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Le staminali contro l’infertilità

• da La Stampa - Tuttoscienze del 11 giugno 2008, pag. 1

di Giuseppe Testa

Secondo una teoria del XVII secolo, l’ovaio di Eva conteneva in miniatura, uno dentro l’altro a mo’ di matrioske, tutti gli individui. Un’immagine ingegnosa per spiegare la trasmissione della vita. Ora le matrioske hanno lasciato il campo a cellule particolarissime, gli spermatozoi e gli oociti (i gameti), ma resta intatta la fascinazione per il processo che rende queste cellule capaci di svolgere la storia delle specie. Il progresso nella comprensione dei comportamenti cellulari aumenta esponenzialmente quando si è in grado di studiare queste cellule in vitro, riproducendone non solo la crescita ma anche il funzionamento e il differenziamento. Ecco perché molti laboratori hanno cercato di coltivare al di fuori dell’organismo i precursori degli spermatozoi e degli oociti, riproducendo il graduale sviluppo che rende queste cellule competenti per la riproduzione. La maggior parte degli esperimenti è avvenuta nel topo, ma anche in questo organismo, e a maggior ragione nell’uomo, la difficoltà nel procurarsi queste cellule ha reso il progresso difficile. Recentemente, però, la convergenza di due sviluppi tecnologici ha impresso una svolta, tanto da stimolare la convocazione di un meeting del «Gruppo di Hinxton», che raccoglie da vari Paesi i principali scienziati e bioeticisti che si occupano di staminali e delle loro implicazioni sociali. 

 

Il primo di questi sviluppi consiste nella capacità di riprodurre in vitro, a partire da cellule staminali embrionali, buona parte dello sviluppo dei gameti. Naturalmente per dire che un gamete è funzionante l’unico test è usare queste cellule nella fecondazione in vitro e vedere se danno origine a un embrione normale. La conferma di funzionalità non è stata ancora raggiunta, ma la disponibilità di un sistema di coltura lasciava già intravedere la prospettiva di ottenere gameti pienamente funzionanti dalle staminali embrionali. 

 

Rimaneva però il problema dell’applicazione all’uomo: non solo la ricerca sulle staminali embrionali umane è limitata, ma anche nelle legislazioni più permissive la disponibilità di embrioni umani rappresenta un significativo ostacolo. Ed è qui che si innesta il secondo sviluppo: consiste nella possibilità di ottenere, nel topo e nell’uomo, cellule staminali pluripotenti da cellule della cute mediante l’attivazione di pochi geni. Queste cellule pluripotenti sono simili per alcune caratteristiche alle staminali embrionali e possono quindi essere differenziate in tutti i tipi cellulari, inclusi i gameti. Il vantaggio, però, consiste nella facilità con cui si possono ottenere, svincolando il procedimento dagli embrioni umani prodotti tramite fecondazione in vitro.

 

Il gruppo di Hinxton si è riunito per affrontare le implicazioni sociali ed etiche di questa ricerca. Il rapporto è stato unanime nel prevedere che nei prossimi 5-15 anni sarà possibile derivare parzialmente o totalmente in vitro spermatozoi e oociti umani a partire dalle staminali pluripotenti, che si possono a loro volta generare dalla pelle. Quali le conseguenze?

 

Le prime saranno sulla riproduzione assistita. Si aprirà una finestra di conoscenza sulle prime fasi dello sviluppo embrionale e, così, è facile attendersi un passo avanti per comprendere l’infertilità. Ed è altrettanto prevedibile che questi gameti derivati potranno essere usati per sopperire all’infertilità. Altre potenziali applicazioni, però, accentueranno l’irriducibile pluralismo etico che caratterizza le società nell’incontro con la biotecnologia. La disponibilità di gameti in vitro potrebbe facilitare sia la selezione genetica degli embrioni che la modificazione del loro patrimonio genetico.

 

Il Gruppo di Hinxton ha quindi stilato un documento per stimolare il dibattito e l’azione politica http://www.hinxtongroup.org). Si definisce una «road-map» di procedure sperimentali e approfondimenti etici che dovranno essere completati prima di qualsiasi applicazione. E quindi si invita alla cautela, evitando interventi legislativi che ostacolino l’intero ambito della ricerca. I divieti ad ampio spettro svuotano di senso lo stesso strumento giuridico. Altra cosa è invece un attento regime di regolazione, che indirizzi l’evoluzione sia della scienza sia della società, oltre alle nostre concezioni dell’essere genitori.

NOTE


Istituto Europeo di Oncologia, Associazione Luca Coscioni


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