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«Rispetterò il patto con Eluana» Fiaccolata a Lecco 17 anni dopo

• da L'Unità del 19 gennaio 2009, pag. 14

di Federica Fantozzi

Diciassette rose, recise come lei. Sono altrettanti anni dall’incidente che la ridusse in coma irreversibile: «E un anniversario che speravamo di non festeggiare. Ma Eluana avrebbe detto grazie a tutti. Stiamo facendo di tutto e prima o poi riusciremo a liberarla, a rispettare il tacito patto di sangue che ci lega». Sotto il nevischio, Beppino Englaro è infagottato in un giaccone blu. Accanto, nella piazza del Comune di Lecco, ha il neurologo che da anni segue sua figlia, Carlo Alberto Defanti e la coautrice del libro sulla sua storia, la giovane studiosa Elena Nave. In mano un grande mazzo di fiori rosa, ricevuto da Marco Cappato, che depositerà nella stanza di Eluana. Attorno decine di fiaccole, di persone che gli stringono la mano: «Sono una cittadina di Lecco sussurra una signora - e lei è un grande uomo». Sullo sfondo l’insegna blu elettrico della clinica Beato Talamoni, dove Eluana da tempo giace

nell’incoscienza accudita dalle suore.

 

Sono stati i Radicali e l’associazione Luca Coscioni a organizzare la manifestazione, a invitare ad accendere «una candela per Eluana, una fiammella di libertà». Hanno risposto in trecento, 1500 le candele sui balconi di altre città, migliaia le adesioni virtuali su Facebook. Ci sono le bandiere rosse dei Socialisti di Riccardo Nencini, presidente del consiglio regionale toscano che avrebbe aperto le porte alla giovane donna, ma ha incontrato il veto di un assessore. Gli stendardi gialloblu degli Atei e Agnostici Razionalisti. "Liberuscita" l’associazione per depenalizzare l’eutanasia. La petizione dei Radicali, guidati dalla segretaria Antonella Casu.

 

E’ un momento particolare e dolente, la clinica di Udine ha ritirato la disponibilità dopo il diktat del ministro Sacconi, ora indagato per violenza privata. Tutto è tornato in alto mare. Il papà di Eluana ha superato il momento di sconforto: «C’è ottimismo, non rassegnazione. Ci stiamo muovendo a tutti i livelli a 360 gradi. L’Emilia Romagna si è fatta viva in modo concreto e prima o poi la sentenza sarà attuata». Però, ammette, «dire che siamo vicini alla fine è arduo». Il 22 gennaio ci sarà l’udienza al Tar contro la Lombardia di Formigoni che ha posto il veto a tutte le strutture regionali, ma la famiglia Englaro confida di più in qualche offerta spontanea, nello scuotimento di cittadini perché «quando si tratta di libertà fondamentali nessuno può chiamarsi fuori». Un paletto: «Per il momento non pensiamo di andare all’estero. Sarebbe una sconfitta per l’ordinamento italiano». E nessuna pressione sul presidente della Repubblica: «Intervenire non è nei suoi poteri, non lo metteremo in difficoltà. Andiamo avanti per la nostra strada di legalità. Non ci appelleremo a nessuno, neppure ad altre cliniche». Se avranno il coraggio di sfidare quello che l’opposizione ha chiamato «il ricatto del governo», batteranno un colpo.

 

Del resto Silvio Viale, il medico torinese progressista che ha sperimentato la pillola abortiva, lo dice chiaro: «Non mancano medici disponibili non all’obiezione ma all’azione di coscienza. E in questi giorni stanno aumentando. E cresciuta la sensibilità della gente». Ha una speranza, difficile: «Se la portassero al mio pronto soccorso e io fossi di turno, la ricovererei».

 

Rintoccano le campane, il cielo grigio da tutto il giorno si è fatto nero. La clinica è un edificio silenzioso, quattro piani di finestre illuminate dove anziani in pigiama consumano il pasto serale. Eluana, da qualche parte, aspetta che le istituzioni si ricordino di lei. Cappato, intabarrato nella sciarpa, ha gli occhi febbrili: «Non c’è Stato di diritto né democrazia. Macché sacralità della vita, rispettiamo i drammi umani. Sacconi ha posto in essere un abuso di potere intimidatorio. Ora rinunci all’immunità». Nencini rilancia la "battaglia di civiltà", spera - come del resto gli avvocati - che nel silenzio germogli il coraggio di qualche imprenditore sanitario. Le fiaccole punteggiano il buio. C’è gente da Brescia, Novara, Bergamo, Friuli, Torino, Cuneo. Molti anziani, mamme con bambini.

 

E’ la terza volta che Beppino riceve le rose e le mette in un vaso accanto al letto di sua figlia, nessuno ha cuore di esprimere ad alta voce l’auspicio che sia l’ultima. Cappato gli batte la mano sulla spalla. Una ragazza lo abbraccia. Di Sacconi che con una repentina circolare ha avuto il potere di dirottare nella notte l’ambulanza già partita per trasferire Eluana da Lecco a Udine, non vuole parlare. Della ridda di ipotesi - la Campania, la Toscana, il Piemonte - non intende sentire. Stringe i fiori, i petali lucidi nella plastica, scompare oltre la soglia della clinica. «Non ci fermeremo. Non c’è libertà se non dentro la società».

 

Beppino Englaro appare confortato per la presenza di tanti alla fiaccolata: «Eluana non è sola, in tanti - aggiunge - si sono resi conto che la questione delle libertà fondamentali ci riguarda tutti».   


NOTE


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