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Chi si candida e chi esplora

• da la Repubblica del 6 gennaio 2010

di Michele Serra

Sparare sul Pd è così facile da essere ingeneroso. Ma se è lo stesso Pd che si spara addosso, come aiutarlo a smettere? Il guazzabuglio delle candidature per le regionali è una feroce allegoria (autografa) della confusione politica.
Il Pd vi figura come un elefante cieco, ovunque preponderante come forza elettorale, ovunque tirato per la proboscide o per il codino da alleati effettivi e spesso solo presunti.
Tentiamo il riassunto, anche se non è facile. In Puglia, dopo il comprensibile (e prevedibile: ma a quanto pare nessuno l´aveva previsto) rifiuto del governatore Vendola di svanire nel nulla in favore al sindaco di Bari Emiliano; dopo il passo indietro di Emiliano; dopo che le primarie sono state prima dimenticate, poi richieste, infine omesse per consentire un "mandato esplorativo" al forse candidato Boccia (già battuto da Vendola alle primarie di cinque anni fa); ieri è stato Casini a spiegare al Pd che cosa deve fare: tenersi Boccia e liquidare la "sinistra no-global" di Vendola, che dopotutto è stata capace di esprimere appena un governatore. Quella di Casini è un´opinione come un´altra, ma almeno è un´opinione. Che opinione ha, invece, il Pd pugliese? Non sempre spiritoso, Di Pietro questa volta riesce a esserlo: «Ce lo dicessero per tempo, qual è il candidato, perché se lo decidono il giorno dopo le elezioni non ci sarà più possibile appoggiarlo».
Nel Lazio, dopo la catastrofe Marrazzo, si capisce che la situazione sia molto delicata. Non tanto, comunque, da spiegare la narcosi del Pd, che in fin dei conti deve essere grato a Emma Bonino per essersi candidata da sé sola, rompendo il lunghissimo indugio del centrosinistra. Autorevole nome, forse il solo che possa contrastare la Polverini che non piace, in Italia, solo a Feltri. Altro nome, uscito dalla "sinistra dei blog", quello della brillante economista Napoleoni, romana ma attiva all´estero, una specie di Ignazio Marino al femminile. E il Pd? Sarà un altro "mandato esplorativo" (espressione che ha la freschezza di una mummia, tipica del passato democristiano), questa volta affidato al povero Nicola Zingaretti, a stabilire se la Bonino vada bene (ma a chi, poi? a Casini? a Di Pietro? al Pd? al Vaticano?) oppure non meriti l´appoggio del partito che ha appena perduto Roma e ha ottime probabilità di perdere anche il Lazio.
In Umbria, feudo storico della sinistra, solida e antica maggioranza, il problema è apparentemente solo procedurale. La Lorenzetti, dopo due mandati, vorrebbe ricandidarsi, ma lo statuto regionale del Pd (c´è anche uno statuto regionale del Pd!) non prevede il terzo mandato. In attesa di conoscere i dettati degli statuti provinciali, comunali e delle valli, capita che nel frattempo mezzo partito candidi Agostini contro la Lorenzetti. Qui non servono Casini e Di Pietro, a complicarsi la vita. Bastano le inimicizie interne. Nell´unica regione in cui il Pd poteva benissimo decidere da solo, si è spaccato in due.
Non un politologo, ma un normale elettore di sinistra o di centrosinistra non può che trarne conclusioni molto meste. L´impressione è che buona parte delle esitazioni, delle incertezze, della confusione discenda dall´assenza di scelte politiche nazionali che aiuterebbero a orientarsi localmente. Con chi è alleato, o intende allearsi, il Pd di Bersani? Con l´Idv di Di Pietro o con il centro di Casini e forse Rutelli? Guarda agli elettori moderati, magari anche ai delusi del centrodestra, o intende mantenere il rapporto con l´Idv e recuperare alla sua sinistra l´otto per cento di voti dispersi alle ultime elezioni (più la notevolissima percentuale di astenuti)? Entrambe le scelte sono lecite: in politica prima si gioca, poi si vince o si perde. Ma non essendo assolutamente chiaro quale delle due opzioni prevalga (al di là della genericissima formula "vaste alleanze", che odora di quell´improvvisato tatticismo tipico di non ha strategia), è inevitabile che anche a livello locale prevalga una stordente confusione. E, dentro la confusione, proliferano i personalismi, le scelte narcise o rancorose, e si accentua l´impressione di un partito debole zeppo di ambizioni forti. E gli alleati (vedi Casini in Puglia) diventano i padroni della situazione anche quando non ne avrebbero il peso elettorale, e addirittura la voglia. La battuta di Di Pietro, insolitamente raffinata e politicamente molto precisa, mette in paradossale relazione l´impotenza del Pd e il suo (inconsapevole?) peso politico: toccherebbe a loro candidare qualcuno, ma se non candidano nessuno, noi che ci possiamo fare?



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