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Non riduciamo Craxi ai suoi guai giudiziari

• da Corriere della Sera del 4 gennaio 2010

di Pierluigi Battista

Anche Helmut Kohl ha avuto i suoi guai giudiziari, ma nessuno si sognerebbe di disconoscere la sua statura di statista o di oscurare il suo ruolo storico nella riunificazione tedesca. Ha ragione Luigi Ferrarella a ricordare sul Corriere che Craxi ha subito condanne passate in giudicato. Ma una feroce damnatio memoriae ha sin qui avuto l’effetto di annullare e immeschinire la figura di Craxi, rileggendo ogni passo del leader socialista scomparso dieci anni fa come sordido antefatto della catastrofe di Tangentopoli.
Marco Pannella sostiene che una targa commemorativa e l’intitolazione di una strada non sono la via migliore per ricostruire il ruolo di Craxi nella storia italiana. Difficile dargli torto. Però bisognerà pur cominciare a spiegare, a chi non ha vissuto le miserie e la grandezze della Prima Repubblica sepolta nel disonore del ’92-’93, che Craxi non era il demonio. Che è stato un grande del socialismo europeo. E che disse con grande anticipo (o forse, più semplicemente, nel tempo giusto) cose che la sinistra postcomunista ancora non finisce di balbettare dopo quindici anni di revisioni monche, imbarazzi culturali, blocchi mentali non del tutto scongelati. Craxi risollevò la bandiera del riformismo, quando nella sinistra maggioritaria di allora «riformista» era ancora una parola tabù. Provò a rilanciare la fortuna di una sinistra liberale, libertaria, antiautoritaria e perciò anticomunista mentre il Pci procedeva con lentezza e impacci lungo la strada di una compiuta conversione ai valori della democrazia occidentale e il termine «socialdemocrazia» (lo sa bene il presidente Napolitano, che sulla giusta strada era ben più avanti di tanti suoi compagni di partito) era ancora considerato una parolaccia. Volle che in un congresso socialista risuonassero le note di «Viva l’Italia» di Francesco De Gregori quando il patriottismo era ancora bollato come un sentimento vergognoso, retaggio di un passato da dimenticare. Fece la scelta giusta sulla sterilizzazione degli effetti inflazionistici della scala mobile. Sull’installazione degli euromissili. Sulla trattativa umanitaria per salvare la vita dell’ostaggio Aldo Moro. Difese allo stesso modo le vittime del Cile fascista di Pinochet e i dissidenti dell’Est sovietizzato incarcerati o in esilio. Capì che era controproducente mortificare la nuova modernità italiana soffocata dal dirigismo statalista e consociativo.


Craxi fece molti errori, a cominciare dal rifiuto di consegnare agli americani, a Sigonella, gli assassini di Leon Klinghoffer, ucciso sull’«Achille Lauro» perché ebreo. Permise che nel Psi avesse campo libero una classe dirigente rapace e prepotente. Ma fu l’unico leader politico condannato perché «non poteva non sapere». Sotto una pioggia di monetine scagliate da una folla ululante, fu vittima di una lugubre simulazione di linciaggio: questa sì una specialità italiana.



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