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La Cina non dice la verità: il terremoto in Tibet avrebbe causato decine di migliaia di morti. Le autorità impediscono ai monaci e ai giornalisti internazionali di raggiungere le località colpite dal sisma

30 aprile 2010

 

Interpellanza urgente dei deputati radicali – Pd.
 
 
Lo scorso 14 aprile nella Regione tibetana del Qinghai c’è stato un gravissimo terremoto che avrebbe causato, secondo Ong internazionali e il Parlamento tibetano in esilio, oltre 15.000 vittime e distrutto tra l’80 e il 90 % delle abitazioni. Le autorità cinesi continuano a dare informazioni rassicuranti parlando di circa 2000 vittime. Ciò che non dice è che la strada di accesso alla zona dell’epicentro è chiusa e non è consentito ai monaci tibetani di portare soccorso e ai giornalisti internazionali di poter raccontare in modo obiettivo quanto sta accadendo nell’area.
 
I deputati radicali – Pd hanno depositato oggi una interpellanza urgente al Governo italiano chiedendo immediati interventi.
 
Di seguito il testo integrale dell’Interpellanza a prima firma Matteo Mecacci, Presidente Intergruppo Parlamentare sul Tibet
 
Interpellanza urgente Al Presidente del Consiglio dei Ministri
Al Ministro degli Esteri;
 
 
Per sapere – premesso che:
 
Secondo informazioni raccolte da Ong internazionali, dall’International Campaign for Tibet, dal Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e Transpartito, dal Governo e dal Parlamento tibetano in esilio e da organi di informazione, valga per tutti il quotidiano ‘La Repubblica’ di mercoledì 28 aprile 2010 che documenta, con un particolareggiato reportage la situazione reale, il terremoto che il 14 aprile ha sconvolto la contea di Yushu, nella regione tibetana del Qinghai, avrebbe causato diverse decine di migliaia di morti contro le duemila dichiarate finora dalle autorità cinesi;
Secondo alcune Ong umanitarie e secondo quanto riportato dallo stesso reportage “Cina, dentro il terremoto nascosto’, a firma Giampaolo Visetti, del quotidiano ‘La Repubblica’, nella strada Statale che collega per 820 Kilometri la contea dello Yushu con il capoluogo, ci sarebbero diversi posti di blocco per impedire a centinaia di monaci tibetani di partecipare ai soccorsi, vietando anche l’accesso ai giornalisti internazionali per verificare la reale situazione della regione; in base a tali riscontri decine di villaggi e di quartieri cittadini, dopo due settimane, non sono ancora stati raggiunti dai soccorritori;
Il presidente della conferenza consultiva del popolo, Jia Qinglin, ha dichiarato che "forze ostili d'oltremare tentano di sabotare gli sforzi di soccorso". Lo scrittore Tra Gyal, intellettuale di riferimento tra i tibetani del Qinghai, è stato arrestato a Xining dopo aver scritto una lettera aperta in cui denunciava le falsificazioni sulla reale portata della catastrofe umanitaria da parte delle autorità;
Secondo il governo di Pechino il terremoto avrebbe causato 2223 morti, 90 scomparsi, 12 mila feriti e circa 100 mila senzatetto. Tuttavia il conteggio dei monaci e di fonti tibetane, confermato dalle Ong internazionali presenti sul posto, alza il numero dei morti identificati a oltre seimila. Fonti legate ai sopravvissuti della regione, affermano che la cifra reale oscilla tra i 15 i 20 mila morti;
 
 
 
Dopo giorni di funerali e di silenzio sulla reale situazione, centinaia di monaci hanno protestato contro i dati ufficiali.
 
La gravità della situazione è confermata da altre informazioni:
 
1)     Gyegu, la città santa dei tibetani, è rasa al suolo;
 
2)     Dei 238 monasteri buddisti della regione, incuneata tra il Sichuan e l'attuale Tibet, 87 sono crollati e il 60% degli altri è pericolante;
 
3)     Il Sengze Gyanak Mani, la montagna di pietre sacre buddiste più grande del mondo, è distrutta. Oltre due miliardi di sassi incisi con i mantra, sono franati travolgendo gli otto stupa e le ruote di preghiera alte dieci metri;
 
4)     Migliaia di statue antiche delle divinità tibetane, di preziosi testi sutra e di thangka, dipinti e ricamati su seta, sono andati perduti;
 
5)     Profonde crepe tempio della principessa Wencheng, protetto da una grotta, e nella tempio di Jyekundo, il nome tibetano di Gyegu.
 
 
Tra i 23 mila monaci dell'ordine gelugpa, presenti nella regione, il governo locale avrebbe indicato 84 vittime. Fonti legate ai lama tibetani sostengono di aver perduto oltre mille confratelli;
 
Tra capoluogo e provincia risultano crollate il 70% delle 192 scuole, mentre le altre sono impraticabili. Secondo le cifre ufficiali, gli studenti morti nella regione sarebbero 207. Monaci e attivisti per i diritti umani, invece, sono in possesso di elenchi che certificano 769 studenti morti solo nei 67 istituti e collegi di Gyegu. Centinaia di studenti risultano dispersi.
 
La scossa più violenta del terremoto del 14 aprile 2010, alle 7.49 del mattino, ha sorpreso molti studenti che erano in classe a pulire, o nelle camerate a preparare gli esami. Solo nella scuola primaria numero 3, secondo i dati ufficiali, ci sono state 40 vittime.
 
Secondo quanto riferisce il giornalista di Repubblica, il preside di una delle scuole crollate, Nyima Gyaltsen, dei circa 3100 ragazzi che frequentavano i 18 edifici scolastici crollati nell’area, i superstiti accertati sarebbero solo 63. Stragi analoghe, smentite dalle autorità, si sarebbero verificate in tutte le altre scuole, nell'istituto professionale femminile, nell'orfanotrofio sbriciolato dove vivevano mille bambini, negli ospedali crollati;
 
 Per sapere:
 
-         se il Governo italiano è a conoscenza delle informazioni raccolte dalle Ong internazionali riguardo la reale situazione venutasi a creare in Tibet a seguito del grave terremoto, e se le ritenga attendibili;
 
-         quali interventi umanitari di aiuto sono stati messi dal Governo italiano a disposizione delle autorità cinesi e se tali aiuti sono stati accettati;
 
-         se non ritenga il Governo urgente intervenire anche con l’invio di osservatori internazionali, anche in accordo con l’Unione Europea e l’Onu, per verificare la reale situazione determinatasi in Tibet;
 
-         se non ritenga il Governo urgente intervenire in tutti gli ambiti internazionali, nonché a livello bilaterale con il Governo cinese, riguardo la necessità di far giungere nel più breve tempo possibile aiuti e sostegno alla popolazione dell’area tibetana colpita dal terremoto;
 
-         infine se il Governo non ritiene che impedire alla stampa internazionale di giungere nei luoghi colpiti dal terremoto non violi le più elementari regole relative alla libertà di informazione, e non ritenga quindi opportuno chiedere alle autorità cinesi di rendere libero l’accesso in tali aree;
 
 
 
 
 
Matteo Mecacci,
 
Maurizio Turco
 
Marco Beltrandi
 
Rita Bernardini
 
Maria Antonietta Farina Coscioni
 
Elisabetta Zamparutti
 


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