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L'Occidente senza bussola

• da Corriere della Sera del 4 gennaio 2010

di Franco Venturini

Mai come in questo inizio d’anno l’Occidente era parso tanto privo di bussola, tanto disorientato e indeciso davanti alle sfide internazionali. La prima delle quali è, in questi giorni, il terrorismo islamista. Alla strage mancata per caso sul volo Amsterdam-Detroit si sono aggiunti ulteriori segnali dell’offensiva di Al Qaeda. La decisione di chiudere le ambasciate americana e britannica nello Yemen rafforza l’ipotesi che Washington voglia punire militarmente i mandanti del kamikaze Umar Mutallab. In realtà si tratta di una decisione estremamente difficile da prendere, che proprio in queste ore è oggetto di intense consultazioni anche transatlantiche.

La necessità di rispondere alle critiche dei repubblicani e di non apparire debole spinge Obama a premere il grilletto. Ma la «guerra al terrorismo» condotta con le bombe è fallita da tempo, i metodi di Bush hanno semmai ingigantito nel mondo la piovra terroristica, e ha ragione Michael Walzer quando dice al Corriere che la moderna guerra asimmetrica nata con l’attacco alle Torri va condotta soprattutto con l’intelligence e l’economia. Cosa sceglierà Obama? Forse un castigo limitato a obbiettivi molto circoscritti, ma la Casa Bianca e i servizi Usa (umiliati dal fallito attentato sul volo Delta) sono i primi a sapere che questo sarà per al Qaeda un danno molto limitato e forse addirittura un vantaggio se si pensa alla conseguente maggior facilità di reclutamento in una galassia nominalmente qaedista che va ormai dall’Afghanistan e dal Pakistan all’Indonesia, al Maghreb, alla Somalia, allo Yemen e ben oltre.
E il terrorismo non è tutto. Guardiamo all’Iran, dove ieri, all’indomani della sanguinosa repressione degli oppositori al regime, siamo arrivati al paradosso: la scadenza fissata dall’Occidente per avere una risposta costruttiva di Teheran alle proposte dell’Agenzia atomica è scaduta il primo gennaio, e il ministro degli Esteri Mottaki cosa fa? Pone lui un ultimatum di un mese perché le potenze occidentali accettino l’arricchimento dell’uranio alle condizioni degli iraniani. La provocazione è chiara, ma come risponderle? Sanzioni e mano tesa insieme, oppure soltanto le prime, o soltanto la seconda, sapendo che nel frattempo guadagna terreno una opzione militare che legata al ritorno del terrorismo fa tremare le vene dei polsi?

Poi c’è l’Afghanistan. Il piano è di inviare più forze per potersi poi disimpegnare e passare il testimone ai locali, cioè a Karzai. Ma ieri il parlamento di Kabul ha bocciato 24 su 27 membri del nuovo governo formato da Karzai. È nel mezzo di questi umori che l’Isaf, composta anche da soldati italiani, dovrebbe un giorno ripiegare senza che la guerra civile riesploda entro poche ore? La tentazione di imputare a Obama una mancanza di guida è forte, ma si tratterebbe di un errore. Obama il disastro lo ha ereditato da meno di dodici mesi. Ma il calendario e la cronaca corrono: d’ora in poi, questo sì, Obama dovrà dimostrare di meritare la sua poltrona e il suo Nobel.



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