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Emily Jackson: «Ricerca scientifica, al primo posto il parere della gente»

• da Liberazione del 18 ottobre 2007, pag. 3

di Luca Tancredi Barone

«Non vogliamo fermare inutilmente la ricerca. Vogliamo che la ricerca continui a prosperare. Ma questo può accadere solo in un clima di sostegno e fiducia pubblica». Sono parole tratte da un depliant informativo preparato dall’Hfea (Human fertilisation and embryology authority), l’organo che in Inghilterra deve controllare e autorizzare ogni tipo di ricerca che ha a che fare con embrioni e procreazione assistita. Martedì erano in Italia, invitati dall’Associazione Luca Coscioni, Stephen Minger, il contestato neurobiologo inglese che ha chiesto all’Hfea l’autorizzazione a creare quelli che i giornali hanno - un po’ superficialmente - battezzato gli "embrioni chimera", ed Emily Jackson, che dell’Authority è membro e presiede proprio al sottogruppo che deve concedere le autorizzazioni ai ricercatori che intendono svolgere ricerche "eticamente sensibili".

 

Scopo dell’incontro organizzato a Palazzo Marini era di mettere a confronto il diverso approccio che rispetto allo stesso tema hanno due paesi europei (negli Stati Uniti il governo federale non finanzia la ricerca sulle staminali, ma i privati possono fare quello che vogliono senza alcun tipo di controllo pubblico). E per uscire dalle secche del dibattito italiano, che polarizza sempre il confronto fra oscurantisti e scientisti. Senza sfumature.

 

Emily Jackson è una giurista, e oggi insegna medical law (diritto in medicina) alla London School of Economics. E’ all’Hfea da quattro anni.

 

Ci spiega cos’è e come funziona l’Hfea?  

Si tratta di un organo che, in virtù di una legge del 1990, regolamenta I trattamenti di fertilità e tutta la ricerca sugli embrioni umani. Nessuno può fare nulla di ciò che rientra nell’ambito della legge senza un permesso della Hfea. Per ottenere il permesso si deve fare una domanda e sarà la commissione permessi, che io presiedo, a decidere se concederlo o meno. Ma 1’Hfea si occupa anche di formulare le politiche su questi temi: la legge del 1990 ovviamente non esplicita tutto quello che rientra nella sua giurisdizione. Esplicita solo alcune proibizioni, come quella di impiantare un embrione animale in un utero umano, o di creare embrioni senza permesso. A noi spetta quindi anche di interpretare il senso della legge e dì scrivere le linee guida molto severe (il cosiddetto "code of practice’) alle quali i clinici e gli scienziati si devono attenere scrupolosamente.

 

Come fate a "interpretare" una legge non più al passo con i progressi della scienza?

 Io credo che quella legge abbia resistito in maniera sorprendentemente buona alla prova del tempo. Ci chiediamo sempre cosa intendesse il legislatore, e lo facciamo anche consultando I verbali delle discussioni parlamentari di allora Un esempio è proprio questo della ricerca sugli embrioni interspecie: si tratta della richiesta del gruppo di Stephen Minger di utilizzare un ovocita di mucca, privato di nucleo che quindi contiene il solo citoplasma, nel quale i ricercatori vogliono inserire l’intero contenuto di una cellula umana: Dna e citoplasma. Questo rientra o no nella definizione di "embrione"? In fondo è umano solo al 99% circa secondo i ricercatori. Ma è chiarissimo dal dibattito parlamentare di allora e dai casi giudiziari discussi fino ad oggi che uno dei principi guida del legislatore era che tutto dovesse rientrare nella legge, che non ci dovessero assolutamente essere buchi normativi in questo campo.

 

Il mese scorso avete reso pubblica una decisione che in Italia ha scatenato un vespaio di polemiche: dopo aver consultato i cittadini e gli scienziati «l’Hfea ha deciso che non esiste nessuna ragione fondamentale per impedire la ricerca sugli embrioni creati con citoplasma ibrido».

 E’ chiaro che l’Hfea non deve mettere in piedi una consultazione pubblica per ogni decisione che prende: sarebbe poco pratico ed estremamente costoso. Ma la politica generale è che quando ci sono decisioni particolarmente controverse o nuove, noi abbiamo il dovere di sentire cosa ne pensa l’opinione pubblica. In questo caso per prima cosa abbiamo sottoposto un campione di persone a un vero e proprio sondaggio. Poi abbiamo costituito dei deliberative focus groups: si tratta di piccoli gruppi di persone, selezionati da agenzie specializzate, ai quali noi forniamo moltissime informazioni sull aricerca, e che hanno potuto interrogare sia gli scienziati, sia le persone contrarie. In maniera che potessero ascoltare tutte le campane e formarsi una opinione. Infime c’era anche la possibilità per tutti di farci sapere cosa ne pensavano attraverso il nostro sito: e posso assicurare che abbiamo studiato attentamente tutti gli input pervenuti. Alla fine abbiamo organizzato un incontro pubblico, molto pubblicizzato, aperto a tutti.

