti, penso, i miei compagni radicali, che i mezzi condizionano, prefigurano i fini, e che è falso che i fini giustificano i mezzi.

Le mie idee?

Oggi ne ho una sola in testa: se non saremo subito in Urss decine di migliaia, non ce la faremo.

Non ci sarà Partito Radicale.

 
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