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Il Pannella di controllo

• da Liberal del 24 febbraio 2010

di Francesco Ingravallo

«No, questa cazzata non la farà». Gli uomini attorno a Bersani ostentano sicurezza: Emma Bonino alla fine non ritirerà la sua candidatura nel Lazio, il segretario del Pd avrebbe ricevuto rassicurazioni dalla stessa vicepresidente del Senato. Un filo di preoccupazione, però, farebbero bene a coltivarlo perché a spingere per il gran rifiuto, nell`appartamento della romana via di Torre argentina che è l`unico bene al sole dei radicali, non è un passante, ma Pannella. E questa non è nemmeno un`idea che gli è venuta all`improvviso: per la prima volta l`ha sostenuta,  nella consueta conversazione radiofonica con Bordin, due domeniche fa. La faccenda, anche se ai più risulta oscura, è abbastanza semplice: per presentarsi alle elezioni i partiti devono raccogliere un certo numero di firme "certificate" a sostegno della lista e le esigue forze radicali non ce la fanno a metterle insieme tutte in poco tempo (almeno non in tutte le regioni). Colpa anche - sostengono non a torto - del silenzio sull`argomento dei mezzi d`informazione, Rai in testa, e degli ostacoli, colposi o dolosi, che i comuni frappongono alla raccolta. Da qui la protesta contro la «strage di legalità» che ha innescato lo sciopero della fame e della sete di Emma Bonino e la richiesta di asilo politico che Pannella ha rivolto ai Paesi dell`Ue. Tutta roba incomprensibile se non irritante per la gran parte dell`elettorato, che rischia di complicare una campagna elettorale che nel Lazio cominciava a ingranare per il centrosinistra anche nei sondaggi sul voto di lista(Bonino ha fin dall`inizio un buon appeal personale).
Ma davvero, come s`affannano a dire tutti da Polverini ai democratici, non si vede quale sia la novità? Come se, trattandosi di radicali, ci si debba per forza aspettare qualche bizzarria, qualche capriccetto. Al di là della legittima campagna sulle firme, non è un capriccio quello che sta accadendo, ma uno scontro politico in piena regola che ha come tema quello dell`eredità, in questo caso di un dopo-Pannella che per il più antico partito italiano in Parlamento sembra non arrivare mai. Emma Bonino presidente di una grande regione, autonomo leader nazionale con una posizione istituzionale di rilievo, è già l`inizio della fine per la condizione di dominio -psicologico prima che di potere - che il presto ottuagenario leader abruzzese esercita sul suo partito. Non è la prima volta che «Marco» si trova a dover ridimensionare «Emma» per "tenersi il partito", ci torneremo, e anche stavolta lo fa ai danni di una strategia politica - la convergenza del Pd sulla candidatura della vicepresidente del Senato - che era riuscita a tirar fuori i radicali dall`angolo in cui erano finiti. Lo fa perché Pannella, quando sente vacillare la sua primazia, non conosce altra soluzione che ricorrere alla mistica del «radicale ignoto», il militante senza nome che risponde al suono della sua voce come i serpenti nelle ceste di vimini a quello del flauto. «Corre per perdere». Questa è opinione anonima quanto diffusa in un partito che raramente ha il coraggio di "sfanculare" umori e visioni del nostro, anche quando siano improduttive o dannose. E oggi Pannella, nel rapporto con la sua creatura politica (ché è sua, davvero sua), sembra preda di una sorta di sindrome di Mazzarò, l`eroe verghiano che dopo una vita passata ad accumulare «roba» non riesce a rassegnarsi all`idea che la morte sia limite anche al diritto di proprietà.
