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Primo caso di testamento biologico Malata muore secondo volontà

• da Libero del 30 maggio 2008, pag. 17

di Miska Ruggeri

Il testamento biologico, un documento che permette di lasciare scritta la volontà di morire e rifiutare quindi le cure, è stato applicato, per la prima volta in Italia, a Modena. Qui la signora Vincenza Santoro Galani, 70 anni, affetta da sclerosi laterale amiotrofica (Sla), una rara malattia neurologica degenerativa che distrugge progressivamente i muscoli senza intaccare il cervello, e ricoverata da tre mesi all’ospedale di Baggiovara, ha scelto di morire «secondo volontà». Non voleva cioè che le venissero applicate terapie invasive e che, in caso di necessità per insufficienze respiratorie, le fosse effettuata una tracheotomia, che comunque non guarisce ma permette solo il collegamento con il polmone artificiale per la ventilazione. Così ha aperto uno spiraglio per i tanti Welby che ci sono nel nostro Paese, dimostrando che il testamento biologico non è solo confinato su carta, ma può essere realtà.

 

In particolare, a consentire alla donna di opporsi e rifiutare le cure è stata l’applicazione di una norma del 2004, la legge Cendon (un avvocato civilista amico di Basaglia) in Gazzetta Ufficiale dal 19 gennaio 2004, che stabilisce la possibilità di nominare un "amministratore di sostegno", vale a dire una figura autorizzata a decidere in caso di perdita delle facoltà intellettive o della capacità di comunicare volontà e scelte.

 

Il 13 maggio scorso il giudice tutelare del tribunale di Modena, Guido Stamani, dopo essersi recato di persona in ospedale e averla ascoltata, aveva accolto la richiesta della donna, intenzionata a rifiutare ogni cura che potesse prolungare le sue sofferenze. E aveva nominato il marito, Nicastro Galano, amministratore di sostegno, come indicato dalla signora stessa, molto cattolica.

 

Così solo le cure palliative più efficaci per diminuire le sofferenze, ma niente tracheotomia e niente respiratore artificiale. Una situazione senza prospettive, che non avrebbe certo portato all’impossibile guarigione.

 

Nei giorni scorsi, poi, le condizioni della donna sono notevoemente peggiorate e mercoledì, alle 16.30, è arrivato il decesso. Accolto con serenità dalla famiglia, il marito e i figli, e dallo staff medico del reparto di neurologia dell’ospedale di Baggiovara, guidato dal professor Nichetti.

 

Ovviamente, però, non sono mancati reazioni e commenti. «La vicenda di Modena non rientra affatto nei casi di testamento biologico», ha sostenuto Amedeo Bianco, presidente della Fnomceo (Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri), in quanto «la paziente era capace di intendere e volere». «Inoltre», ha precisato, «non è il primo caso in Italia di rifiuto di un trattamento terapeutico in caso di malattie senza speranza di guarigione», poiché sono numerosi i pazienti che rifiutano, dialisi, trasfusioni, interventi rischiosi o magari mutilanti.

 

«Come Associazione Coscioni abbiamo seguito la vicenda ed è anche quello che abbiamo sostenuto sul caso Welby. Esiste un principio costituzionale che consente di rifiutare un trattamento terapeutico. Quella di Modena a me sembra una giusta intepretazione», ha detto Marco Cappato, deputato europeo radicale e segretario dell’Associazione Luca Coscioni, il quale ricorda poi come sul sito dell’Associazione, www.lucacoscioni.it, nella sezione "Soccorso civile", vengano forniti ai cittadini suggerimenti, informazioni e, dove possibile, supporto concreto per redigere il proprio testamento biologico. La vedova di Piergiorgio Welby, Mina, da parte sua, è convinta che quanto accaduto a Modena fungerà da «apripista per molti malati e potrebbe aiutare a risolvere la vicenda della povera Eluana Englaro: un grande passo avanti».

 

Una dura condanna arriva, invece, dal "ministro della Salute" del Vaticano. «Non c’è nessuna legge italiana», tuona il cardinale Javier Lozano Barragan, presidente del Pontificio Consiglio per la pastorale della Salute, «che prevede l’applicazione del testamento biologico. Se una persona decide di togliersi la vita, compie un suicidio; se lo fa per un’altra persona, commette un omicidio. Non ci importa l’apparenza legale, ci importa la vita, fondamento di tutto, che va rispettata in quanto dono ricevuto. Noi abbiamo sempre sostenuto il quinto comandamento: "Non uccidere"».

 

«Se c’era già questa norma, è stato del tutto inutile che il Senato abbia affrontato con serietà la questione del testamento biologico per ben due anni», dichiarano le parlamentari del Partito democratico Emanuela Baio e Paola Binetto, assai stupite che «nessuno dei medici che ha dovuto affrontare la decisione di interrompere una vita abbia fatto ricorso a questa norma». «Se è vero che la norma possa essere interpretata per interrompere la vita, ci chiediamo a cosa siano servite le battaglie condotte in questi anni dagli esponenti delle associazioni e dei movimenti pro eutanasia. Da parte nostra», concludono, «ribadiamo che deve certamente esistere il rispetto della volontà del paziente, ma lo Stato non può arrogarsi il diritto di interrompere la vita. Il nostro è un no fermo a ogni tentativo di eutanasia e proporremo che sia stabilita l’interpretazione autentica della legge 6 del 2004, ben diversa dal decide- re sulla vita o sulla morte di una persona».



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