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Su eutanasia e testamento biologico tante barriere devono essere abbattute

• da Il Riformista del 2 gennaio 2008, pag. 2

di Maria Antonietta Coscioni

Il «dovere del medico con­siste [...] nell’’adoperarsi a calmare le sofferenze, in­vece di prolungare con qua­lunque mezzo e a qualunque condizione una vita che non è pienamente umana». Così Paolo VI, in una lettera del 1970 al cardinale Jean Villot, responsabile dei medici cat­tolici. Tutto viene detto con inequivocabile precisione e nettezza, senza bisogno di aggiungere altro.

 

Ci sarà, invece, ancora bi­sogno di parole e di gesti. Perché non riesco a dimenti­care la senatrice Binetti che ha solo espresso «solidarietà umana» a Piergiorgio e ritie­ne che non sia necessaria neanche una legge sul testa­mento biologico, figuriamoci una che regoli l'eutanasia, o Giovanardi, secondo cui «la legislazione nazista e le idee di Hitler in Europa stanno riemergendo», ed il suo com­pagno di partito Volonté, che ha invocato l'arresto del dottor Riccio, colpevole di aver sedato Piergiorgio.

 

Per fortuna, c'è il Presi­dente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che ha voluto esprimere la sua profonda partecipazione emotiva quando Welby si è rivolto a lui e che ancora au­spica un confronto sensibile e approfondito su questi te­mi, «perché il solo atteggia­mento ingiustificabile sareb­be il silenzio, la sospensione o l'elusione di ogni responsa­bile chiarimento». Ma è la politica dei politici-politican­ti che lavora proprio per ga­rantirsi ancora questa elusione, alza nuovi muri di silen­zio, omertà. Non vogliono che si sappia, si pensi, si par­li, si ragioni. Neppure una semplice indagine conosciti­va sull'eutanasia clandestina, hanno voluto. Tutti uniti: da destra a Rifondazione, han­no detto no, ignorando le di­mensioni del fenomeno, per poter meglio negarlo. È que­sto che hanno rimproverato a Luca Coscioni e Piergior­gio Welby: l'aver fatto della loro malattia, del loro dolo­re, della loro sofferenza, que­stione politica. Non si perdona loro di essere stati leader politici, di aver saputo dare letteralmente corpo a que­stioni che riguardano la vita e la morte. E la voglia di ca­pire e di capirsi che vogliono impedire, e che li terrorizza.

 

Non vogliono che i temi che  Luca e Piergiorgio hanno incarnato  siano iscritti - com’è  giusto - nell’agenda politica;  così, invece di cercare strumenti  per "governare" preferiscono  che resti l’arbitrio,  affidato alla buona (o cattiva)  coscienza.

 

Hanno cercato di farlo  con il divorzio e con l’aborto.  Così per i temi imposti da e  con Luca e Piergiorgio; e  non sarà un caso che le leggi  per divorzio e aborto recano  come primo firmatario un  socialista e radicale, Loris  Fortuna, che prima di essere  stroncato dal suo incurabile  male aveva depositato in  Parlamento anche un progetto  di legge sulla "dolce morte". Ovviamente ignorato  e dimenticato.

 

Nonostante siano pochissime  le occasioni di confronto  e di conoscenza (con un  servizio pubblico radiotelevisivo  particolarmente colpevole,  attento sempre e comunque  alle ragioni delle gerarchie  cattoliche, insensibile  con esse confligge), come un  fiume carsico le opinioni si  formano ugualmente, e vengono  fuori.

 

Alcuni dati significativi  vanno  dalla questione del  testamento biologico  alle scelte di  tipo eutanasico,  come quelli dell’Eurispes  che rivelano  che l’84%  degli italiani è favorevole ad una legge sul testamento  biologico, o quelli di un’indagine  condotta a Roma tra  266 medici ospedalieri, che  rivela che per il 26% l’accelerazione  di un decesso è  pratica di routine; il 60% sostiene  che con pazienti con  prognosi infausta a breve  scadenza non si può parlare  di eutanasia, o quelli dell’Eurisko  che evidenziano  che il 67% degli italiani è favorevole  alla legalizzazione  dell’eutanasia (il 45% solo  su espressa indicazione del paziente; il 24%, accertata  l’impossibilità di decidere ed  esprimersi del paziente, anche su indicazione dei parenti).  Sono dati che il ministro  della Salute Turco dovrebbe  attentamente valutare.

 

Lo stesso mondo cattolico  è diviso, lacerato, meno  granitico di come la gerarchia  vaticana vorrebbe far  credere, se l’animatore e  creatore del San Raffaele,  don Verzè, ha ammesso di aver, per amore, accettato di  mettere fine alle sofferenze  insopportabili di un amico,  ormai senza più speranza.  Le posizioni del cardinale  Martini sono ben diverse da  quelle di Ruini; e al funerale  un anno fa di Piergiorgio,  erano una folla i cattolici  commossi, dolenti e furenti perché il Vaticano aveva negato  la possibilità di un funerale  religioso; erano centinaia le suore, a testimoniare  quella misericordia e  quell’affetto che la gerarchia, tetragona e insensibile,  aveva negato.

 

Avremmo il diritto di  avere un’informazione completa,  per esempio, sul perché  in Italia, nonostante gli  sforzi lodevoli del senatore  Marino, non si riesce  ad avere una  legge sul testamento  biologico; chi si  oppone e perché,  in obbedienza a  quali logiche e interessi.

 

Abbiamo il  diritto di sapere,  hanno il dovere di  farci conoscere. Lo dico in  particolare al presidente della  Rai Petruccioli: che definì  «danneggiatori» i miei compagni  radicali e me, che avevamo  occupato alcuni uffici  di via Teulada per dare ai cittadini  un’adeguata informazione  sulla campagna per la  moratoria delle esecuzioni  capitali nel mondo. Su questi temi la censura, la non-informazione,  sono rigorosi, totali.

 

Il liberale, einaudiano  "precetto" del "conoscere  per deliberare" viene ancora  una volta disatteso.  Si tratta di vere e proprie  barriere che persone eccezionali  come Luca e Piergiorgio sono riusciti ad abbattere,  ma a prezzo di infinito  dolore e sacrificio. Tante  altre barriere devono ancora  essere abbattute, e anche in  nome loro cerchiamo di farlo.  La "Zattera" di Luca e di  Piergiorgio naviga ancora, e  da qualche parte i "Comandanti"  ci sorridono.  


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