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In nome di Welby e Coscioni

• da L'Unità del 15 febbraio 2008, pag. 27

di Marco Cappato

Il nostro congresso annuale - a Salerno, da oggi al 17 febbra­io - cade in un momento particolarmente critico, alla vigilia delle elezioni politiche anticipa­te. Il bilancio di questi due anni di legislatura è negativo dal pun­to di vista delle leggi che abbia­mo promosso e sostenuto, tutte bloccate in Parlamento. Tra le proposte di legge, la più importante è quella sul testamento biologico, previsto in tut­ti i maggiori Paesi europei. In materia di diritti dei malati, esso rappresenta «la madre di tutte le riforme», perché riduce i casi di accanimento terapeutico (come quello di Eluana Englaro, che da 16 anni attende di poter mori­re), rispetta la volontà del mala­to di accettare o rifiutare deter­minate terapie, offre anche ai medici il necessario quadro di certezze giuridiche. La stessa eutanasia (ma sarebbe più corretto parlare di «suicidio assistito») potrebbe essere intro­dotta - limitatamente al caso del malato terminale nel pieno del­le sua capacità intellettuali - nel nostro ordinamento giuridico. Basterebbe aggiungere all'artico­lo 5 79 del codice penale, che pu­nisce appunto il suicidio assisti­to con pene che vanno dai 5 ai 12 anni, un comma che defini­sca non punibile il medico che aiuti il malato terminale e luci­do a realizzare la propria volontà di morire.

 

Un problema centrale è quello della legge 40 sulla fecondazio­ne assistita. Gli studi dello stesso Ministero della Sanità hanno di­mostrato gli effetti negativi della legge (meno nascite, più gravidanze plurime con i rischi con­nessi, vertiginoso aumento del «turismo riproduttivo», che solo le coppie benestanti si possono permettere). Eppure, benché le linee guida varate nell'agosto del 2004 dal ministro Sirchia sia­no scadute nell'agosto del 2007, il ministro della Sanità Livia Tur­co non ha ancora varato le nuo­ve linee guida. La legge 40 an­drebbe riformata radicalmente nelle parti che riguardano la dia­gnosi genetica preimpianto, l'ac­cesso alla fecondazione eterologa e la ricerca sulle cellule stami­nali, determinante per la cura di malattie come l'Alzheimer e il diabete.

 

Sono bloccate anche le norme che prevedono per le Asl l'obbli­go di dotarsi di unità di gestione del rischio clinico per tutelare la sicurezza degli impianti ospeda­lieri e limitare gli errori clinici, che provocano ogni anno da 20 a 70 mila casi di morte. E sono pessimi i dati sulla terapia del do­lore. In Italia, molti dei 150-200 mila malati che ogni anno muo­iono di cancro non ricevono nemmeno la necessaria morfi­na: perciò, circa 90 mila pazienti nel 2005 sono morti senza un'adeguata cura antidolore. Non è stato varato dal ministro della Sanità il nuovo (l'ultimo risale al 1999) nomenclatore tarif­fario, cioè l'elenco delle strumen­tazioni per le quali lo Stato preve­de il rimborso a carico del siste­ma sanitario: apparecchiature senza le quali decine di migliaia di disabili sono impossibilitate a comunicare. Per la pillola abortiva RU 486 - in uso in tutta Euro­pa ad eccezione di Italia, Manda e Portogallo - siamo ancora in at­tesa del via libera alla Agenzia Ita­liana del Farmaco. Infine, dopo sette anni dalla sua approvazio­ne, il ministro non ha ancora emanato il decreto attuativo del­la Convezione del Consiglio d'Europa sulla biomedicina, fir­mato ad Oviedo nel 2001. La possibilità di abortire - che Fer­rara e il Vaticano vorrebbero ri­durre drasticamente - è divenuta di fatto sempre più problemati­ca per il dilagante ricorso alla obiezione di coscienza da parte dei ginecologi. E questo benché la stessa legge dica che «Gli enti ospedalieri e le case di cura auto­rizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare l'effettuazione de­gli interventi di interruzione del­la gravidanza richiesti secondo le modalità previste dalla legge. La regione ne controlla e garanti­sce l'attuazione anche attraver­so la mobilità del personale». Stiamo studiando le modalità per diffidare gli ospedali e le regioni che non assicurano quan­to previsto dalla legge. Il bilancio di questi due anni è in­vece positivo sotto altri profili. In primo luogo, le vicende di Luca Coscioni e di Piergiorgio Wel­by hanno provocato una cresci­ta di consapevolezza sui temi portati avanti dalla Associazio­ne, come risulta in modo univo­co dai numerosi sondaggi relati­vi alla eutanasia, al testamento biologico ed alle tematiche del­l'aborto e della fecondazione as­sistita. In secondo luogo, malgra­do la paralisi della politica ed i ve­ti del Vaticano, abbiamo ottenuto importanti vittorie in questo ultimo anno sul fronte della Magistratura: ricordo in particolare la sentenza che ha assolto il dottor Riccio, "colpevole" di aver aiutato Welby a morire, le due sentenze di Firenze e di Cagliari, che hanno riconosciuto il dirit­to di due coppie ad ottenere la diagnosi pre-impianto, e quella del Tar del Lazio che ha fatto de­cadere le linee guida del mini­stro Sirchia sulla legge 40. Di queste sentenze il Parlamento - qua­lunque sia la coalizione che usci­rà vincitrice dalle urne - non po­trà non tener conto. Nei prossimi mesi partiremo pro­prio da questo sostegno dell'opi­nione pubblica e da questi prece­denti di giurisprudenza per por­tare avanti un lavoro, un po' «al­l'americana», cui parteciperan­no gli avvocati e i giuristi del ca­so Welby e del caso Englaro, co­loro che hanno presentato ricor­so sulla fecondazione assistita e quanti decideranno di diffidare, con la nostra assistenza, gli ospe­dali che di fatto ostacolano il ri­corso all'aborto. Guardando più lontano, dovremo rafforzare la presenza della Associazione e la sua capacità di intervenire nei ca­si concreti. Si tratta di fare un sal­to di qualità, che porti a grandi campagne di disobbedienze civi­li (in particolare su legge 40, euta­nasia ed RU486) e - se ci saranno le condizioni di legalità e infor­mazione minima sufficiente - a campagne referendarie per otte­nere, sui diritti civili, leggi che consentano di colmare il fossato che separa l'Italia dai maggiori Paesi europei.


NOTE


Parlamentare europeo, segretario della Associazione Luca Coscioni


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