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Le staminali estratte da embrioni ibridi ce le regaleranno i ricercatori inglesi

• da Il Riformista del 17 ottobre 2007, pag. 3

di Alessandro Calvi

«In Italia non possiamo ma­nipolare gli embrioni ma si può lavorare sulle linee cellulari estratte all'estero». L'affermazione è di Marco Cappato, presidente dell'associazione Luca Coscioni, e presuppone la con­seguenza per cui anche i ricer­catori italiani potranno lavorare su quelli che la stampa ha pre­sentato come "embrioni chime­ra". L'europarlamentare radica­le ne ha parlato ieri nel corso dell'audizione - organizzata dal­la stessa associazione e dall'intergruppo Coscioni-Welby - di Stephen Minger, direttore del laboratorio di biologia delle cel­lule staminali del King's Colle­ge di Londra, che di recente ha chiesto alle autorità inglesi l'au­torizzazione per procedere nel­le ricerche su embrioni ibridi uomo-animale nell'ambito del­le ricerche sulle cellule stamina­li. Lo stesso Minger ha spiegato che le regole inglesi prevedono che il prodotto di queste ricer­che debba essere depositato presso un istituto dove saranno a disposizione di tutti i ricerca­tori, italiani compresi. E, come è stato detto da qualcuno con una battuta che serviva a mettere in risalto alcune contraddizioni della legislazione italiana, quel­le cellule staminali «chiunque potrà ordinarle pagando solo le spese di spedizione».

 

Ad ascoltare il ricercatore inglese, c'era ieri una platea di tutto rispetto: da Ignazio Mari­no, presidente della commissio­ne Sanità del Senato, al ministro per le Politiche europee Emma Bonino. Insieme a loro, parla­mentari, membri del Comitato nazionale di bioetica e ricerca­tori come Gilberto Corbellini, Cinzia Dato, Lorenzo D'Avack, Assunta Morresi e Maria Chia­ra Acciarini. E, probabilmente anche per la presenza di un parterre di questo tipo, l'audizione ha riservato più di uno spunto polemico che, partendo dall'e­sperienza inglese, ha finito per coinvolgere il Comitato nazio­nale di bioetica italiano e più in generale l'informazione che sulle questioni etiche viene fat­ta in Italia sia dai media sia da fonti istituzionali. Insieme a Minger, infatti, all'audizione è intervenuta anche Emily Jackson, membro dell'autorità britannica per la fertilità e l'em­briologia (Hfea) che autorizza e monitora l'attività dei centri di ricerca sulle staminali embrio­nali. La Jackson ha spiegato co­me funziona il modello autorizzativo inglese, precisando come a una decisione generale sulla possibilità di portare avanti questo tipo di ricer­che segua una speci­fica autorizzazione che viene concessa soltanto se un de­terminato esperi­mento soddisfa i re­quisiti richiesti dalla legislazione. Le ri­cerche del centro diretto da Minger sono in attesa di questa autorizzazione. Per prendere la decisione sulla creazione di embrioni ibridi, inoltre, l'Hfea ha proceduto a una consultazione pubblica e proprio da qui è partita la pole­mica sulla situazione italiana. «Il Comitato nazionale di bioe­tica non serve più a niente», ha affermato senza mezzi termini Gilberto Corbellini, membro dello stesso Cnb, dopo aver sot­tolineato come quella «ricevuta dai colleghi inglesi sia una lezio­ne di trasparenza ed efficienza su come istruire un confronto su decisioni scientifiche». Il Cnb, ha aggiunto, «non rispon­de alle reali domande del paese e invece alimenta solo controversie. Oggi fa notizia solo per le polemiche interne. E perché il suo presidente, Francesco Paolo Casavola, ha rifiutato di discutere di fronte a obiezioni pacate. E in tutta risposta ha contrapposto un atto di rappresaglia con cui ha sostituito i tre vicepresidenti perché due di es­si erano dalla parte di chi lo aveva criticato». Marino ha in­vece lamentato come «nel no­stro paese c'è davvero scarsità di dibattito su ciò che avviene nei laboratori scientifici», e che spesso il disagio verso la ricerca può nascere anche da questa circostanza. E sulla stessa linea si è espressa anche il sottosegretario alla Famiglia, Acciarini: «oltre al grande dibattito tra gli scienziati - ha affermato - occor­re fare in modo che i cittadini capiscano». Infine, la Bonino che non le ha mandate a dire: «se in Italia fa­cessimo tre trasmis­sioni in meno su Garlasco e qualcuna in più, a orari accettabi­li, sulla scienza, si fa­rebbe il bene di questo paese». Oppure: «in Italia, in molti cam­pi, gli scienziati sono visti come Frankenstein». E ancora: «c'è un'atmosfera antiscientifica nel nostro paese che è preoccupan­te, come se tutto ciò che è scien­za fosse male e ciò che è natura fosse bene». E infine: «i cittadi­ni contribuiscono con le tasse a costituire i fondi europei che servono, in molti paesi dell'U­nione ma non in Italia, a finan­ziare ricerche che entro i nostri confini non sono solo vietate ma demonizzate». «Insomma -ha concluso - lo dico da mini­stro delle Politiche europee: al­l'interno della Ue rappresentia­mo una posizione anomala e bizzarra».


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