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A che punto siamo con la terapia del dolore?

• da Il Riformista del 3 dicembre 2007, pag. 1

di Carlo Troilo

Nell’autunno del 2006 il ministro della Sanità Livia Turco, a chi le chiedeva se era favorevole ad accogliere la richiesta di Piergiorgio Welby di staccare la spina - sostenuta con tenacia dall’associazione Luca Coscioni - rispondeva, dopo aver espresso la propria solidarietà umana, che ben altri erano i problemi, e ne indicava in particolare due: la necessità di sostenere maggiormente, dal punto di vista affettivo, i malati gravi o terminali; la insufficienza delle strutture dedicate alla terapia del dolore. Sarebbe dunque stato legittimo attendersi una serie di interventi decisi ed efficaci per risolvere, o almeno attenuare, il secondo dei due problemi (sulla carenza di affetto è obiettivamente difficile immaginare interventi del governo).
E invece ecco arrivare - sul Corriere della sera del 27 novembre - i dati agghiaccianti forniti da Costantino Benedetti, docente di Anestesiologia e terapia del dolore della Ohio State University di Columbus, cervello italiano da oltre 30 anni negli Stati Uniti, dove è stato allievo del padre della moderna terapia del dolore, Giovanni Bonica, altro italiano. In Italia - dice Benedetti citando come fonte il centro studi Mundipharma - la spesa media pro-capite annua per i maggiori oppioidi utilizzati nella lotta alla sofferenza risulta pari a 0,52 euro, contro i 7,25 e i 7,14 di Germania e Danimarca. Nel resto dei paesi europei censiti la spesa media si aggira attorno ai 3 euro. Una recente analisi dell’Oms, aggiunge Benedetti, sottolinea come nel 2004 l’uso di morfina annuale pro-capite in Italia era di 5,32 milligrammi, in Austria di 115,71. Nel 2005 in Italia si sono consumate 22 milioni di dosi di oppioidi. Ma le linee-guida sulla terapia del dolore sostengono che un paziente con dolori continui ed intensi, come quelli da tumore, necessita di almeno una dose di oppioidi al giorno. Totale: 365 dosi per paziente all’anno. Calcolatrice alla mano - è sempre Benedetti che parla - 22 milioni di dosi servono per controllare il dolore di 60 mila pazienti. Ma in Italia ogni anno muoiono di cancro oltre 150 mila malati. E molti di loro non ricevono nemmeno la necessaria morfina. Perciò, si può calcolare che circa 90 mila pazienti nel 2005 sono morti senza un’adeguata cura antidolore, e dunque tra dolori incoercibili.
Questi dati sconvolgenti sono passati praticamente sotto silenzio. Solo il professor Veronesi - che da ministro della Sanità aveva tentato, sette anni or sono, di rimuovere le barriere che impedivano ai medici di prescrivere con facilità gli oppioidi - ha commentato le dichiarazioni di Benedetti, affermando che è fondamentale liberare definitivamente la morfina dalle paure che ancora ne limitano l’utilizzo. Non è giusto - ha aggiunto Veronesi - privare i malati di un potente antidolorifico solo perché c’è chi ne ha fatto un uso improprio per uscire dalla realtà. D’altronde, nei paesi più avanzati nella cura del dolore, che hanno un alto utilizzo di morfina, non si è mai osservato un aumento del consumo improprio.
Soprattutto sorprende che la sensibilità di commentare questi dati non l’abbia avuta l’attuale ministro della Sanità, che oltre un anno or sono prometteva una grande battaglia per la terapia del dolore. Sicché questa è oggi, in estrema sintesi, la situazione dell’Italia: è vietato - per timore di irritare il Vaticano o di turbare i fragilissimi equilibri politici della maggioranza di governo - parlare di eutanasia (nemmeno limitandola rigorosamente ai malati terminali che la chiedano nel pieno delle loro capacità mentali); il testamento biologico, che consentirebbe almeno di contrastare l’accanimento terapeutico, è arenato in Parlamento; intanto, negli ospedali e nelle cliniche troppi malati muoiono fra atroci sofferenze. E si spiegano così anche i mille suicidi l’anno di malati terminali, che sembrano anch’essi non turbare il sonno del ministro della Sanità e più in generale del ceto politico italiano.
Concludo citando ancora le dichiarazioni di Benedetti: «La tragica condizione in cui versa la terapia del dolore in Italia è paragonabile alla tortura per omissione. Tutto ciò è etico? È etico omettere la corretta terapia? In tutte le nazioni civili neppure il peggiore dei criminali viene sottoposto alla tortura. E un dolore intollerabile causato da una malattia, e non trattato, equivale ad una tortura continua». Scriveva Primo Levi che «se sappiamo che il dolore e la sofferenza possono essere alleviati e non facciamo nulla, noi stessi siamo dei carnefici».



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