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Biotestamento, una legge senza steccati è possibile

• da La Discussione del 25 settembre 2009, pag. 5

In cerca di un’intesa. Ovvero di un testo da far arrivare in Aula quanto più possibile condiviso da maggioranza ed opposizione. Ma, soprattutto, all’interno della stessa coalizione di centrodestra. E’ con questo spirito che riprenderà mercoledì l’attività della commissione Affari sociali della Camera, che sta esaminando il disegno di legge sul testamento biologico. Il 30 di settembre, dunque, l’ufficio di presidenza fisserà il calendario delle audizioni, al termine delle quali il relatore Domenico Di Virgilio (Pdl) deciderà quale testo base adottare: se ripartire dal provvedimento a firma di Raffaele Calabrò approvato dal Senato nel marzo scorso o approntare un nuovo testo. Intervistato dalla Discussione all’inizio di luglio, il deputato aveva sostenuto: «Ritengo che sia nostro dovere far uscire dal Parlamento il miglior testo di legge possibile». E, alla domanda se condividesse l’impianto del ddl Calabrò - che prevede il divieto di sospendere idratazione e alimentazione artificiali, e stabilisce che le dichiarazioni anticipate di trattamento, della durata di cinque anni, non sono vincolanti - aveva risposto: «Condivido quel testo, ma non sono per nulla chiuso all’ascolto di importanti contributi, di positive proposte di modifica che arriveranno-dai parlamentari». E, si sa, a Montecitorio si agita la fronda di chi invoca dei cambiamenti sostanziali. Già prima che la commissione cominciasse ad esaminare il ddl licenziato a Palazzo Madama, infatti, un parlamentare piediellino, Benedetto Della Vedova, di provenienza radicale, ventilava la possibilità che a Montecitorio andasse ingrossandosi il gruppo dei "dissidenti". Deputati di centrodestra - almeno una sessantina assolutamente non disposti ad approvare una legge sulle Dichiarazioni anticipate di trattamento in cui, ha sostenuto Della Vedova, «si espropria il futuro paziente della sua decisione sul proprio fine vita, così come si toglie al familiare che gli è vissuto accanto la medesima possibilità di scelta. E si lascia al medico la parola finale». A complicare il quadro, nei giorni scorsi è arrivata una lettera indirizzata al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e firmata da 20 esponenti laici del Pdl in cui si chiedeva che non si varasse una noramtiva sul fine vita «che costringa i parlamentari e gli italiani a scontrarsi su ciò che più li divide, ma che consenta agli uni e agli  altri di accordarsi su ciò che maggiormente li accomuna», ossia «la persuasione che il rapporto con la malattia, con le cure e con la morte (la propria e quella dei propri cari)» appartenga ad uno spazio personale «di cui la legge può prudentemente fissare i confini "esterni", ma non i contenuti "interni"» affidati, invece, «alle relazioni morali e professione li che legano il malato al suo medico e ai suoi congiunti». Parole che hanno incassato il plauso del presidente della Camera, Gianfranco Fini, che ha personalmente assunto un impegno a far sì che il dibattito sul ddl si svolga nel doveroso rispetto del diritto di ogni deputato a esprimersi secondo coscienza. La questione del biotesta mento, tema etico per eccellenza nella XVI legislatura, soprattutto a causa della storia di Eluana Englaro (ma anche grazie alla "eredità" del caso di Piergiorgio Welby), si presta, dunque, a nuove strumentalizzazioni. Non è un’impressione, infatti, che sul tasto del rispetto della laicità Fini stia battendo da tempo, creando un po’ di mal di pancia nella componente cattolica del partito unico del centrodestra. E che fra i firmatari della missiva a Berlusconi vi siano illustri membri della Camera assai legati all’ex leader di Alleanza nazionale (un nome su tutti è quello di, Giulia Bongiorno, presidente della commissione Giustizia). Ma è bene sottolineare come ad invocare che nel testo che verrà votato a Montecitorio vi sia un maggiore rispetto per la volontà del paziente che scrive le sue intenzioni sul fine vita, ci sono anche parlamentari che al premier sono molto vicini, fra cui Giorgio Stracquadanio. La missiva, pertanto, secondo Adolfo Urso, uno dei firmatari, «sicuramente può aiutarci a superare gli steccati che si sono alzati in questi mesi». E, di conseguenza, approdare verso una soluzione unitaria. Non resta, dunque, che attendere la fine dei lavori della commissione per comprendere su quali basi - di dialogo o di scontro? si svolgerà l’iter del ddl sul biotestamento nell’emiciclo. Ciò che si suppone, lo ha assicurato Fini agli esponenti dell’associazione Luca Coscioni e alla vedova di Welby, Mina, è che il dibattito lascerà ai deputati la prerogativa di votare senza (troppi) lacci ideologici.



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