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Cade il divieto alla diagnosi genetica

• da Left del 1 febbraio 2008, pag. 88

di Filomena Gallo

Sta accadendo quel che da tempo ci aspettavamo, fin dal 2004, anno di entrata in vi­gore della Legge 40 sulla fecondazione assistita. I magistrati in­tervengono alla luce delle leggi di uno stato laico basato sulla Carta costitu­zionale e nel rispetto delle leggi preesi­stenti. Applicazione secondo legge, senza influenze di matrice religiosa e senza opinioni di chi tutto è, tranne che un medico che applica tecniche di fecondazione assistita, un embriologo o un malato o un giurista. Natural­mente la legge sulla fecondazione assi­stita va cambiata, perché esclude le coppie sterili che fanno ricorso alle tecniche eterologhe e perché impedi­sce la ricerca scientifica sugli embrioni che non determineranno mai una gra­vidanza. Sulla liceità delle tecniche di diagnosi preimpianto la giurispruden­za più recente è concorde, escludendo ogni tipo di reato imputabile all'opera­tore di fecondazione assistita che ap­plica la tecnica. Senza entrare nei meandri giurisprudenziali il verdetto quindi è unanime: i magistrati ordina­no ai centri l'esecuzione della diagno­stica preimpianto sull'embrione per coppie portatori di patologie eredita­rie. Ma da oggi le coppie non dovranno più ricorrere alle aule dei tribunali per vedere affermati i propri diritti, perché il Tar Lazio, con decisione depositata lo scorso 31 ottobre, e resa nota il 21 gennaio di quest'anno, ha annullato «le linee guida di cui al decreto mini­steriale 21.7.2004» nella parte contenu­ta nelle misure di tutela dell'embrione laddove si statuisce che ogni indagine relativa allo stato di salute degli em­brioni creati in vitro, ai sensi dell'arti­colo 13, comma 5, dovrà essere di tipo osservazionale».

 

Basta quindi viaggi all'estera per le cop­pie che non vogliono trasmettere gravi malattie ai propri figli, finalmente si potrà tornare a fare diagnosi preim­pianto sugli embrioni in Italia. Ma i giudici del Tar Lazio hanno giusta­mente sollevato «la questione di legit­timità costituzionale dell'articolo 14, commi 2 e 3, della legge n. 40 del 19 febbraio 2004 per contrasto con gli articoli 3 e 32 della Costituzione». I giu­dici ritengono che non sono rispettati gli stessi principi ispiratori della legge che sono riportabili al principio di minor invasività dell'art. 4 comma 2. Se­guendo la strada trac­ciata dalla recentissima giurisprudenza in mate­ria i giudici del Tar ritengono che i limite dei tre ovociti fecondabili e il relativo limite dei tre embrioni, insieme al di­vieto di crioconserva­zione, sono da ritenersi incostituzionali  poiché chi non vuole trasmettere gravi malattie ai propri figli non deve più andare all'estero in contrasto con la stessa Legge 40 e con i principi di rango superiore della Costituzione italiana. I giudici del Tar con tale decisione hanno inoltre, mes­so in evidenza che la fecondazione assi­stita è una tecnica sanitaria dove il me­dico deve decidere e non le leggi. Ora aspettiamo fiduciosi la decisione della Consulta, che sia scevra da influenze e in linea con le norme principali del no­stro Stato. Tutto ciò in attesa di un go­verno che decida di rappresentare tutti i cittadini: buoni e cattivi, credenti e non, malati e sani, senza alcuna forma di discriminazione come invece oggi avviene in violazione dell'art. 3 e 32 della Costituzione italiana. In attesa di un governo che metta in discussione la riforma di una legge unica in Europa, a danno delle coppie sterili come dimo­strato nella relazione del 2007 al Parla­mento sull'applicazione delle tecniche di fecondazione assistita. Tutto ciò non dovrebbe costituire una novità per chi lavora con le leggi, i valori costituzio­nalmente rilevanti si affermano con l'interpretazione di norme nel ri­spetto di questi principi cardine nel nostro ordinamento, come affer­mato dalle pronunce che arrivano a disappli­care norme di rango inferiore per affermare di­ritti legati alle migliori regole della scienza in re­lazione alla salute della madre. Il giorno che decisi di studiare giurispruden­za, per diventare avvocato, mai e poi mai avrei ipotiz­zato che potessero essere emanate norme da cui i cittadini dovessero difen­dersi, nessun docente ci ha mai insegnato che le leggi e i codici andassero letti in combinato con testi religiosi.

 

Ancora oggi mi stupisco, nel sentire che una legge è corretta nella sua interpretazione perché un santo o un papa ne confermano l’interpretazione. Come giurista e come presidente di un'associazione di coppie malate Amica Cicogna, oggi credo che le leg­gi vadano liberate da ideologie e che debba ritornare al centro delle tutele la persona e i suoi diritti inviolabili tra cui rientra anche il diritto non co­dificato ma insito nel diritto alla salu­te, nella libertà di ricerca, "il diritto alla speranza". In qualità di legale di "Amica Cicogna" e "L'altra Cicogna", ho agito per l'affermazione della lega­lità e il riconoscimento della dignità a milioni di persone che desiderano un figlio. Non dimenticherò mai la dife­sa delle linee guida: avvocati che intervennero durante la prima udienza innanzi ai giudici del Tar esordendo con offese volgari alle donne che si devono sot­toporre alla fecondazio­ne assistita, ma non ci­tando leggi a supporto della tesi di difesa, facen­do affermazioni sola­mente e puramente ideologiche senza riscontro in dottrina e in diritto.

 

Ma i giudici del Tar Lazio hanno fatto emergere solo le leggi ed è enorme la soddisfazione per noi tutti e il preva­lere della verità e della giustizia su tutto. Anche per questo sono iscritta all'Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica, perché non si smetta di lottare per l'afferma­zione dei diritti civili, per il futuro e per quei sorrisi di bambini vicini o lontani, che saranno il domani. Noi oggi siamo parte di un presente da cambiare.

NOTE


Avvocato e presidente dell'associazione Amica Cicogna, che si occupa di coppie con problemi di fertilità. Anticipiamo qui l'articolo che esce domenica sul nuovo numero del mensile Agenda Coscioni


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