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Ma l'apertura del leader centrista non dissolve tutti i dubbi dei democratici

• da la Repubblica del 6 gennaio 2010

di Umberto Rosso

Un bel gioco del cerino fra Pd e Casini, dietro sorrisi e apprezzamenti. E´ stata una giornata cominciata presto, quella di Pier Luigi Bersani, appena rientrato dalle vacanze. Un giro di telefonate. La prima con il leader dell´Udc, c´è da mettere a punto nei dettagli l´intesa già maturata nelle ultime ore sulla candidatura di Boccia in Puglia. Sì, Casini conferma l´ok. Ma che non si parli di primarie che potrebbero coinvolgere l´Udc in un risiko infernale: metti che poi vince Vendola? Che facciamo, ci ritroviamo a dover dire ai nostri di votare un comunista? Il Pd ci rinunci, ci metta una pietra sopra a Bari. Una condizione pesante, che Bersani non può accettare a scatola chiusa, «discuteremo ancora con Vendola in queste ore, proveremo a convincerlo, ma se Nichi insiste nel volersi candidare sarà un bel problema». Per le primarie infatti c´è una spinta di base, le vogliono Area democratica (l´opposizione interna del Pd), gli stessi popolari spiegano che «sarebbe difficile evitarle in presenza di due candidati». E se poi non si passa attraverso la consultazione interna, il rischio è la guerra intestina, alle urne con due candidati. Ovvero, sconfitta praticamente certa del centrosinistra. Il rebus non è risolto.
Insomma, Casini fa il beau geste e apre al candidato del Pd, rispettando il patto siglato da tempo in Puglia con D´Alema, ma sembra un passaggio più che un tiro per fare goal. La palla torna sui piedi di Bersani, con un messaggio: vediamo se davvero, e fino a che punto, puoi e sei disposto ad allargare a noi la coalizione, a gettare a mare «i no global». Dentro il Pd, due scuole di pensiero nell´analizzare l´offerta che arriva dall´ex presidente della Camera. Chi, come il coordinatore della segreteria Migliavacca, mette l´operazione apertura-Udc sopra ogni cosa, nomi dei candidati e primarie comprese. E chi piuttosto, come Beppe Fioroni, il responsabile del welfare del partito, vuole vederci più chiaro nelle mosse di Pier Ferdinando.
Ed è a questo punto, in una partita che incrocia la telenovela pugliese con il tormentone in corso nel Lazio, che Bersani compone un altro numero di telefono. Chiama Zingaretti, il presidente della Provincia di Roma, il convitato di pietra di tutti i possibili giochi elettorali per la regione. E stavolta, di fronte al segretario in persona che gli chiede "un sacrificio" per il partito, Nicola cede. Mandato esplorativo, come verrà più volte puntualizzato nel corso della giornata, su sua esplicita richiesta. Spiega: il mio è diverso dall´incarico pieno affidato a Boccia, io vado a studiare sul campo solo lo stato dell´arte. Solo che Zingaretti non a caso scende in pista in questo momento (tra l´altro commissariando di fatto il segretario regionale, il dalemiano Mazzoli), la sua è una missione politica. E´ la risposta del Pd alle mosse di Casini, il miglior amo possibile per tentare di stanare l´Udc. Il candidato ideale, lo ha sempre indicato lo stesso Pier. Perché allora dire di no? A domanda, stavolta è Casini a traccheggiare. Il che suona come una conferma a Largo del Nazareno: vuol dire che nel Lazio Pier ha già chiuso l´accordo sulla Polverini, candidata pdl ma legata a filo doppio a Gianfranco Fini, in modo da coltivare i suoi stretti rapporti con il presidente della Camera. A Zingaretti perciò il compito della verifica e di smascherare il doppio gioco di Casini. Conclusa la sua incursione, se ne tornerà alla Provincia. Perché, perfino nell´ipotesi di un sì dell´Udc, l´arrivo della Bonino scompagina i giochi e gli toglie ogni tentazione. Sul nome di Emma, oltre alla sinistra radicale, si preparano a convergere molti veltroniani, e un pezzo del fu "modello Roma" del Pd. E Zingaretti non ha alcuna voglia di correre lo stesso rischio che aleggia in Puglia, due candidati che si fanno la guerra. Lasciando spazio a Emma.



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