Radicali.it - sito ufficiale di Radicali Italiani
Notizie Radicali, il giornale telematico di Radicali Italiani
cerca [dal 1999]


i testi dal 1955 al 1998

  RSS
mer 08 mag. 2024
  cerca in archivio   RASSEGNA STAMPA
Legge 40 ancora in tribunale: stavolta tocca alla ricerca

• da E' Vita (Avvenire) del 9 luglio 2009, pag. 2

di Viviana Daloiso

In tempi di battaglie e forzature giudiziarie sui temi bioetici, e in particolare di attacchi concentrici alla legge 40, non poteva mancare un altro tassello che tanto sta a cuore a chi vede il nostro Paese come il fanalino di coda nella corsa internazionale della cosiddetta libertà della scienza: la ricerca sulle staminali embrionali. E così, la settimana scorsa, ecco arrivare al Tar del Lazio (già protagonista nel gennaio 2008 nella vicenda del rinvio alla Corte Costituzionale della legge 40) un ricorso dalle ricercatrici Elena Cattaneo, Silvia Garagna ed Elisabetta Cerbai, rispettivamente direttore del Centro interdipartimentale di ricerca sulle cellule staminali dell’Università statale di Milano, biologa all’Università di Pavia e farmacologa a quella di Firenze. Sul tavolo del tribunale il bando del ministero del Welfare che destina 8 milioni di euro a progetti di ricerca sulle staminali e che esclude gli studi su quelle embrionali. La questione è annosa, visto che la legge 40 vieta esplicitamente la produzione (e la manipolazione) di embrioni per la ricerca, ma non proibisce che linee cellulari embrionali vengano acquistate dall’estero a tal fine: un “escamotage" grazie al quale il team della Cattaneo, per esempio, conduce studi sulle embrionali già da anni. E che, a ben vedere, ha consentito - a Milano come altrove - piena libertà di ricerca a chi intendesse seguire questa via: la professoressa Cattaneo non a caso è stata più volte annoverata tra i pionieri nel campo delle staminali embrionali, e i suoi interventi sono stati spesso ospitati su riviste scientifiche internazionali di prestigio (tra cui Nature, che ha dato ampia rilevanza al ricorso presentato al Tar nel suo ultimo numero e più di una volta si è espressa criticamente sulle «eccessive restrizioni» italiane nel campo della ricerca). Eppure le ricercatrici che si sono rivolte al tribunale si sentono limitate: al Tar del Lazio viene chiesto che questi studi possano entrare a far parte di quelli considerati meritori di un finanziamento pubblico, pena «la pesante interferenza alla libertà di ricerca». «E questo - spiega Augusto Pessina, professore proprio alla Statale di Milano e presidente dell’Associazione italiana colture cellulari - come se non si stesse parlando di un bando ma di una legge. Cose molto differenti, visto che da sempre il ministero decide liberamente come destinare i propri fondi, escludendo necessariamente alcune categorie dai suoi bandi: una pratica ben nota a chi opera nel campo della ricerca scientifica, e a tutti i livelli». D’altra parte, come spiegato dallo stesso viceministro della Salute Fazio e poi sottolineato dagli esponenti di alcuni governi regionali (che hanno approvato il bando di ricerca nella Conferenza Stato-Regioni), la decisione di escludere gli studi con le embrionali sarebbe avvenuta non sulla base di convinzioni morali o ideologiche ma per il semplice motivo che le ricerche con le staminali adulte offrono a oggi possibilità ben più concrete: ricerche all’interno delle quali figurano anche quelle sulle Ips (le cellule riprogrammate fino a uno stadio simile a quello embrionale, scoperte dal giapponese Yamanaka), sulla cui portata epocale la stessa Cattaneo si è espressa più volte negli ultimi mesi. Ma questa ricerca sembra non bastare, proprio come non basta la possibilità di studiare cellule embrionali importate da altri Paesi. L’obiettivo sembra piuttosto quello di creare un nuovo caso legale, e possibilmente una nuova sentenza, capace di mettere gradualmente in dubbio le scelte fatte finora in materia di ricerca e di pratica scientifica: «Perché se ottengo la possibilità di usufruire di finanziamenti pubblici per il mio lavoro sugli embrioni - spiega ancora Pessina - allora presto o tardi potrò anche reclamare la possibilità di acquistare embrioni dall’estero con soldi pubblici e - perché no? - allora di utilizzare gli embrioni che vengono prodotti qui in Italia, magari sulla scorta della possibilità oggi prevista dalla legge 40 di produrne in numero superiore a 3 e di congelarli». Non a caso le sorti del ricorso sono state affidate a un nome noto nel campo delle battaglie legali sui temi della bioetica: Vittorio Angiolini, già legale della famiglia Englaro durante la controversa vicenda di Eluana. Altro indizio significativo: il fatto che a difendere a spada tratta il ricorso delle ricercatrici si sono affrettati immediatamente anche i radicali, che con Marco Cappato e l’associazione Luca Coscioni hanno già dichiarato di voler coprire le spese legali per la causa. Anche questo un copione già visto, che poco sembra avere a che fare con le motivazioni che le ricercatrici reclamano. 


IN PRIMO PIANO







  stampa questa pagina invia questa pagina per mail