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I radicali: "Discutibile l’obiezione di coscienza dei medici"

• da Lab il socialista del 14 novembre 2008, pag. 3

È "discutibile", per lo meno in alcuni casi, l’obiezione di coscienza del medico di fronte al testamento biologico di un malato.

Così come è espressa nel disegno di legge firmato dal senatore del Pd, ed ex ministro della Sanità, Umberto Veronesi. Questo il giudizio di Alessandro Capriccioli, membro di Giunta dell’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica e del Comitato nazionale di Radicali italiani. In attesa della sentenza della Corte di Cassazione sul caso di Eluana Englaro, la donna da quasi 17 anni in stato vegetativo persistente, la politica discute animatamente del tema delle dichiarazioni anticipate di fine vita, del loro valore, e degli spazi di libertà e autonomia per pazienti e medici. Nel dibattito che da giorni campeggia su giornali e Tv, l’Associazione Coscioni però vuole rilevare alcuni nodi per lei fondamentali. "Tra i molti aspetti sostanzialmente condivisibili nel Ddl Veronesi - spiega Capriccioli in una nota viene data molta enfasi alla possibilità dei medici di esercitare l’obiezione di coscienza. Ma - prosegue - non è affatto chiaro, se si esclude l’ipotesi del suicidio assistito, come possa configurarsi l’obiezione di coscienza nei casi in cui la richiesta del paziente implichi per il medico la necessità di non somministrare alcuna terapia. In tal caso, paradossalmente, obiettare non equivarrebbe ad astenersi da alcuni atti medici, ma consisterebbe nel porli in essere attivamente contro la volontà del paziente, il che sarebbe decisamente discutibile". Oltre a questo aspetto, Capriccioli fa notare che "in un Paese come il nostro, caratterizzato da gravissime carenze di legalità, l’obiezione di coscienza, astrattamente prevista a tutela delle convinzioni etiche dei medici, finisce spesso e volentieri per diventare uno strumento di sabotaggio e di ostruzionismo nelle mani del fronte integralista: quanto accade quotidianamente, ad esempio, nel caso dell’aborto, che in molte Regioni italiane quasi del tutto impraticabile a causa dell’elevatissima percentuale di obiettori presenti nelle strutture pubbliche". "Se il fenomeno dell’obiezione, infatti, non resta contenuto entro limiti tali da garantire a tutti le prestazioni previste dalla legge, si finisce per impedire alle persone l’esercizio dei loro diritti, trasformando l’obiezione di coscienza in una vera e propria imposizione della propria coscienza su quella degli altri. Un ostruzionismo quotidiano che già oggi pregiudica l’autodeterminazione delle donne, e che - conclude - rischia di diventare realtà anche per il  

 



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