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I democratici in Puglia giocano la carta Boccia

• da La stampa del 5 gennaio 2010

di Carlo Bertini

Giù, sul marciapiede di via Sant’Andrea delle Fratte, battuto da orde di romani malati di saldi, c’è una finta befana con parrucca rossa e uno striscione, «Primarie vere, primarie sempre», che per la gioia di flash e tv, porta il verbo di centinaia di militanti del Lazio. Su, al piano nobile della sede dei Democratici, i vertici del Pd stanno per spedire il deputato Francesco Boccia a chiedere in buona sostanza a Nichi Vendola di rinunciare alle primarie in nome di un’alleanza da allargare all’Udc. A ottanta giorni dall’apertura delle urne delle regionali, nella capitale già invasa dai manifesti di Renata Polverini, è questa la fotografia di un partito che non riesce e venire a capo di una serie di candidature strategiche per la vittoria.
Una missione disperata, quella di Boccia, incaricato di «verificare in 36 ore se esistono le condizioni per una vasta alleanza, dall’Udc alla sinistra, sul suo nome» e destinata con ogni probabilità ad esaurirsi in due giorni. Intanto perché Vendola non ha nessuna intenzione di farsi da parte, anche di fronte all’argomento forte che Boccia avrebbe alle spalle una coalizione con Pd, Idv e Udc. Secondo, perché l’Udc, a sentire gli uomini di Casini, di primarie non vuol sentir parlare e quindi non potrebbe dare il suo sostegno ufficiale a Boccia in una sfida a due per la scelta del candidato. Malgrado ciò, per uscire dal «cul de sac» in cui era piombato, il Pd ieri ha provato a giocare la carta di Boccia, cercando di stringere all’angolo anche Casini con il quale, nel sud, sono in ballo altre due partite, in Calabria e in Campania. Per questo l’Udc oggi farà il punto e proverà a sciogliere qualche riserva, ben sapendo che in Puglia può appoggiare la candidatura di Boccia (che lo stesso Casini ha definito «debolissima») solo se Vendola si ritira. E per far ritirare Vendola, l’unica strada percorribile, salvo colpi di scena improbabili, sono le primarie. Difficili, perlopiù, da vincere per Boccia, già battuto nel 2005 a sorpresa da Vendola che pure era sostenuto solo da Verdi e Rifondazione Comunista.
Bersani ieri è tornato dall’America, oggi sentirà Casini per fare il punto, ma la situazione è ancora in alto mare. A tenere le redini sulla questione Puglia ieri ci ha pensato il suo vice Enrico Letta. «Con Nichi Vendola ragioneremo, non vogliamo escludere nessuno perché solo una coalizione larga riuscirà a battere il centrodestra», ha spiegato Letta. «Il nostro problema è che da soli, con i voti ottenuti alle Europee, saremmo competitivi solo in tre regioni su tredici. Quindi dobbiamo fare alleanze larghe per provare a battere il centrodestra». Dal canto suo, Boccia ha provato a blandire Vendola, perché «con Nichi confidiamo di parlare sul bene della Puglia e non su alchimie tattiche che non ci porterebbero da nessuna parte». Ma gli stessi dirigenti pugliesi del Pd sono molto scettici su un mandato che viene definito da alcuni assessori regionali «un comico autogol» o «un’improbabile candidatura alternativa». Insomma, per dirla con Beppe Fioroni, «la situazione è complicata ma non si può chiudere con l’Udc solo dove si vince di sicuro». Tradotto, se in Puglia alla fine ognuno per la sua strada, in Calabria e Campania il Pd potrebbe offrire il suo appoggio a un candidato Udc e in cambio coinvolgere i centristi in una delle regioni rosse come l’Umbria, magari con un candidato ex Ppi come Gianpiero Bocci che superi il braccio di ferro tra la dalemiana Lorenzetti e il veltroniano Agostini. Le richieste si sprecano dunque e Bersani giovedì dovrà decidere anche sulle candidature di Lazio, Campania e Calabria. E proprio in queste ore, di fronte allo stallo nel Lazio, i Radicali stanno discutendo se candidare Emma Bonino a governatore, una mossa che agiterebbe oltremodo le acque dei democratici, consapevoli di quanto “appeal” una candidatura del genere potrebbe godere nel loro elettorato.



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