Caro Augias, sono passati quasi due anni dalla scomparsa di Luca Coscioni ed è passato da pochi giorni (20 dicembre) l'anniversario della morte di Pier Giorgio Welby. Luca e Piero hanno speÂso i loro ultimi anni nel tentativo di suscitare, anche tramite l'associazione che porta il nome di Luca ed a fianco dei Radicali Italiani, una riflessione ed un civile dibattito sulle scelte di fine vita. Le deÂcisioni di medici coraggiosi come il dottor Riccio ed alcune sentenze innovative di questi ultimi mesi - in particolare quella della Cassazione che riconosce ad Eluana Englaro il diritto di morire, dopo 15 anni di agonia — sono anche il frutto della loro battaglia, che sentiamo il dovere di portare avanti per superare la situazione di empasse legislativa su questi temi. Infatti, non solo è ormai «vietato» parlaÂre di eutanasia, ma perfino la legge sul testamento biologico - simile a quelle esistenti nella grande maggioranza dei paesi occidentali — è bloccata in Parlamento. Eppure essa avrebbe tre risultati posiÂtivi: consentire a chiunque di dichiarare in anticipo quali trattamenti medici accettare e quali rifiutaÂre in caso di malattie gravissime o incurabili; ridurre l'accanimento terapeutico; dare anche ai mediÂci un quadro di certezza del diritto entro cui muoversi. Ci auguriamo che nel 2008 i parlamentari itaÂliani, al di là della loro collocazione partitica e delle loro credenze religiose, vorranno riflettere sul mesÂsaggio di Luca e di Piero, colmando finalmente questo drammatico ritardo della nostra legislazione.
Maria Antonietta Coscioni, Mina Welby
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Risponde Corrado Augias: Se nell'anno che comincia questo ParlamenÂto riuscisse a far andare avanti il progetto di testamento biologico avremmo fatto tutti, fedeli di una qualunque religione o di nessuna religione, tutti noi esseri umani, un notevole progresso. In questa lettera, che condivido, c'è un richiamo che mi sembra di particolare rilievo ed è là dove dice che l'istituto del testamento bioÂlogico darebbe anche ai medici «un quadro di certezza del diritto entro cui muoversi». SappiaÂmo tutti che nella realtà ospedaliera ci sono meÂdici pietosi che sospendono le cure davanti a caÂsi disperati dove ogni terapia non serve ad altro che a prolungare inutilmente le sofferenze o un'esistenza ridotta a un puro vegetare. Questi generosi si muovono a loro rischio, agiscono spinti da un sentimento di misericordia che molÂti, me compreso, hanno provato.
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Con il loro comportamento sfidano, prima ancora della mancanza di norme certe, l'ipocriÂsia che causa quella mancanza. Le cose avvenÂgono, lo sappiamo tutti, ma non si deve sapere. Importante è che non venga sancito il principio, proprio come accadde nel caso del povero Welby che avrebbe potuto abbreviare un'esiÂstenza che rifiutava se non avesse voluto trasformare la sua sofferenza in una lotta e in un simbolo. Di tutte le crudeltà commesse in nome di una religione o di un'ideologia questa è tra le peggiori per la sua inutilità , per l'evidente strumentalità della motivazione, per la sua spietatezza.