Primo: «Il decreto è definitivo»; firmato: Filippo Lamanna, giudiÂce della corte di appello di Milano. Secondo: «Eluana arriverà presto a Udine»; firmato: Claudio Riccobon, amministratore delegato della caÂsa di cura che dovrebbe accogliere la ragazza. Terzo: l'atto di indirizÂzo del ministro Sacconi secondo il quale non è possibile interrompeÂre nutrizione e idratazione nelle strutture pubbliche e private, «non è vincolante» e «manca dei più elementari requisiti formali»; firmato: i legali di Beppino Englaro.
È una risposta chiarissima quella inviata ieri al governo dagli avvocati di famiglia della ragazza da 17 anni in stato vegetativo persistente, dal giudice che scrisse il decreto che autorizzava l'interruzione della nutrizione e della idratazione, e dalla clinica "Città di Udine" nella quale si sarebbe dovuto dar corso a quel decreto. «La situazione di diritto è uguale a prima dell'intervento del ministro», ha spiegato l'avvocato Vittorio Angiolini. La lettera di SacÂconi è «un atto diversivo», «non vincolante e senza prescrizione di obblighi o doveri per le Regioni». Non c'è bisogno di «alcuna impugnativa» perché non può produrre effètti giuridici sulla esecuzione dei pronunciamenti della magistratura a proposito dell'inÂterruzione dei trattamenti a Eluana, spiegano rassicurando i sanitari.
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Quella lettera, ha detto ancora Angiolini, non è stata «neppure pubblicata in forma ufficiale e soprattutto sottoscritta dal ministro in carenza di qualunque base legislativa attributiva di corrispondente poÂtere, non è perciò atto amministrativo vincolante, mancando al riÂguardo anche dei più elementari requisiti formali». «Il decreto - ha detto da parte sua Filippo Lamanna - non ha bisogno di alcuna ulteriore certificazione di esecutività ». Il ministero, hanno concluso i legali, «non ha potere sull'accreditamento». Ma questa era una risposta alle esternazioni di ieri del ministro che aveva avvertito: «ComportamenÂti difformi da quei principi determinerebbero inadempienza, con le conseguenze probabilmente immaginabili».
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Nel frattempo riesplodeva lo scontro politico. Benedetto Della Vedova (Pdl), lanciava un allarme sul rischio che il nuovo partito voÂluto da Berlusconi nasca «su posizioni confessionali», e nel frattemÂpo si assisteva a un curioso testacoda tra Fabrizio Cicchitto, schieraÂto in difesa di Sacconi, e Rosy Bindi, che invece parlava di «propaÂganda»; ovvero tra un vecchio socialista finito su posizioni «confesÂsionali» — come aveva appena detto il suo compagno di partito Della Vedova - e una cattolica finita su posizioni laicoliberali. E, mentre l'AsÂsociazione Luca Coscioni chiedeva l'intervento del Capo dello StaÂto, proprio davanti a Giorgio Napolitano interveniva il presidente del Senato Renato Schifani per dire che sembra «maturo il tempo per una compiuta discussione in sede parlamentare» sul fine-vita, spiegando che il problema è quello del rispetto della persona e della sua autonoÂmia. «Un messaggio di speranza a favore della vita», chiosavano dal Pd Paola Binetti e Emanuela Baio. Ma l'Anm chieÂdeva di «rispettare le decisioni dei giudici».
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Tutta questa storia dovrà tornare ad essere una storia privata: quella di una sfortunata ragazza la cui vita si è interrotta 17 anni fa per un incidente straÂdale. Lo chiede da tempo Beppino Englaro. Ieri i suoi legali hanno detto che eventuali trasferimenti di Eluana non saranno più annunciati alla stampa. SiÂlenzio, dunque. Ma la realtà , per ora, è quella di uno scontro che ha finito per coinvolgere i livelli istituÂzionali più alti. Beppino, invece, continua a prefeÂrire il silenzio. «Ora via da questo inferno», erano state le sue prime e uniche parole quando la Cassazione dichiarò inamÂmissibile il ricorso della procura generale milanese contro la decisioÂne della corte di appello di autorizzare l'interruzione della nutrizione. Ora, però, all'inferno sembra che stiano provando a rispedircelo.
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Come già era accaduto in passato, è ancora una volta la politica a provare a mettersi di traverso tra un giudice e l'esecuzione della senÂtenza da esso pronunciata. Oggi come ieri. Già la Consulta diede uno schiaffo al Parlamento che aveva sollevato un conflitto tra poteri dello Stato con la Cassazione sul caso Englaro. Ora ci prova il governo.
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