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La presenza in studio non cambia nulla

• da Secolo XIX del 27 ottobre 2008, pag. 6

di Gad Lerner

Vorrei rispondere con il dovuto rispetto a Marina Garaventa che la voce dei malati è senz’altro quella decisiva, ma che non è univoca.

 

Certo, è difficile da raccogliere, non solo per le ragioni oggettive che lei ci ricorda, ma anche per un’ingiusta reticenza dei mass media a rappresentare la malattia. Ne so qualcosa con gli indici d’ascolto bassi che contraddistinguono le puntate de "L’infedele" dedicate alle associazioni dei malati di cancro, tra le più riuscite ed emozionanti, ma che respingono una utenza vocata alla rimozione forse perché ormai incapace di cura.

 

Detto ciò, secondo me sbaglia Marina Garaventa se si illude che una maggiore presenza dei malati nel dibattito pubblico - di per sé doverosa - ne modificherebbe sostanzialmente i termini.

 

Quando ospitai all"Infedele" l’anestesista Mario Riccio, cioè il medico che aveva sedato Piergiorgio Welby prima d’interromperne la ventilazione meccanica, si figuri che partecipò appassionatamente "contro" il medico Mario Melazzini, afflitto dal medesimo male. Sul fronte opposto, seppero essere protagonisti eccellenti delle loro battaglie civili, prima di Welby, Luca Coscioni, e dopo Welby, Giovanni Nuvoli. Così come Beppino Englaro, il padre di Eluana, si è meritato unanime rispetto per la competenza bioetica, giuridica e medica da lui sviluppata nell’accudimento del dramma della figlia.

 

Voglio assicurare a Marina Garaventa tutto il mio interessamento al suo punto di vista, su cui mi documenterò meglio in vista della trasmissione di stasera. Ma non pensi a censure. Né s’illuda che la voce dei malati possa diventare un coro a sostegno del suo punto di vista.



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