Naturalmente alcune di queste tecniche di consultazione sono quantitative ("contiamo" I  favorevoli e i contrari), altre solo qualitative, e servono a sollecitare i sentimenti più profondi delle persone, a capire i diversi punti di vista e a osservare come queste idee cambiano una volta che si hanno a disposizione maggiori informazioni. In generale, le persone che non sono fondamentalmente contrarie alla ricerca con gli embrioni sono pronte ad accettare che la ricerca umana-animale  possa avere un certo valore .

 

Ma c’è comunque una netta esigenza di sapere esattamente cosa stanno facendo i ricercatori, e una domanda di una maggiore comunicazione pubblica del loro lavoro. Questo comunque non è il sì definitivo.  Esattamente. Solo il riconoscimento del fatto che questa ricerca, con cautela e attenta osservazione, può essere permessa Adesso esamineremo le richieste che ci sono arrivate all’inizio dell’anno ed entro novembre vedremo se autorizzarle. Dipende dal soddisfacimento di alcuni criteri.

 

Ci faccia qualche esempio.

 Intanto, la ricerca deve essere "necessaria o desiderabile". Per aumentare la conoscenza su alcune malattie gravi o per aumentare la conoscenza sullo sviluppo degli embrioni. E poi deve permettere di applicare queste conoscenze a scopi terapeutici ben precisi. Inoltre la creazione o l’uso degli embrioni deve essere necessario: se cioè si può fare quello stesso tipo di ricerca anche su cellule staminali adulte o utilizzando modelli animali, allora l’impiego di embrioni umani non è necessario e la domanda si deve respingere. Infine non si può infrangere la legge del 1990: gli embrioni non possono superare il quattordicesimo giorno di sviluppo.

 

All’Hfea siete in 18, e non tutti scienziati. Come fate a decidere?  

Ci basiamo sulla peer review, il meccanismo che usano gli scienziati stessi: chiediamo due o tre pareri ad altri gruppi di scienziati per capire se i richiedenti hanno una visione realistica dei propri risultati e dei successo che possono ottenere, e se sono abbastanza capaci da poterci riuscire. Un altro elemento che esaminiamo è il consenso informato per i pazienti che donano i propri embrioni soprannumerari o le proprie cellule: deve essere chiaro e realistico e non deve indurre nel paziente l’illusione che il risultato sia a portata di mano. Siamo molto severi su questo.

 

Lei usa spesso la parola "trasparenza”. 

Perché per noi dell’Hfea è un impegno, e negli ultimi anni è andata crescendo. Oggi non solo i verbali di tutte le riunioni sono pubblici, ma almeno un terzo dei nostri incontri sono aperti, e la gente fra il pubblico può fare domande e contestarci. Sul nostro sito è a disposizione moltissimo materiale, compresi i video e gli audio dei nostri dibattiti. Anche quando ispezioniamo i laboratori autorizzati, i rapporti stilati sono su internet.

 

In Italia stiamo discutendo di come si potrebbe cambiare la legge40. Anche da voi la legge del 1990, benché più avanzata della nostra, è in discussione. Come cambierà?

Sì, la stiamo aggiornando. Ci sono delle cose nella ricerca che abbiamo imparato da allora. Probabilmente verrà approvata nella prossima sessione parlamentare 200712008.Ci saranno alcuni cambiamenti, per esempio ci si assicurerà che tutti gli embrioni creati in qualsiasi modo siano sottoposti alla normativa, che non sia possibile la selezione sessuale del nascituro se non per ragioni mediche, e che, con l’avallo dell’Hfea, sia autorizzabile anche la ricerca con embrioni interspecie. Infine la procreazione assistita verrà garantita alle coppie dello stesso sesso. Quello che certamente non cambierà è la possibilità per i ricercatori nel Regno Unito di fare ricerca sulle cellule staminali. Questo lo abbiamo già deciso nel 1990. Ci saranno molti parlamentari contrari, il percorso sarà tortuoso e il dibattito molto vivace. Ma c’è un consenso generale sul fatto che la legge abbia funzionato bene e abbia creato un clima di fiducia dell’ opinione pubblica: la gente sa che la ricerca sugli embrioni è regolata severamente e si fida di noi e dei ricercatori.  



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