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Pro-life alla Consulta: "senza legge 40 la salute della donna è troppo tutelata"

• da Il Manifesto del 1 aprile 2009, pag. 6

di Eleonora Martini

Torna per la seconda volta davanti alla Corte costituzionale la legge 40 sulla fecondazione artificiale, e si mobilitano i poteri forti. Dopo che nel 2006 la Consulta aveva rigettato il ricorso del Tribunale di Cagliari ma solo per vizi processuali e non di merito, ieri in udienza pubblica per due ore e mezza i 15 giudici della Suprema Corte, presieduti da Francesco Amirante, hanno ascoltato i motivi per i quali con due distinte ordinanze del Tribunale di Firenze e una del Tar del Lazio (tutte del 2008) sono state sollevate le eccezioni di costituzionalità della normativa negli articoli 14 (comma 1,2 e 3: divieto di crioconservare gli embrioni e obbligo di produrne al massimo tre e trasferirli contemporaneamente nell`utero della donna) e 6 (comma 3: divieto di revocare il consenso alla fecondazione dopo la produzione degli embrioni). E hanno ascoltato anche i rappresentanti legali delle associazioni che si erano costituite come parti ma che non sono state ammesse in giudizio per cavilli legali (Luca Coscioni, Cecos Italia, Madre provetta, Amica cicogna, Sos Fertilità e Cittadinanzattiva Toscana: tutte contrarie alla legge 40) e di quelle che invece sono state ammesse come controparti a fianco del governo (Comitato per la tutela della salute della donna e Federazione nazionale dei movimenti per la vita). Associazioni, queste ultime, manco a dirlo di chiara ispirazione pro-life rappresentate tra gli altri dall`expresidente della Corte costituzionale Antonio Baldassarre. Il quale, difendendo la legge 40, è arrivato a sostenere che altrimenti . Non solo testamento biologico, dunque. Inviolabilità e sacralità della vita sono le argomentazioni usate anche durante l`udienza di ieri dai pro-life che hanno addirittura tentato (invano, forse) di sollevare un`eccezione di costituzionalità delle linee guida della legge - rinnovate nel 2008 dall`allora ministro Livia Turco dopo che il Tar del Lazio aveva disapplicato le precedenti - che ristabiliscono il diritto della coppia alla diagnosi preimpianto. I giudici di merito fiorentini, invece, si erano rivolti alla Consulta in seguito al ricorso presentato da due coppie milanesi affette da patologie genetiche incurabili e trasmissibili con un rischio del 50%. E, come  spiega l`avvocato Gianni Baldini che con i colleghi Caiazza e Gallo rappresenta la prima ordinanza emessa nel luglio scorso dal tribunale di Firenze, «c`è il fondato sospetto che la legge 40 violi gli articoli 3 e 32 della Costituzione». Violato l`articolo 3, quello che riconosce e tutela il principio di uguaglianza, perché «obbligando a produrre al massimo tre embrioni e vietando la crioconservazione, vengono discriminate le persone con patologie trasmissibili perché è evidente che per loro il numero di possibilità di riuscita è compromesso in partenza». Mentre l`articolo 32 della Carta non viene rispettato perché, continua Baldini, «il medico viene espropriato della possibilità di valutare caso per caso qual è il migliore trattamento nell`interesse della salute della donna» e perché, con l`irrevocabilità del consenso dopo la formazione degli embrioni, «si impone un trattamento sanitario obbligatorio». La speranza delle due coppie e dell`associazione Warm di Severino Antinori, che hanno fatto ricorso contro la legge 40, è che nel decidere - si prevede che la Consulta si pronuncerà a breve, entro la fine della settimana - prevalga un «pacato ragionamento logico giuridico e tecnico» anziché le confuse argomentazioni della tifoseria pro-life.



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