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Una bomba contro i magistrati

• da Corriere della Sera del 4 gennaio 2010

di Fiorenza Sarzanini

Èla scelta di compiere un’azione eclatante a dimostrare quanto alta sia la posta in gioco. Perché le cosche hanno dato il via libera all’attentato al Palazzo di giustizia pur avendo la consapevolezza che l’esplosione avrebbe riportato Reggio Calabria al centro dell’attenzione, con un inevitabile potenziamento dei controlli sul territorio. Ed è proprio questo a convincere investigatori e magistrati che i clan avessero la necessità di mandare un messaggio forte. L’avvertimento riguarderebbe una serie di processi ormai giunti in appello, ma anche alcune decisioni imminenti che riguardano beni e proprietà della ’ndrangheta. Perché è proprio la procura generale a decidere sulle confische di soldi e immobili rintracciati durante le indagini. L’obiettivo della ’ndrangheta sarebbe dunque la nuova gestione dell’ufficio giudiziario, ma più in generale l’impegno di chi— pubblici ministeri, giudici e forze dell’ordine— da un paio d’anni ha arrestato numerosi latitanti, sequestrato grosse partite di stupefacenti (seicento chili di cocaina soltanto nel porto di Gioia Tauro) e soprattutto ottenuto le condanne di chi era già sotto processo.

Un avvertimento ad allentare la presa o a trovare scorciatoie almeno in alcune situazioni. I carabinieri guidati dal comandante provinciale Pasquale Angelosanto hanno cominciato l’esame di tutti i fascicoli che riguardano la criminalità, con un’attenzione particolare alle udienze fissate per dibattimenti dove gli imputati hanno già ottenuto in primo grado condanne alte o ergastoli. Si sa che nei prossimi mesi si dovrà decidere la sorte degli imputati per l’omicidio Fortugno, degli affiliati ai clan per il controllo della piana di Gioia Tauro, per quelli infiltrati all’interno delle istituzioni.

L’attentato, evidenziano adesso gli esperti, è stato compiuto da professionisti e non è affatto scontato che i danni limitati siano frutto di un errore. Perché la bombola piena di dieci chili di gas collegata al tritolo era stata utilizzata per altri atti intimidatori compiuti in città ed è possibile che l’ordine per chi ha piazzato l’ordigno fosse proprio quello di colpire senza provocare vittime. Si spiegherebbe così la decisione di agire di notte e in un giorno festivo. Del resto il tribunale di Reggio non si trova in una zona di passaggio, dunque il rischio che qualcuno potesse essere ferito o addirittura ucciso dall’esplosione era davvero basso.
L’effetto è stato comunque clamoroso. Questa mattina arriverà in città il sottosegretario all’Interno Nitto Palma, che la realtà calabrese la conosce bene visto che, prima di essere eletto con Forza Italia e arrivare poi al Viminale, era il magistrato delegato dalla Direzione nazionale antimafia ad occuparsi proprio di questa Regione. Incontrerà i vertici di forze dell’ordine e della magistratura. Giovedì tornerà con il ministro Roberto Maroni per la riunione straordinaria del Comitato per l’ordine e la sicurezza.

Durante la riunione saranno esaminate le richieste che il procuratore Giuseppe Pignatone aveva già inviato a Roma. Le ripete adesso, consapevole che l’allarme provocato dall’attentato potrebbe sbloccare una situazione finora praticamente ignorata. Perché è dal 2000 che la commissione parlamentare Antimafia sollecita l’ampliamento degli organici di pubblici ministeri e giudici del tribunale che hanno carenze pari al 25% ma, come spiega il capo dell’ufficio, «su 24 sostituti procuratori previsti i posti vacanti sono cinque e la mia richiesta di aumentare almeno del 10% è rimasta senza risposta». Ieri ha parlato al telefono con Maroni, gli ha anticipato le esigenze prioritarie.

«Perché — sottolinea Pignatone — se davvero vogliamo combattere una criminalità organizzata così agguerrita dobbiamo potenziare gli apparati investigativi. Non bisogna dimenticare che la ’ndrangheta ha un altissimo numero di affiliati e soprattutto interessi a livello mondiale, come del resto hanno già dimostrato la strage di Duisburg e i successivi accertamenti sugli interessi economici delle famiglie compiuti in Germania e in altri Stati europei. Devono essere individuati gli investimenti immobiliari all’estero ottenuti grazie al riciclaggio di denaro, bisogna continuare a monitorare le rotte del traffico di stupefacenti che portano in Sudamerica, quelle sull’acquisto di armi che guardano invece all’Est. Per ottenere risultati abbiamo bisogno di specialisti».

Il titolare del Viminale affronterà in queste ore la questione con il capo della polizia, si consulterà con il comandante dei carabinieri e con quello della Guardia di finanza. È accaduto già in passato che in zone dove l’offensiva della criminalità si era fatta più incalzante si decidesse di inviare gruppi di personale specializzato (a Casal di Principe addirittura l’esercito), ma in vista della riunione di giovedì Maroni dovrà accordarsi anche con il ministro della Giustizia, Angelino Alfano. È su queste istanze che arrivano da chi si trova sul campo che si misurerà adesso la risposta dello Stato, visto che finora le cosche non avevano mai colpito un ufficio giudiziario e ora hanno invece dimostrato di voler alzare il livello dello scontro.



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