Battaglie radicali
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• da QN del 29 febbraio 2008, pag. 8
In questi giorni assistiaÂmo ad un fenomeno singolare. Il moltiplicarsi, sulla stampa e sui mezzi d'informazione, di voci, opinioni e — fatto ancor più uniÂco — di analisi storiografiche dei radicali e del loro molo nella politiÂca e nella società italiana, da parÂte di chi non solo conosce molto poÂco questa nostra storia, ma sopratÂtutto conosce poco la società del nostro Paese. Prendo come riferimenÂto per tutti quanto espresso ieri dal Vescovo di San Marino Luigi NeÂgri dalle colonne di questo giornaÂle. Monsignor Negri afferma, tra l'altro, che i radicali sarebbero l'espressione di una 'élite dei disaÂstri’ borghese se non addirittura aristocratica, economicamente ben dotata (!), che ha come obiettivo la fine del cattolicesimo, e dunque la fine della cultura popolare in ItaÂlia. La storia radicale, invece, è la storia di un'azione politica ininterÂrotta, fatta di iniziative ed eventi straordinari che hanno potuto conÂtare sul solo sostegno economico dell'autofinanziamento. Non mi riferisco solo alle lotte per i diritti civili: per il divorzio, l'aborto, l'obiezione di coscienza al servizio militare, il voto ai diciottenni; per i diritti dei più deboli, dei carceraÂti, degli emarginati e oggi dei malati, con le lotte di Luca Coscioni e Piergiorgio Welby. Iniziative di un partito tutt'altro che 'antipopolare': momenti che permangono vivi e presenti nella memoria di molti e che hanno inciÂso profondamente nel costume e nella cultura di un Paese reduce dalla guerra e dalla Resistenza, coÂstretto dalla presenza 'politica'delÂla Chiesa e da oltre vent'anni di dominio fascista. Un Paese al quaÂle come 'alternativa laica' veniva offerto il predominio della DemoÂcrazia Cristiana e del Partito CoÂmunista più forte dell'Occidente.  Da allora i radicali, il ParÂtito Radicale, sono stati i veri 'anÂtagonisti' di quel partito. La propoÂsta radicale dell'unità laica delle forze, l'affermazione 'della vita del diritto per il diritto alla vita', prospettava l'esigenza di una conÂtrapposizione liberale al costituirsi e al consolidarsi di quella partitoÂcrazia. Già da quel momento, con quelle iniziative, si prefigurava la rivoluzione liberale su modello anÂglosassone, come condizione da reÂalizzare per assicurare la democraÂzia al nostro Paese. Era proprio quel predominio, semmai, la vera 'élite' del potere, non certo il PartiÂto Radicale che invece, da quella 'élite', ha sempre subito tentativi di annullamento. Le nostre battaglie hanno emozioÂnato e coinvolto; hanno raccolto e tuttora raccolgono il consenso, l'appoggio e persino l'obolo' di molti cattolici, laici, non credenti e creÂdenti di ogni fede. Questo patrimoÂnio — il cui furto francamente non ci spaventa — è oggi, credo, patrimonio di tutti, anche del VeÂscovo di San Marino, oltre che delÂle donne e degli uomini che da cinquant'anni ci danno fiducia. E' questo, semmai, l'unico, autentico 'pericolo radicale'.
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NOTE
Presidente del Partito radicale nonviolento, transnazionale e transpartito
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