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Staminali, i bioeticisti laici accusano il colpo ma non demordono

• da Il Foglio del 22 novembre 2007, pag. 2

Un risultato storico nella ricerca sulle cellule staminali, una nuova era della scienza, soprattutto la quasi certezza che d’ora in poi nessuno dovrà più distruggere embrioni umani nella speranza di curare malattie e far progredire il mondo. Due gruppi di ricercatori, americani e giapponesi, sono riusciti a isolare cellule di pelle umana, riprogrammandole e ringiovanendole fino a uno stadio indifferenziato. I risultati sono stati pubblicati sulle riviste specializzate Science e Cell, e commentati con grande risalto sulla stampa internazionale. Il bioeticista americano Wesley Smith ha ringraziato il presidente George Bush per aver tenuto duro sulle politiche in difesa dell’embrione (il presidente mise un anno fa il primo veto sulla ricerca che sfruttava gli embrioni umani congelati). “La risposta alla scienza non etica non è rinunciare all’etica, ma ricercare una scienza etica”, ha commentato il settimanale conservatore National Review.

Una scienza che cerchi strade alternative alla distruzione di embrioni umani nell’azoto liquido. Era fino a ieri, questa, la strada oscurantista di chi vuole bloccare la ricerca, fermare il mondo, lasciar morire i malati, impedire di godere dei magnifici risultati (mai ottenuti, per la verità, in dieci anni) offerti dalle cellule staminali embrionali. L’oncologo Umberto Veronesi, ad esempio, si rivolgeva così a Luca Coscioni, militante radicale divenuto simbolo della libertà e laicità della ricerca scientifica: “Tu, caro Luca, sei una testimonianza commovente di quanto la ricerca sulle cellule staminali potrebbe accelerare il corso verso la libertà per vivere”. E per quanto riguarda l’Europa, il ministro Fabio Mussi aveva già tolto la firma dell’Italia dalla minoranza di blocco che impediva che fondi europei fossero destinati alla ricerca sugli embrioni. E adesso Eugenia Roccella ritiene che la nuova via delle staminali adulte “sia la vittoria di Bush e la sconfitta di Mussi, con le dovute proporzioni, perché entrambi hanno fatto azione di governo, hanno indirizzato fondi dello stato. Mussi l’ha fatto ignorando i dati scientifici: la ricerca sugli embrioni era perdente, e la clonazione terapeutica non era mai riuscita. Era la ricerca che non trova, e gli scienziati lo sapevano. Ora questo clamoroso annuncio cambia le cose, ora è impossibile ignorare la realtà e procedere attraverso una campagna strumentale. Ora si possono riparare i danni”. Ora si può dire che non c’è alcuna contrapposizione fra scienza ed etica, “la contrapposizione era soltanto fittizia”, dice Roccella, e propone a Romano Prodi una moratoria europea, che permetta di sospendere per cinque anni la distruzione di embrioni umani. “I progetti possono continuare con le linee cellulari già esistenti, e intanto le nuove tecniche possono procedere, progredire, mostrare la loro efficacia. E’ un principio di precauzione, è stato fatto per la pena di morte nel mondo e si può utilizzare anche per sospendere l’inutile condanna a morte degli embrioni umani”.

Ian Wilmut, il padre della pecora Dolly, clonatore pentito, ha dichiarato che questa “è la dimostrazione che lo scienziato può cambiare idea se viene proposta una via più praticabile”. La via delle cellule adulti, la via del rispetto della dignità umana. Giulio Cossu, consigliere dell’associazione Luca Coscioni e direttore dell’Istituto cellule staminali del San Raffaele di Milano, dice al Foglio che “questa è una gran bella notizia, tra l’altro già pubblicata nell’agosto 2006 sempre su Cell ma ignorata dai giornali, quindi è una notizia confermatoria, e l’ottima reputazione internazionale di Shinya Yamanaka fa credere che non ci troviamo di fronte a un altro sudcoreano pazzo saltato fuori dal nulla”. Cossu è sempre stato favorevole all’utilizzo a fini di ricerca di cellule staminali embrionali, e non accetta l’idea che sia stata, quella, una ricerca fallimentare. “Se non si fossero fatte ricerche sugli embrioni umani non si sarebbe capito quali geni sono importanti e quali no, questo ottimo risultato è il frutto di una lavoro durato decenni. Ora si è capito che non è più necessario utilizzare embrioni umani”. Ma allora è la vittoria della scienza etica. “No – dice Cossu – è la vittoria della scienza che esplora tutte le possibilità, e poi usa quelle che funzionano meglio. Certo, nessuno ha piacere di sacrificare embrioni umani, perché creano polemiche, perché per una parte dell’opinione pubblica sono già vita umana, perché è un tema molto delicato. Ora finalmente si può dire che questa diatriba è superata, perché gli embrioni non servono più. Ora serve modificare la legge 40, e vorrei dire che il numero di embrioni sacrificati alla scienza è risibilmente basso rispetto a quelli distrutti nei centri di fecondazione assistita”. Anche Cinzia Caporale, membro del Comitato nazionale di bioetica, ritiene che “la ricerca sulle staminali embrionali sia stata imprescindibile per capire quel che avviene nelle cellule adulte: faceva parte del procedimento conoscitivo, come la clonazione faceva parte del procedimento transitorio, e io l’ho sempre sostenuto”. Dice che non può esistere una scienza etica, ma che “l’etica è parte integrante della ricerca, è l’armamentario morale con cui i ricercatori dovrebbero agire, in quanto singoli. E ognuno ha la propria morale, non tutti considerano necessaria la salvaguardia assoluta degli embrioni, nemmeno io mi sentirei di proporla. Quel che conta è evitare gli oltranzismi, ed evitare l’atteggiamento di diffidenza scostante verso la comunità degli scienziati. Gli studi pubblicati su Science e su Cell dimostrano che è spesso la scienza stessa a trovare soluzioni etiche, a contribuire all’etica, e del resto sono stati gli scienziati a inventarsi la bioetica. Quel che trovo agghiacciante è l’atteggiamento dei molti che continuavano a gridare quanto la ricerca sugli embrioni era inutile, senza peraltro poterlo dimostrare. E se fosse stato pubblicato uno studio importante che spiegava che gli embrioni erano la salvezza per l’umanità, cos’avrebbero fatto? Ecco, l’importante è evitare utilitarismi che imbarbariscono la bioetica”.
 


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