Era il 12 maggio del 1977. Il Partito Radicale, nella ricorrenza della vittoria del referendum sul divorzio (12 maggio 1974), organizzò una manifestazione. Finì in tragedia, con agenti in borghese che spararono ad altezza d’uomo, e una ragazza diciannovenne, Giorgiana Masi, stesa sul selciato, morta. Trentatré anni dopo, quando non si è ancora fatta chiarezza su quella vicenda, la violenza da parte delle forze dell’ordine è ancora attualità , dopo l’emergere di una serie di casi di violenza da parte delle forze dell’ordine, ultimo dei quali quello di Stefano Gugliotta, il ragazzo di 25 anni pestato da un poliziotto, arrestato dopo la partita di Coppa Italia a Roma, e scarcerato ieri per "mancanza di esigenze cautelari".
"C’è sicuramente una linea di continuità tra quanto accaduto allora e quello che succede oggi: il fatto
che la legalità sia considerata un optional. Ma io mi chiedo anche qual è il ruolo dei Pubblici Ministeri. Una volta portato loro davanti Stefano Cucchi, perché non gli hanno chiesto chi ti ha conciato così?", si chiede Gianfranco Spadaccia, leader storico dei Radicali, che come tutti gli anni ieri ha partecipato alla manifestazione in onore della studentessa uccisa. Trentatré anni, come denunciano i Radicali, "non sono ancora stati assicurati alla giustizia i responsabili dell’omicidio". E infatti, rilanciano per l’occasione la proposta di Marco Pannella di istituire un’unica commissione d’indagine per far luce sui molti casi irrisolti (dall’assassinio di Giorgiana Masi a quello di Aldo Moro, fino alla misteriosa morte del Generale dei Carabinieri Enrico Mino, caduto in elicottero), avvenuti negli anni Settanta e Ottanta in Italia.
Racconta Spadaccia: "La manifestazione fu vietata dal governo. Allora, noi decidemmo di rinunciare al comizio, ma di fare il concerto. La sera prima telefonai personalmente all’allora ministro dell’Interno, Cossiga per avvertirlo che stavamo montando il palco. E nel caso non fosse d’accordo con il concerto di bloccarlo. Ufficialmente non ricevemmo risposta, ma fatto sta, che la mattina dopo, il palco era ancora lì". E i ricordi di quel giorno sono fatti di lacrimogeni, agenti in borghese, gente che fuggiva. "Le forze dell’ordine bloccarono tutti i punti di accesso: si fece in modo che la gente non potesse fluire nella piazza. Si crearono due punti di aggregazione con decine di migliaia di persone, uno subito fuori piazza Navona, uno all’altezza di ponte Garibaldi", racconta ancora Spadaccia. Ma poi, la situazione degenerò.
Agenti in borghese si mischiarono alla folla. Cominciarono a sparare ad altezza d’uomo. Un proiettile colpì Giorgiana Masi, che si trovava all’imbocco di Porta Garibaldi, a Trastevere e stava scappando da una carica della polizia che avanzava sul ponte da via Arenula lanciando lacrimogeni. E con lei c’erano altri giovani. "Fu un episodio molto grave, anche perché influenzò negativamente gli eventi degli anni successivi", denuncia ancora Spadaccia.