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In sei su dieci dicono sì alla "dolce morte"

• da Il Gazzettino del 29 settembre 2009, pag. 11

di Natascia Porcellato

Dove finisce la vita e inizia la morte? Chi ha il diritto-dovere di deciderlo? I medici quali regole devono darsi per rispettare la volontà dei loro stessi pazienti? Queste sono solo alcune delle domande, delicate e difficili, che accompagnano la discussione, pubblica e politica, intorno al tema del fine-vita e del testamento biologico. L’Osservatorio sul Nord Est, presentato oggi su Il Gazzettino, si occupa di eutanasia, questione controversa e lungamente dibattuta. I dati raccolti da Demos mostrano una chiara maggioranza di favorevoli alla «dolce morte»: oltre sei rispondenti su dieci, infatti, ritengono che “quando una persona ha una malattia incurabile, e vive con gravi sofferenze fisiche, è giusto che i medici possano aiutarlo a morire se il paziente lo chiede”.
      In queste settimane la proposta di legge sul biotestamento, già approvata dal Senato, dovrebbe essere discussa anche alla Camera dei Deputati. I dati che presentiamo qui non si riferiscono direttamente al testamento biologico, ma ci appaiono ugualmente interessanti perchè indagano l’orientamento dell’opinione pubblica verso uno dei temi maggiormente controversi: l’eutanasia, la richiesta del paziente di “andarsene” in caso di malattia incurabile.
      Tra il “dovere” di vivere e il “diritto” di morire, il campione intervistato da Demos si orienta maggiormente per la seconda ipotesi: è circa il 62%, infatti, a dichiararsi a favore dell’eutanasia. Rispetto a un anno fa, registriamo un calo di circa 3 punti percentuali ma, guardando all’intera serie storica, osserviamo come, dal 2002 ad oggi, i favorevoli si siano sempre mantenuti sopra la soglia della maggioranza assoluta. Inoltre, tra il 2006 e il 2009, le tristi e controverse vicende di Luca Coscioni, Piergiorgio Welby ed Eluana Englaro hanno infiammato il dibattito intorno (anche) a queste questioni e possono aver sensibilizzato l’opinione pubblica sull’onda delle loro –differenti- storie.
      Una voce particolarmente critica nei confronti dell’eutanasia è da sempre quella della Chiesa e la frequenza e la forza con le quali ribadisce la sua disapprovazione hanno intuibili ripercussioni. La pratica religiosa appare, quindi, come uno dei maggiori fattori di divisione. Tra quanti frequentano in modo assiduo la messa, infatti, la quota di favorevoli alla «dolce morte» scende al 39%, mentre tra coloro che non sono praticanti, o che lo sono in modo saltuario, il sostegno all’eutanasia appare molto più esteso (rispettivamente: 81% e 70%). L’andamento per classe d’età, poi, mostra chiaramente come l’apertura alla «dolce morte» sia certamente più ampia tra giovani e adulti, ma coinvolge anche circa la metà dei rispondenti con oltre 55 anni.
      Dal punto di vista politico, però, abbiamo le maggiori sorprese. Colpisce osservare come solamente gli elettori dell’Udc - partito di chiara ispirazione cattolica - si mostrino particolarmente restii rispetto al “diritto alla dolce morte”. I simpatizzanti delle altre forze politiche presenti in Parlamento, invece, sono, seppur con intensità variabili, in maggioranza a favore dell’eutanasia (circa sette persone su dieci di coloro che orientano il proprio voto verso il Pd, la Lega Nord o l’IdV e sei elettori del PdL su dieci). Una preferenza per la «dolce morte» che, almeno nell’elettorato e nell’opinione pubblica del Nord Est, appare trasversale alla maggioranza e a una parte consistente dell’opposizione.


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