Lui, peraltro, forgiato alla politica politicante nell`Ugi dei tempi d`oro, conosce la grazia del passo indietro per farne due avanti e la dolcezza della tattica, la musica delle alleanze e l`eccitazione delle prove di forza. Gli altri no. Adesso, al netto delle molte chiacchiere, l`occasione gliel`ha fornita la situazione in Lombardia dove il candidato governatore Marco Cappato - l`unico dirigente favorevole al suicidio propagandato dal capo - non riesce a raccogliere le firme necessarie a presentarsi e questo nonostante il segretario dell`associazione  Luca Coscioni (che del grande vecchio pare sentirsi l`erede, forse dimenticando di non essere che l`ultimo a cimentarsi in questo sport) sia convinto diottenere un risultato lusinghiero alle elezioni. Pannella ha prima costretto Bonino a candidarsi capolista nelle liste radicali in Lombardia proprio a sostegno di Cappato - dando una bella arma di propaganda a Polverini e uno schiaffo in piena faccia al Pd - e ora, dopo che l`intero centrosinistra laziale s`è già consegnato legato mani e piedi a una sua intuizione, pretenderebbe un disastroso ritiro. Domenica sera, come spesso accade a via di Torre argentina, lo psicodramma s`è consumato in tutte le sue varianti. Il leader-corsaro, nella versione custode del radicale ignoto, ha sostenuto senz`altro che secondo lui le liste vanno ritirate (il che imporrebbe la rinuncia non indolore ai rimborsi elettorali, vitali per un partito indebitato). Bonino, tesa e un po` commossa, non ha detto proprio di «no», ma s`è proposta per uno sciopero della fame e della sete che è il suo tributo, spera risolutivo, al potere sciamanico di Pannella. La faccenda delle firme, infatti, si chiude venerdì: dentro o fuori. Il decreto per prolungare i tempi chiesto dai radicali al governo, seppure abbia molti precedenti, presumibilmente non arriverà. A quel punto la candidata nel Lazio potrà dire: ho fatto il massimo, ma adesso per favore non costringermi al suicidio.  Tornando a domenica sera, gli interventi successivi sono stati surreali: chi proponeva improbabili accordi al momento della consegna delle firme, chi teorizzava la necessità di distruggere il Pd per rifarlo meglio e chi voleva lo show down immediato. Dopodomani comunque, per quanto la situazione possa essere isterizzata dagli interventi di Pannella, il dramma dovrà trovare una conclusione per ognuno degli attori. Nel frattempo Bonino s`impegna nella campagna elettorale e in quella radicale sperando che basti e il suo staff osserva un rigoroso e significativo silenzio.
Undici anni fa, alla fine, vinse
Pannella e perse il partito. Erano i tempi della geniale campagna «Emma for president» (poi al Quirinale andò Ciampi) che ruttò comunque alla lista Bo- nino l`8,5% e 7 eletti alle successive europee. Quell`iniziativa fu un`idea di Giovanni Negri (solo uno dei giovani segretari radicali giubilati dal nostro) e altri, ma Pannella genialmente se la intestò dopo un iniziale momento di difficoltà. Leggenda vuole che fu lui, a quel punto, a "inventarsi" la lista Bonino e che lei, all`epoca commissario europeo, arrivando all`assemblea di Monastier (Treviso) in aprile svenne alla vista del suo nome scritto a caratteri cubitali sul fondo della sala ancora vuota. Dopo il botto della Bonino alle europee, però, Pannella decise di giocarsi tutto il capitale politico - e pure quello economico - sui venti referendum per la rivoluzione liberale dell`anno successivo, salvo poi bizzarramente rifiutare l`apparentamento con le regionali propostogli dall`allora ministro dell`Interno Bianco. Risultato: pochi voti radicali alle amministrative del 2000 e niente quorum per i quesiti. Il perfetto affossamento di un`intera stagione politica. All`indomani delle regionali, in un`assemblea, Rita Bernardini uscì addirittura per qualche tempo dal partito dopo una durissima critica pubblica al capo. «Stavolta Pannella non ha fatto Pannella...»,
gli disse a voce abbastanza alta dal palco dell`hotel Ergife: «Caro Marco, hai raggiunto il tuo obiettivo: siamo al 2%». Poi la cosa rientrò e tutto è bene quel che finisce bene. Oggi però siamo di nuovo lì, solo che sono passati altri undici anni per il paese e anche per i protagonisti
di questa storia.

 



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