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Battaglie radicali

• da QN del 29 febbraio 2008, pag. 8

di Sergio Stanzani

In questi giorni assistia­mo ad un fenomeno singolare. Il moltiplicarsi, sulla stampa e sui mezzi d'informazione, di voci, opinioni e — fatto ancor più uni­co — di analisi storiografiche dei radicali e del loro molo nella politi­ca e nella società italiana, da par­te di chi non solo conosce molto po­co questa nostra storia, ma soprat­tutto conosce poco la società del nostro Paese. Prendo come riferimen­to per tutti quanto espresso ieri dal Vescovo di San Marino Luigi Ne­gri dalle colonne di questo giorna­le. Monsignor Negri afferma, tra l'altro, che i radicali sarebbero l'espressione di una 'élite dei disa­stri’ borghese se non addirittura aristocratica, economicamente ben dotata (!), che ha come obiettivo la fine del cattolicesimo, e dunque la fine della cultura popolare in Ita­lia. La storia radicale, invece, è la storia di un'azione politica ininter­rotta, fatta di iniziative ed eventi straordinari che hanno potuto con­tare sul solo sostegno economico dell'autofinanziamento. Non mi riferisco solo alle lotte per i diritti civili: per il divorzio, l'aborto, l'obiezione di coscienza al servizio militare, il voto ai diciottenni; per i diritti dei più deboli, dei carcera­ti, degli emarginati e oggi dei malati, con le lotte di Luca Coscioni e Piergiorgio Welby. Iniziative di un partito tutt'altro che 'antipopolare': momenti che permangono vivi e presenti nella memoria di molti e che hanno inci­so profondamente nel costume e nella cultura di un Paese reduce dalla guerra e dalla Resistenza, co­stretto dalla presenza 'politica'del­la Chiesa e da oltre vent'anni di dominio fascista. Un Paese al qua­le come 'alternativa laica' veniva offerto il predominio della Demo­crazia Cristiana e del Partito Co­munista più forte dell'Occidente.

 

Da allora i radicali, il Par­tito Radicale, sono stati i veri 'an­tagonisti' di quel partito. La propo­sta radicale dell'unità laica delle forze, l'affermazione 'della vita del diritto per il diritto alla vita', prospettava l'esigenza di una con­trapposizione liberale al costituirsi e al consolidarsi di quella partito­crazia. Già da quel momento, con quelle iniziative, si prefigurava la rivoluzione liberale su modello an­glosassone, come condizione da re­alizzare per assicurare la democra­zia al nostro Paese. Era proprio quel predominio, semmai, la vera 'élite' del potere, non certo il Parti­to Radicale che invece, da quella 'élite', ha sempre subito tentativi di annullamento. Le nostre battaglie hanno emozio­nato e coinvolto; hanno raccolto e tuttora raccolgono il consenso, l'appoggio e persino l'obolo' di molti cattolici, laici, non credenti e cre­denti di ogni fede. Questo patrimo­nio — il cui furto francamente non ci spaventa — è oggi, credo, patrimonio di tutti, anche del Ve­scovo di San Marino, oltre che del­le donne e degli uomini che da cinquant'anni ci danno fiducia. E' questo, semmai, l'unico, autentico 'pericolo radicale'.

NOTE


Presidente del Partito radicale nonviolento, transnazionale e transpartito


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